“Just have a better life!”. È tutto quello che Leslie, tra la sua musicale inflessione texana e un entusiasmo spavaldo, riesce a dire all’uomo che l’intervista dopo aver vinto alla lotteria. Quasi 200 mila dollari. Una cifra enorme, ancor di più se vieni dal nulla e il futuro è una parola senza luce o prospettive. Ma Leslie quel futuro lo affoga nel fondo di una bottiglia. Alcolizzata e tossicodipendente, la giovane donna perde tutto, anche il figlio James (Owen Teague) che ritroverà, brevemente, solo anni dopo quando rimarrà senza il tetto di un motel sulla testa.
To Leslie e la fotografia degli Stati Uniti
Michael Morris, al suo esordio al lungometraggio con To Leslie – dopo anni passati alla regia di serie come House of Cards e Better Call Saul – realizza un film, scritto da Ryan Binaco, che ha riacceso i riflettori sul cinema indipendente statunitense. Perché la pellicola – presentata come proiezione speciale ad Alice nella città e prossimamente nelle nostre sale – oltre ad essere il ritratto di una donna schiacciata dalle dipendenze è anche una fotografia nitidissima del sud degli Stati Uniti. Quelli della classe operaia e dei bar che sanno di whisky, delle fiere e delle cene precotte mangiate davanti alla tv. Dove il sogno americano ha lasciato il posto alla miseria della quotidianità.
Tutto quello che rimane alla protagonista del suo passato sono un mucchio di fotografie – le stesse che animano i titoli di testa sulle note di Here I Am di Dolly Parton – custodite in una valigia rosa che, complice il destino, finirà per regalarle un nuovo tentativo per riscattarsi. Merito di un uomo all’apparenza burbero, Sweeney (Marc Maron), che le darà fiducia e quel calore umano che aveva dimenticato.
Un’interpretazione da Oscar
A prestare il volto a Leslie, scalfito da tutte le battaglie perse con la vita, una gigantesca Andrea Riseborough. Spesso gli aggettivi possono sembrare iperbolici ma la sua interpretazione di una donna che ha fallito sotto ogni punto di vista e che con quella consapevolezza deve convivere è straziante. Non è un caso se colleghe come Kate Winslet o Amy Adams abbiano contribuito a far nascere una spontanea campagna per gli Oscar 2023 a suo favore che, da un lato, ha finito per vederla nominata come miglior attrice (statuetta poi vinta da Michelle Yeoh per Everything Everywhere All At Once) e, dall’altro, ha fatto storcere il naso all’Academy. Perché un piccolo film, senza campagne promozionali da milioni di dollari è arrivato fino al Dolby Theatre senza giocare secondo le regole (imposte).
Se Linda Perry delle 4 Non Blondes firma la colonna sonora originale, il film è costellato di gemme country e blues come The Door Is Always Open di Waylon Jennings e Goin’ Down di Freddie King. Due generi che affondano le loro radici nell’America più autentica e dolorosa. Proprio come Leslie che, tra una sigaretta e l’altra fumata al bancone di un bar con lo sguardo perso nel vuoto, prova a compiere la sua redenzione. Solo per avere una vita migliore.
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