È il primo ombelico apparso in tv nel 1970. È “la popstar italiana che ha insegnato all’Europa la gioia del sesso”, ha scritto The Guardian. “La diva comunista che cantava alla libertà sessuale”, ha detto El Periodico. È La ragazza perfetta nel titolo del libro della giornalista e saggista Adriana Pannitteri, edito da Morellini Editore. “La ragazza perfetta perché Raffaella Carrà è stata una donna che ha fatto anche delle sue fragilità dei punti di forza”, spiega l’autrice. “Ha saputo provocare il mondo col suo messaggio di libertà e riscatto ma soprattutto di auto-affermazione”.
Il prossimo 18 giugno avrebbe compiuto 80 anni, l’icona italiana, nata nel 1943 e scomparsa nel 2021. Raffaella Carrà è al centro del racconto di Pannitteri che è come un memoir al crocevia delle loro due vite. “Raffaella Carrà è stata una donna che ho sempre guardato da lontano ma allo stesso tempo con grande curiosità”, racconta l’autrice. “L’aspetto più interessante è la sua grandissima serietà professionale, la sua tenacia, il suo impegno, la sua capacità di mettersi in gioco. È stata una donna che ha lavorato tanto per tutta la vita”.
La ragazza perfetta: spaccati dell’Italia popolare
Scrive Vincenzo Mollica sulla quarta di copertina del libro che Carrà “apparteneva alla categoria rara dei geni popolari, quelli che ti arrivano addosso come un abbraccio, ti strapazzano di piacere e alla fine ti lasciano anche qualche millimetro di felicità”. Che era “unica, inarrivabile, irraggiungibile, anche inimitabile”. Non esiste un’altra Carrà, conferma Pannitteri. “Certo, lei ha attraversato il mondo dello spettacolo quando la televisione era diversa ma un’altra come lei, con questa complessità e questa forza dirompente, non esiste”.
Le pagine del libro, che raccontano in prima persona di una bambina che vede per la prima volta il Tuca Tuca in tv e degli anni in cui Raffaella Carrà iniziava la rivoluzione, offrono anche uno spaccato dell’Italia degli anni Settanta e Ottanta. Un archivio di immagini scritte de “la Carrà” che ripercorrono la sua carriera e anche il cambiamento della televisione. I ricordi di chi ha conosciuto, lavorato e vissuto con lei: il ballerino che si esibì con lei nel Tuca Tuca, il suo truccatore, il parrucchiere, gli autori dei suoi programmi e delle sue canzoni, le persone con cui giocava a carte, i frati di San Giovanni Rotondo dove ha voluto che le sue ceneri fossero portate in pellegrinaggio, gli amici di Porto Santo Stefano, il suo luogo del cuore, dove si trova la sua tomba.
Raffaella Carrà, “la regina dei due mondi”
“Nessuno come Raffaella Carrà ha incarnato di più il messaggio ‘io ce la farò’”, dice Pannitteri. “Una bambina che a 8 anni è andata via di casa per studiare danza, poi ha frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia, ha studiato le lingue e poi la musica”. Un modello di donna secondo l’autrice a cui guardano e aspirano tutte le lavoratrici dello spettacolo, e non solo. “Il motivo per cui Raffaella Carrà è una persona che sta molto a cuore alla comunità LGBTQ+ è proprio perché ha saputo comunicare l’affermazione di sé”.
Carrà è stata definita “la regina dei due mondi” per quello che ha rappresentato in America Latina, ricorda Pannitteri. “Con una leggerezza allo stesso tempo profonda ha rappresentato la voglia di guardare il mondo a colori, dopo anni di dittatura”.
Questa allegria e spensieratezza “l’ha accompagnata sempre”, conclude l’autrice. Dopo il famoso Canzonissima del 1970 lei rispose: “Non sono mica la prima, le ragazze già vanno in giro con l’ombelico di fuori”. E quando The Guardian pubblicò quel titolo, un anno prima della sua morte, li salutava, onorata, dicendo “Stavolta la carrambata l’hanno fatta loro a me”.
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