Una spia non può essere malata di Alzheimer. Deve ricordare troppe cose che gli servono per sopravvivere. Siamo scritti a matita, il nuovo romanzo del regista Fausto Brizzi, parte proprio da qui. Da un lui e una lei che si amano e che in superficie, in un borgo di Genova, fanno i librai per nascondere che sono due agenti segreti. Lei si ammala. Lui capisce che da quel momento solo con l’immaginazione potrà penetrare quello stato d’animo inconoscibile.
“L’Alzheimer è la malattia che mi spaventa di più”, dice Brizzi. “Anche perché la memoria è il mio datore di lavoro”. Tutti coloro che scrivono per mestiere, “lo fanno cercando il riconoscimento di qualcuno, è come lasciare dei figli di carta o di celluloide, per questo ho voluto esorcizzare la paura di questa malattia in un romanzo”. Non solo le spie, ovviamente: nessuno dovrebbe ammalarsi di Alzheimer, perché tutti hanno la necessità di cercare nel rapporto con l’altro il proprio riconoscimento.
Riconoscimento – che con parole povere ma di larghi confini chiamiamo amore – è il motore di questa storia. “Il tono è simile ai miei libri e ai miei film precedenti, ma stavolta ho voluto mettere i sentimenti in un romanzo di azione”. Dal piccolo borgo si susseguono una serie di rocambolesche avventure tra Genova, Parigi e il Cairo. La trama ha subito ispirato il grande schermo: la Lotus Production di Raffaella Leone e Andrea Leone ha acquistato i diritti. “Non sarà diretto da me”, anticipa Brizzi, “sarà un film internazionale e avrà un budget alto, basato in Italia seguirà poi i luoghi del libro”.
Siamo scritti a matita: la leggerezza che commuove
Alfredo e Betta sono sposati da oltre cinquant’anni. Una coppia inossidabile, come le metà delle mele non ancora tagliate. Quando Betta si ammala di Alzheimer la sua mente diventa una stanza illuminata da una lampadina difettosa, che lampeggia in modo irregolare tra il vuoto e la lucidità. Allora Alfredo, libraio e anche scrittore di libri monocopia – proprio perché scrivere significa lasciare al mondo dei figli unici – le racconta la loro vita insieme, per non farla svanire nella nebbia della mente.
Una vita tra colpi di pistola e mitragliatrici, tra storie nelle storie dentro ai libri, tra viaggi in paesi nordici ed esotici, che continua anche dopo la scoperta della malattia di Betta. “Demenza” è il termine usato per descrivere il processo degenerativo che colpisce le cellule cerebrali e provoca l’alterazione progressiva di alcune funzioni come la memoria, il linguaggio, l’orientamento. Alfredo dovrà fare di tutto per proteggere il nucleo che ha costruito.
Brizzi ha scritto un libro, con una leggerezza sensibile, che sembra un film (un po’ per deformazione professionale, ammette). “Ma il bello dei libri è che possono durare quanto la storia richiede e soprattutto che ogni lettore può essere un regista, immaginando a modo suo volti e ambientazioni”.
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