Selezionatore del festival di San Sebastián dal 2015, Víctor Iriarte porta in concorso alle Giornate degli Autori il suo primo lungometraggio di finzione, Foremost by night. La storia di Vera che, da giovane, non fu in grado di prendersi cura di suo figlio e dovette darlo in adozione. Anni dopo, quando provò a rintracciarlo, le istituzioni negarono l’esistenza di un fascicolo. Ma la donna non si arrese e continuò la sua ricerca.
Foremost by night è anche la storia di Cora. Un dottore le disse che non avrebbe potuto partorire. Solo adottando un bambino, avrebbe potuto formare una famiglia. Fu così che Cora dedicò la sua vita a impartire lezioni di pianoforte e a prendersi cura del figlio adottivo, Egoz. Un ragazzo in procinto di compiere diciotto anni. Le strade di questi tre personaggi – una madre, un figlio, una madre – si intrecciano nel film del regista spagnolo cambiando la loro esistenza per sempre.
Un elemento affascinante del film è la colonna sonora che cambia nel corso della narrazione. Com’è nata?
Lavoro con Maite Arroitajauregi da anni. È una compositrice molto conosciuta in Spagna e anche nell’ambito cinematografico. Per il film abbiamo iniziato a lavorare insieme circa tre anni fa, quasi all’inizio del processo di scrittura. Avevo un’idea molto chiara per la sequenza iniziale. Volevo fosse una partitura classica in stile Bernard Herrmann. Abbiamo visto molti film di Hitchcock. Ma la colonna sonora nel corso del film cambia, così come cambiano i generi, dal noir al melodramma. Le ho chiesto delle demo prima di iniziare a girare. Mi hanno aiutato molto anche nel processo di scrittura. Penso che il film sia molto musicale, molto ritmico anche per come lo abbiamo montato e lavorato con i suoni.
Come ha lavorato visivamente proprio in relazione a questi cambi di direzione?
È un film a capitoli con diverse location, da Madrid a San Sebastián passando per il Portogallo. Trovare la struttura narrativa è stato molto importante perché ci ha dato l’idea dell’intero film. Da questo punto di partenza abbiamo anche lavorato su come avremmo raccontato visivamente la storia dei personaggi. La parte visiva era il cuore del progetto. Abbiamo deciso di girare in 16 millimetri. Tenevo molto al ritratto dei personaggi, al paesaggio e alla luce proprio in virtù della trasformazione tra una città all’altra. E questo cambiamento insito alla struttura è legato anche alla possibilità dei personaggi di Vera e Cora di trasformare il loro destino o di immaginare un’altra vita.
Quando parla usa molto le mani. E il suo è un film che si concentra molto sulle mani delle protagoniste. Come mai?
Sono un elemento molto importante nella storia del cinema. Penso a Bresson. Ed entrambi i personaggi lavorano con le loro mani. Vera è stenodattilografa, Cora è una pianista. Fin dall’inizio con il direttore della fotografia, Pablo Paloma, avevamo ben chiara l’idea di come inquadrare i loro volti. Ma anche le loro mani. Nel film c’è una sequenza in cui i tre personaggi le uniscono una sopra l’altra. Come a simboleggiare che per la prima volta sono tutti insieme.
Il suo è anche un film politico. Perché ha voluto raccontare questa storia?
Siamo cineasti. Ma viviamo nel mondo. Possiamo essere politici nella forma artistica che scegliamo. Una delle origini del progetto era il desiderio di sentirsi madri delle protagoniste. Ma anche la questione della storia spagnola, della dittatura franchista e dell’avvento della democrazia negli anni Settanta. Il film è anche un monito per non dimenticare la nostra memoria storica ma anche quella recente. Penso a Madres Paralelas di Pedro Almodóvar. L’evento di cui parliamo non riguarda solo il passato perché ancora oggi i familiari cercano i bambini sottratti. Ogni due mesi leggiamo notizie sui giornali. Il mio è un contributo da regista, non da storico. Ma ho una responsabilità. Foremost by night parla della nostra memoria e della storia spagnola attraverso l’intimità dei personaggi. E per me è estremamente importante parlare di argomenti politici attraverso l’intimità.
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