Ciao,
benvenuti ne La Signora del venerdì, la newsletter di The Hollywood Reporter Roma. Questa è la puntata speciale dedicata alla Digital Cover: “L’antimafia”.
Al suo interno troverete:
► Dal 2023 al 2024 di La Signora del venerdì
► Top Story: “The Good Mothers, l’antimafia” di Manuela Santacatterina
► Gli articoli della Digital Cover
► Saluti finali
Questa puntata ha un tempo di lettura di 14 minuti
|
DAL 2023 AL 2024
L’antimafia. Alla nostra digital cover della fine dell’anno abbiamo dato questo titolo. Abbiamo scelto che cosa portiamo con noi dall’anno vecchio all’anno nuovo. Il prefisso “anti” nella lingua italiana deriva (anche) dal greco e significa “contro”. Dal 2023 al 2024, portiamo questo con noi. Il rovescio delle cose, come il risvolto di un guanto, i racconti “al contrario” che dunque diventano contro-narrazioni. E nel cinema e nelle serie tv contro-rappresentazioni.
La nostra scelta è The Good Mothers, la serie candidata ai Critics’ Choice Awards come miglior serie straniera – la cerimonia si terrà il prossimo 14 gennaio a Los Angeles – dopo aver vinto la prima edizione del Berlinale Series Award lo scorso febbraio a Berlino 73.
Abbiamo scelto l’antimafia, guardando anche noi, con The Good Mothers, l’universo di solito dominato dagli uomini attraverso gli occhi delle donne. Diretta da Julian Jarrold ed Elisa Amoruso, la serie è disponibile su Disney+ ed è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Alex Perry basato sulle vite di Denise Cosco (Gaia Girace), figlia di Lea Garofalo (1974-2009, interpretata da Micaela Ramazzotti), Maria Concetta Cacciola (1980-2011, nel ruolo c’è Simona Distefano) e Giuseppina Pesce (Valentina Bellè). Donne, figlie, madri che hanno deciso di opporsi alla ‘ndrangheta collaborando con la giustizia rappresentata dalla magistrata Anna Colace (Barbara Chichiarelli) che per prima ebbe l’intuizione di puntare su di loro per attaccare l’organizzazione criminale.
Così dalla redazione di THR Roma, Manuela Santacatterina ha intervistato l’attrice Valentina Bellè mentre Livia Paccarié ha parlato con la regista Elisa Amoruso.
Per costruire la nostra contro-storia abbiamo cercato di smantellare gli stereotipi italiani sulla criminalità organizzata e abbiamo disegnato una mappa di film e serie tv che secondo noi ci hanno preparato ad accorgerci delle “madrine”. Così Valeria Verbaro ha sentito la sociologa Giovanna Truda, Roberto Brunelli ha redatto un vademecum per uscire dal labirinto “mafia, pizza, mamma & mandolino” e Alberto Crespi ha raccontato “il grande dilemma” (dal Padrino in giù): il cinema e le serie imitano la mafia o viceversa?
Così Martina Barone e Viola Baldi hanno indagato nei film e nelle serie italiane come hanno preso vita le donne criminali: spietate e pentite, da Gomorra a Bang Bang Baby, passando per Ti mangio il cuore. Damiano D’Agostino, infine, parlando con il game designer Vittorio Mattia Bernatti, ha raccontato del videogioco ufficiale di Gomorra e di come la sua protagonista, Nina, sia una piccola rivoluzione nella rappresentazione della criminalità dei videgame.
Buon anno dalla Signora del venerdì. E Buona lettura!
|
Top Story: "The Good Mothers, L'antimafia"
|
Valentina Bellè, sconfiggere il male è possibile: “Dobbiamo riconoscerlo nelle nostre vite” - di Manuela Santacatterina
- “È facile accorgersene quando è raccontato come in The Good Mothers o nel film di Paola Cortellesi. È molto meno facile quando si guarda a noi. Eppure c’è”, racconta a THR Roma l’attrice protagonista della serie candidata ai Critics’ Choice Awards dedicata alle donne che si sono ribellate alla ‘ndrangheta. E che a Berlino 74 sarà il volto italiano dell’European Shooting Stars. “Mi esaltano queste occasioni in cui può nascere uno scambio”
- “Metto le mani avanti. Non ho guardato moltissime delle nostre serie crime, anche quelle che hanno fatto un po’ la storia. Però sicuramente The Good Mothers mi sembra una delle prime operazioni, se non la prima, in cui è la vittima al centro di una narrazione che solitamente ci affascina. Quella del male, di un mondo che sentiamo lontano da noi e quindi vogliamo capire meglio”
|
GLI ARTICOLI DELLA DIGITAL COVER
|
Elisa Amoruso, regista di The Good Mothers: “Raccontiamo donne che lottano contro la vita che gli è stata assegnata” - di Livia Paccarié
- Ha diretto insieme a Julian Jarrold la serie vincitrice del Berlinale Series Award 2023 e candidata ai Critics Choice Award 2024: “Abbiamo bisogno di verità sulle donne di ‘ndrangheta”
- “Ho conciliato l’urgenza di raccontare questa storia con la naturalezza di girarla: sapevo già come filmare queste donne, dove mettere la macchina da presa, che indicazioni dare alle attrici. Il punto di vista delle donne oppresse, schiacciate dalle figure maschili nelle loro famiglie, proprio da coloro che dicono di amarle, padri, mariti, fratelli, è una storia così chiara, conosciuta, vissuta collettivamente”
|
“La donna di ‘ndrangheta è madre archetipica, tradisce per proteggere”. Il suo potere? L’ambiguità - di Valeria Verbaro
- Parla la sociologa Giovanna Truda: “Nelle organizzazioni di stampo mafioso, la presenza femminile è rara e di natura duplice”. E ancora ostaggio di stereotipi al cinema e in televisione
- “Sembra sentimentale, ma una donna della ‘ndrangheta si consegna alla giustizia solo per un motivo molto preciso, quando cioè sente di aver subito un abuso, come madre e come moglie. Quando le uccidono il figlio o l’uomo che ama, quando subisce violenza e stupri domestici, quando sente il pericolo in agguato sulla propria famiglia”
|
Il grande dilemma (dal Padrino in giù): il cinema e le serie imitano la mafia o viceversa? - di Alberto Crespi
- Dal capolavoro di Francis Ford Coppola alle serie sulla criminalità organizzata: è un’immaginario che corre e si rincorre. Nel quale il ruolo delle donne appare sempre più cruciale, oscillando tra tre estremi: vittime, pentite e boss
- Il momento più agghiacciante di Il Padrino (il capitolo 1) non è la morte di Sonny crivellato di pallottole, né Don Vito Corleone che si schianta fra i pomodori, né Michael che compie il suo primo omicidio andando a prendere la pistola nel cesso di un ristorante. Nossignori. Il momento più agghiacciante è l’ultimissima inquadratura: Michael che in qualità di nuovo “padrino” si fa baciare le mani dagli scagnozzi, uno di loro va a chiudere la porta della stanza e noi vediamo in controcampo Kay, la moglie di Michael, che viene “impallata” dall’uscio che si chiude e la esclude da quel rituale totalmente maschile
|
Mafia, pizza, mamma & mandolino: vademecum per uscire dal labirinto degli stereotipi - di Roberto Brunelli
- Le serie possono fare un lavoro importante, per quanto difficilissimo, nello smontare e rimodulare le meccaniche dei cliché: certo che la criminalità organizzata è un elemento costante nell’immagine che ha di noi il mondo, e certo che il racconto popolare dell’Italia ha bisogno di una bella rifondazione. Ma occhio: la via dell’emancipazione è lunga e infestata dai fantasmi delle buone intenzioni
- Nel racconto della criminalità organizzata, quello della triade donna vittima donna boss e donna pentita è un filone molto potente in quanto a stereotipi. Il che ovviamente non vuol dire che non sia una realtà drammatica, concreta e reale: vuol dire solo che nella narrazione delle mafie – che si nutre di un’infinità di cliché – la spinta verso l’iconizzazione dei personaggi e delle situazioni è particolarmente forte
|
Cattive, criminali, pentite: da Gomorra a The Good Mothers, il ruolo delle “madrine” nel cinema e nelle serie italiane - di Viola Baldi
- Erano impotenti, allora hanno usato il sesso come arma. Sono state promosse alla carica di gangster. Hanno fatto gruppo, poi si sono tradite tra di loro. Si sono prese anche in giro, come in Mafia Mamma. Un panorama in evoluzione tra Bang Bang Baby e Ti mangio il cuore, alla ricerca di una cosa sola: la libertà
- Nell’ultimo decennio sempre più produzioni italiane hanno deciso di raccontare la criminalità organizzata in ottica matriarcale. Con donne che esercitano la potestà familiare in modo più o meno diretto. Insieme al crescente apprezzamento da parte del grande pubblico nei confronti di queste storie è nata la necessità di inserire nella finzione anche la realtà
|
Gomorra, la storia di Nina realizzata da 34BigThings è una piccola rivoluzione per i videogiochi - di Damiano D’Agostino
- Un prodotto minimale, fumettistico, con le tavole realizzate dal giovane artista Luca Negri, raccontano la storia della figlia del boss di camorra Sergio Miniero, e di una lotta sanguinosa per il potere che, forse, ha una via di uscita
- “Tanti videogiochi che parlano della criminalità, un po’ la esaltano”, spiega Vittorio Mattia Bernatti, game designer della casa di sviluppo torinese 34BigThings, che all’inizio di quest’anno ha pubblicato il primo videogioco con la licenza ufficiale di Gomorra. “Non che ti spronano ad andare in giro a rubare cose, ovvio, ma te lo fanno sentire come un momento di gloria, penso a GTA“
|
Prima di salutarci
Se ti è piaciuta questa puntata della newsletter, inoltrala. E se ti va facci sapere cosa ne pensi rispondendo a questa mail: nondirloanessuno@thr.it
Avete ricevuto questa newsletter da qualcuno che ve l’ha inoltrata? Se vi è piaciuta e non volete perdervi le prossime puntate, potete iscrivervi a questo link.
Infine, per rimanere aggiornati sulle ultime notizie, potete seguirci su facebook, su Instagram e su Twitter.
Dalla Signora del venerdì è tutto per questa settimana. Al prossimo venerdì!
|
|