Berlinale 2024: le dichiarazioni pro-Palestina nel mirino del governo tedesco. Chiesta un’indagine ministeriale

Il festival sarà indagato sulla sua capacità di "mantenersi luogo di diversità, di prospettive diverse e di dialogo, libero dall'odio, dall'agitazione, dall'antisemitismo", dopo i messaggi della cerimonia di premiazione

Il dibattito sulla cerimonia di premiazione del Festival di Berlino 2024 non accenna a placarsi. Martedì 27 febbraio, il ministro della giustizia tedesco Marco Buschmann ha criticato la Berlinale per aver permesso che quelle che ha definito dichiarazioni “antisemite” passassero inosservate durante il gala di premiazione di sabato 24.

Secondo il ministro, il festival potrebbe aver “subito un grave danno” per l’incursione della politica durante l’edizione appena conclusa. Sul palco, durante la premiazione, ma anche durante tutto il corso della Berlinale, sono stati numerosi gli interventi su Gaza.

Gli interventi durante la premiazione della Berlinale

Ben Russell, co-regista di Ben Russell Direct Action, vincitore del premio per il miglior film nella sezione Encounters di Berlino, ha apertamente parlato di “genocidio” per descrivere l’azione militare israeliana nella regione. Il regista palestinese Basel Adra, il cui No Other Land ha vinto il premio per il miglior documentario e il Panorama Audience Award, ha dichiarato che per lui “è molto difficile festeggiare quando decine di migliaia di persone a Gaza vengono massacrate da Israele” nello stesso momento. Il suo co-regista, israeliano, Yuval Abraham ha parlato di “apartheid” nel suo Paese.

L’artista francese Véréna Paravel, membro della giuria della Berlinale documentari, ha cucito un manifesto “Cease Fire Now” sul retro del suo vestito, visibile durante la consegnava del a No Other Land. “Io sto dalla parte della Palestina”, ha dichiarato la regista franco-senegalese Mati Diop ritirando l’Orso d’Oro a Berlino per il suo documentario Dahomey.

La sera stessa, e nella sala del Berlinale Palast, le dichiarazioni sono state accolte da scroscianti applausi e acclamazioni. Ma diversi media e i politici tedeschi hanno mostrato una linea più dura e opposta.

La reazione delle istituzioni tedesche

Il sindaco di Berlino Kai Wegner ha definito il gala “intollerabile”, associando le espressioni contro la violenza a Gaza all’antisemitismo e affermando che “l’antisemitismo non ha posto a Berlino, anche nella scena artistica”.

Bettina Stark-Watzinger, ministra dell’istruzione e della scienza – appartenente all’area di centro-destra come il ministro Buschmann – ha scritto su X (ex Twitter) che le dichiarazioni pro-palestinesi rappresentano una “ribalta tra carnefice e vittima su un palcoscenico aperto”.

Basel Adra in No Other Land

Basel Adra in No Other Land

Il cancelliere della Baviera, Florian Herrmann, ha persino invitato il ministro della cultura tedesco, Claudia Roth, a dimettersi, indicando un video che la ritrae mentre applaude il discorso di accettazione di Adra e Abraham. Al punto che Roth si è sentita costretta a pubblicare un chiarimento, affermando che l’applauso era rivolto solo al regista (ebreo-israeliano) Abraham quando si è espresso a favore di una soluzione politica e di una coesistenza pacifica nella regione.

L’indagine ministeriale sulla Berlinale

Roth ha dichiarato che si svolgerà un’indagine sugli eventi della premiazione per verificare se la Berlinale “sia stata all’altezza della sua intenzione di essere un luogo di diversità, di prospettive diverse e di dialogo oppure no”. La ministra ha affermato che la Berlinale deve rimanere un luogo “libero dall’odio, dall’agitazione, dall’antisemitismo, dal razzismo, dal sentimento anti-musulmano e da qualsiasi forma di misantropia”.

Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz è intervenuto, condannando le dichiarazioni critiche nei confronti di Israele come “posizioni unilaterali”, secondo un portavoce del governo. Anche Scholz ha affermato che qualsiasi dibattito sulla guerra a Gaza “non può prescindere da ciò che ha innescato questo nuovo conflitto, ovvero l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre”.

No Other Land, il discorso sui social

Poco dopo la premiazione a Berlino, il co-regista di No Other Land, Yuval Abraham, ha scritto sui social media di aver ricevuto minacce di morte perché considerato “antisemita”. Abraham ha fatto notare che molti dei suoi familiari sono stati uccisi durante l’Olocausto: “Ritengo particolarmente oltraggioso che i politici tedeschi nel 2024 abbiano l’audacia di usare questo termine contro di me in un modo che ha messo in pericolo la mia famiglia”, ha affermato. Abraham ha aggiunto anche  di essere stato costretto a cancellare il suo volo di ritorno in Israele per paura della propria incolumità.

La Berlinale ha preso le distanze dai commenti specificando che non riflettono una presa di posizione del festival, tuttavia ha anche sottolineato che ogni dichiarazione è protetta dalle leggi tedesche sulla libertà di parola.

Criticare Israele “non è retorica antisemita”

In un’intervista alla radio tedesca, Meron Mendel, direttore dell’istituto educativo Anna Frank, ha dichiarato di aver sentito alcune “dichiarazioni anti-Israele e di parte” al gala della Berlinale, ma nessuna “retorica antisemita”. Mendel ha chiamato in causa i politici che hanno attaccato il festival, accusandoli di “trarre profitto politico dalla questione con una sorta di politica simbolica” senza proporre nulla che possa effettivamente contribuire alla lotta contro l’antisemitismo.

Il canale Instagram della sezione Panorama della Berlinale è stato hackerato sabato stesso, il 24 febbraio, e dichiarazioni come “Free Palestine – From the River to the Sea” e “Genocide is Genocide” sono state brevemente postate sui canali ufficiali del festival. Il festival ha dichiarato di voler sporgere denuncia contro “ignoti” in risposta all’attacco. Resta comunque una lettera aperta da parte di diversi lavoratori della Berlinale che chiedono un “cessate il fuoco immediato e il rilascio di tutti gli ostaggi” a Gaza e che hanno criticato il festival per la mancanza di una “leadership istituzionale” sulla questione.

Traduzione di  Pietro Cecioni