Nel 2021 Riccardo Antonaroli debutta al lungometraggio. L’esordio è La svolta, protagonisti Brando Pacitto e Andrea Lattanzi, film tutto ambientato in una casa da cui i ragazzi non possono scappare. Pilar Fogliati e Filippo Scicchitano, invece, si perdono per le vie della città eterna nel suo secondo Finché notte non ci separi, remake della commedia romantica israeliana Honeymoon.
Due coppie, in entrambe le pellicole, messe davanti a un viaggio interiore, che sia all’interno di quattro mura o per i vicoli stretti di Roma. Assonanze e sorprese che Antonaroli racconta, per una nuova avventura da affrontare assieme ai suoi protagonisti, neo sposi e già pieni di dubbi.
Finché notte non ci separi è ambientato durante una sola notte, come va il set?
Bene. Oggi abbiamo staccato alle sei di mattina e riprendiamo alle nove di sera.
Com’è la vita da vampiri?
Beh, non male. Poi Roma di notte ad agosto è ancora più bella. Anche perché non lavori con quarantacinque gradi all’ombra. Inoltre, stiamo girando negli stessi orari in cui si svolge la storia. Il film non avrebbe avuto la medesima resa se avessi riprodotto questa lunga serata alle cinque del pomeriggio in inverno. Contribuisce ad entrare nell’atmosfera, dando il giusto sapore. È tutto positivo, stanchezza a parte.
La svolta, suo primo film, era girato dentro una casa. Finché notte non ci separi in un’unica serata. Non le piace proprio la luce del sole?
A questo punto penso non saprei nemmeno come si gira di giorno, alla luce. Probabilmente non riuscirei a realizzare una scena in un bar alle dieci di mattina. Tra l’altro ci sono ulteriori assonanze tra le pellicole: hanno una coppia protagonista, seppur in termini diversi, e seguono entrambe un percorso di formazione. La svolta l’ho sempre definito un road movie da fermi. Finché notte non ci separi ha invece un’aria da favola metropolitana. Forse, però, il vero comun denominatore è questo: tutti e due i titoli hanno al centro delle anime irrisolte, che devono fare i conti col passato. E, perché no, anche col presente.
Delle anime, trentenni, che si sono sposate. I suoi attori protagonisti l’hanno definito un film di fantascienza, è d’accordo?
È vero, c’è della fantascienza in questo. Credo sia per una questione generazionale. Ho trentacinque anni, ma mi ci ritrovo molto in questo discorso. È un equilibrio sottile in cui si lascia la vita giovane e ci si addentra in quella adulta, portandoci dietro i nostri scheletri. O i sogni, con cui bisogna comunque confrontarsi prima di intraprendere un simile passo.
L’ultimo della propria vita?
Mi piace che il film inizi lì dove, solitamente, si finisce. Mi sono sempre chiesto cosa ci sia dopo il “per sempre felici e contenti”. Questa pellicola mi ha risposto. Mi ha insegnato che è in quel momento che comincia la storia vera, non prima.
Storia per cui ha scelto Filippo Scicchitano e Pilar Fogliati. Come sta andando?
Sono bellissimi. Mi ritengo fortunato. Insieme funzionano benissimo, non solo perché sono due grandi professionisti, ma hanno saputo cogliere il tono del film. E ad affiancarli hanno due fuoriclasse, Lucia Ocone e Giorgio Tirabassi. Si sono fidati molto del mio giudizio, c’è stata un’ottima comunicazione e la loro grande esperienza ha contribuito a rendere tutto perfetto.
Come si vive un secondo film da regista?
È tutto più emozionante, c’è più frenesia. Essendo un progetto tanto diverso da La svolta, è stato come rifare, ancora una volta, un “primo film”. Con tanta paura, ma ancor più felicità. Muovendomi in territori che magari non mi sono totalmente familiari, visto il genere in cui Finché notte non ci separi si inserisce, ma il mio scopo è proprio di cimentarmi ogni volta con progetti che mi portino al di fuori della mia confort zone.
Talmente al di fuori che in questa Roma di notte ci saranno momenti e personaggi quasi irreali…
I protagonisti incontreranno tanti personaggi. Ci sarà il lato più ostile della Roma notturna, rappresentato da un tassista un po’ fuori di testa. Ci sarà la vita stanca degli autobus di notte. La nuova mobilità dei monopattini. Già trovarsi con una sposa di notte nel cuore del quartiere Testaccio dà l’impressione di essere di fronte a una fiaba. Abbiamo scelto e cercato i posti più suggestivi e intimi, così che potessero esaltare i tratti surreali del film.
Cosa rappresenta per lei Roma di notte?
Come si dice, la notte porta consiglio. E Roma è già magica di suo. Quando si svuota, poi, che lo dico a fare. Se mi si chiede cosa mi ha regalato, al momento, non saprei rispondere. So che alla mia età non vivo più la città di quelle ore e che girarla per le riprese del film mi ha rimandato indietro ai miei vent’anni.
Ha fatto uscire il romanticismo che è in lei? Magari facendole pensare anche al matrimonio?
Io sono abbastanza romantico. Sinceramente? Ho iniziato a pensarci di più dopo aver accettato di dirigere il film. Forse, comunque, non mi sposerò mai. Non credo, ma non posso darlo per certo. In fondo, anche buttarmi su di una commedia romantica non era nelle mie corde. Che poi Finché notte non ci separi ha ben poco di romantico è un altro conto.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma