Guardando le foto di Helmut Newton si ha l’impressione di trovarsi davanti a un film. Non a un solo frame, a un’immagine estrapolata, ma di fronte al cuore di un’intera pellicola. Da qualsiasi prospettiva li si guardi, gli scatti del professionista – non artista, secondo l’assunto per cui: “I am not the artist, I am the photographer”, come diceva lo stesso Newton – stabiliscono una linea narrativa che colloca chi li guarda in uno spazio e in un tempo. E, soprattutto, in una storia.
Sdoganata la fotografia di moda, resa materiale da esposizione da poter trovare anche per i corridoi dei musei, il tedesco naturalizzato australiano (il nome originario era infatti Helmut Neustädter) ha portato avanti i suoi studi sul nudo femminile e la sua sperimentazione a prescindere dal lavoro di fino sulle cover dei maggiori magazine. Vogue, Elle, GQ, Vanity Fair. Londra, Milano, Parigi, Roma. Ovunque, in tutto il mondo, dalle vie francesi alle cucine di casa propria – insieme alla moglie June, che non è rimasta esclusa dall’occhio erotico e feticistico del marito – Helmut Newton ha trasformato i flash della sua macchinetta in un intero universo.
Ha utilizzato la sua attrazione per i corpi sfruttandola a proprio piacimento. Li ha vestiti e li ha spogliati. Li ha resi unici o li ha raddoppiati. Sono diventati corpi parlanti di un linguaggio che trascendeva la patina lucida di una fotografia. Si sono trasformati in racconti, in linea con le suggestioni di Alfred Hitchcock e François Truffaut, da cui Newton ruba a piene mani. In fondo la moda ha vestito le grandi dive rendendole “cinema”. Allora è naturale che il “cinema” ha cominciato a fare parte anche dell’universo della fotografia di moda.
Lascive e misteriose, languide e sospettose, le donne degli anni sessanta e settanta di Helmut Newton sono le femme fatale di un noir classico che trova la torbidezza degli intrighi della New Hollywood. Sono donne che hanno un segreto, tenuto celato al fotografo e allo spettatore. Le donne hanno abiti lunghi, a volte sono vestite da uomo – non sarà un caso che il fotografo è sepolto nel Cimitero di Friedenau, poco più in là di Marlene Dietrich – altre completamente nude. Quando sono in due sono dei Doppelgänger. Quando sono manichini, privi di linfa vitale, sono corpi da usare. È la mercificazione. È l’horror che ci fa venire il terrore di essere solamente pedine di un’ingranaggio più grande.
Misteriose, retro-futuriste, gonfiabili: le donne di Helmut Newton
Il retro-futurismo dei servizi fotografici dei 60s scoprono le gambe come Twiggy faceva con la minigonna, sparano pois negli occhi e ci raccontano di donne spaziali che sono pronte a volare sulla luna. Sono i film di fantascienza, l’invasione dei corpi e dei mondi. Sono allegri e colorati, entusiasti come il boom sociale e culturale. Dallo sci-fi al thriller, Newton si sposta nei palazzi arabeggianti di aristocratiche in rovina, di contesse che maltrattano la servitù, di donne che nascondono dietro al buon costume tutte le perversioni che il loro marito, vecchio e milionario, non può soddisfare.
C’è l’amore proibito, c’è il sex appeal omoerotico. Ci sono donne che si guardano, si scrutano, si toccano, si vogliono. A volte, anche, si odiano. Ci sono le eroine cattive dell’hard boiler e quelle che cercano di sfuggire dal loro passato come nei peggiori gialli – o nei migliori, come la Marion/Janet Leigh di Psycho. Così le sue foto stimolano la fantasia. La giovane che sembra preoccupata sta palesemente scappando dopo aver commesso il furto che le avrebbe finalmente cambiato la vita.
La donna di Rue Aubriot sta aspettando la sua amante nel mezzo della strada, pronte a scappare insieme e vivere la loro relazione lontane da occhiate indiscrete – infatti l’immagine speculare è quella della stessa modella, ma con al fianco una donna completamente nuda, un intero mondo creato solo per promuovere Yves Saint Laurent. È il cinema politico di Elio Petri quando le sue modelle posano con le fabbriche industriali come sfondo – esempio, gli scatti milanesi – è quello de Il conformista di Bernardo Bertolucci quando ricerca la sensualità morbosa della classe nobiliare decadente.
E quando i tempi cambiano allora cambiano anche le persone, i modelli, il cinema. Via le anguste stradine di una metropoli notturna, benvenuto bikini sgambato anni ottanta/novanta che ben poco lascia spazio alla fantasia. Eva Herzigová diventa il modello di riferimento femminile e i corpi caldi e abbronzati, gommosi e dalle forme prosperose l’ideale a cui aspirare. Con cui avvicinare e soggiogare il compratore. Helmut Newton prosegue come fotografo di Playboy e ai manichini si sostituiscono le bambole gonfiabili.
Anche questo è un film. È la salsedine delle spiagge americane o il cloro delle piscine di Monte Carlo, sono i capelli cotonati e quella che, negli anni duemila, chiameremo nostalgia. Forse Helmut Newton non voleva farsi dare dell’artista per affermare il proprio ruolo, ma non sarebbe stato incorretto provare a definirlo, in alternativa, “regista”.
La mostra Helmut Newton. Legacy si svolgerà dal 18 ottobre 2023 al 10 marzo 2024 al Museo dell’Ara Pacis di Roma e presenterà oltre 200 scatti del fotografo.
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