La regola del tre è uno dei cinici passatempi di chi sui social ama le statistiche macabre, dalla coincidenza tra i gol del calciatore gallese Aaron Ramsey e i decessi dei vip fino al fatto che se muore un mostro sacro, di solito lo seguono altri due destinati all’oblio. C’è chi poi ama elencare chi nella sfortuna della fine della propria esistenza si è trovato a vivere quella dell’ombra creata alla notizia del loro addio dall’estremo saluto di altri più importanti. Ecco allora che quando Francesco Nuti finisce di soffrire a 68 anni mentre il paese è distratto dalla Berlusconeide in memoriam, tutti accorrono per ricordare la sorte simile di Farah Fawcett (morta lo stesso giorno di Michael Jackson) e River Phoenix (lo stesso giorno di Federico Fellini).
I più feroci hanno coniato addirittura la dicitura premio Roland Ratzenberger, citando lo sventurato pilota austriaco di Formula 1 che morì il giorno prima di Ayrton Senna, il 30 aprile 1994, venendo trascurato fin da subito da cronisti sportivi e non.
Ecco, dobbiamo fare mea culpa anche noi. Presi da Silvio Berlusconi che non esce sorridente dall’ultimo ricovero al San Raffaele e dalla nostalgia struggente per Francesco Nuti, abbiamo perso di vista l’addio di Paolo Di Paolo (come tutti, tranne Repubblica e Corsera, onore al merito), 98 anni e una carriera nell’arte della fotografia che lo ha visto tra i maestri incontrastati nel mondo, nonostante il precoce ritiro nel 1968.
Paolo Di Paolo, il nostro Cartier-Bresson
Per intenderci, in una mostra commemorativa al Maxxi, specchio di una carriera che lo ha visto inviato e fotoreporter (per Il Mondo in particolare, a cui ha legato la fine del suo lavoro) e collaboratore di Pier Paolo Pasolini, pedinatore di notizie ma anche sguardo altro sul cinema e le sue star, incrociò la sua arte un inconsapevole – della sua esistenza – Bruce Weber.
Ne rimase folgorato – grazie alla figlia Silvia che trovò stipate e messe da parte le prove di quella vita da artista dell’immagine (dopo il 1968 è stato art director per l’Arma dei Carabinieri e in particolare dei loro calendari cult) – e così il collega decise di dedicargli un documentario, The Treasure of his Youth (2021), un emozionato viaggio nell’immaginario di un paese declinato dall’occhio vigile, originale, acuto di un uomo che mai ha ritratto didascalicamente ma invece ha preferito evocare. Un paese, un’atmosfera, un’epoca che avevano, amava dire, “la ricchezza della fantasia” pur nella povertà materiale di un’Italia massacrata dalla Seconda Guerra Mondiale.
Quando il fotogiornalismo è stato insidiato dai paparazzi, quando ai reportage si sono sostituite le immagini sensazionaliste, quando il gossip diventa più importante del racconto, Paolo Di Paolo si sentì a disagio. “La fotografia ha un’intelligenza” diceva Cartier-Bresson, e il fotografo italiano ha intuito prima degli altri quanto sarebbe divenuta stupida, fino al grado zero del selfie.
Quella non è la sua grammatica e preferisce chiudere le sue migliaia di foto e una carriera meravigliosa in un angolo lontano e cominciare una seconda vita. Senza indecisioni. Silvia, che è ritratta in una delle ultime foto del papà, insieme a lui, in un’immagine potente e tenera, sente però il bisogno di rendere onore a quel talento cristallino e mai accomodante, a quella capacità di richiudere vite e avvenimenti e suggestioni nei confini di una fotografia. Che sia Pasolini alle pendici del Monte dei Cocci, con tutto il peso di una vita dolente e di una ricerca di verità e felicità frustrata, così come un’Oriana Fallaci inusualmente spensierata.
Scatti di incontri straordinari
E ancora ha mostrato gli incontri straordinari come quelli tra Salvatore Quasimodo e Anita Ekberg, Luchino Visconti con Mina, Alberto Moravia e Claudia Cardinale per Tempo illustrato, così come ha restituito il carisma e il fascino di Anna Magnani, Marcello Mastroianni, Sophia Loren, Kim Novak, Walter Chiari, Brigitte Bardot, Monica Vitti Michelangelo Antonioni. Ma anche Giorgio De Chirico, Renato Guttuso, Ezra Pound, Giuseppe Ungaretti, tra gli altri.
Una riscoperta tardiva, quella del suo lavoro, che però non ha lasciato indifferenti i più sensibili e coraggiosi. Come Bruce Weber appunto oppure Pierpaolo Piccioli che lo ha richiamato “in servizio” per fotografare un evento di alta moda nel 2020, la sfilata di Valentino Haute Couture a Parigi.
L’arte di Paolo Di Paolo è racchiusa nella semplicità raffinata della motivazione con cui ha spiegato il suo addio all’arte che tanto amava. “Cominciava l’età del narcisismo senz’anima”. Una profezia, a cui lui ha voluto sottrarsi. Scusaci, maestro, se abbiamo dimenticato quello che lo stesso Weber, suo collega e regista, ha definito a ragione “un tesoro nazionale per l’Italia come lo è Cecil Beaton per l’Inghilterra e Henry Cartier-Bresson per la Francia”.
Però possiamo ancora riavvolgere il rullino e rivederci tutto quello che ci ha mostrato. Clic. Duecentocinquantamila negativi. La memoria storica di un’Italia che ancora sperava di essere migliore.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma