Cala il sipario sul pregiudizio: arriva in Italia il primo festival internazionale del teatro rom

Nata in Ungheria nel 2017, e dal 2022 anche in Romania, la rassegna internazionale tocca per la prima volta il nostro paese, a Roma fino all'8 ottobre. Il direttore artistico Sebastiano Spinella: "Il razzismo è ancora forte, il cammino per l'integrazione lungo: è fondamentale diffondere i buoni esempi"

Un festival “nomade” per celebrare – per la prima volta in Italia – gli autori, attori e registi della comunità rom internazionale. Partito a settembre a Bucarest, e fino all’8 ottobre a Roma, all’auditorium di via di Santa Croce in Gerusalemme, chiuderà a novembre a Budapest il Festival Internazionale del Teatro Rom. Un’iniziativa nata nel 2017 in Ungheria (dal 2022 allargata alla Romania), patrocinata e cofinanziata dalla Comunità Europea attraverso la piattaforma Europa Creativa, in capitale con un fitto programma di incontri e performance fra cui quella – il 5 ottobre – del musicista Moni Ovadia in concerto con l’orchestra Taraf de Metropolitana Musica Nomade.

Moni Ovadia

Moni Ovadia

“La narrativa mainstream in Italia è quella dei rom nullafacenti, pigri, ladri e accattoni, che chiedono l’elemosina con i bambini in braccio – racconta il catanese Sebastiano Spinella, 58 anni, artista circense e direttore del festival – C’è un razzismo molto forte e non si conoscono i buoni esempi, anche se le ultime due generazioni della comunità sono molto più propense a inserirsi. In Ungheria, nonostante Orban, la comunità rom è un passo avanti rispetto all’Italia, sono più organizzati, fanno da capofila: il finanziamento europeo è arrivato grazie a loro. La situazione in Romania invece è grave, come da noi. È il paese con la maggiore popolazione rom in Europa: il cammino per l’integrazione è ancora lungo”. 

Tra gli spettacoli in prima nazionale, in lingua originale con sottotitoli, due nuove creazioni dell’ungherese Independent Theatre Hungary, Carcasse Putrescenti (Rotting Birds il titolo internazionale: storia di uno scrittore alle prese con i segreti di una famiglia rom) e I costruttori del Paese, sul ruolo della comunità rom nella ricostruzione di Budapest nel dopoguerra. “Erano fabbricanti di mattoni e manovali, il loro contributo fu importantissimo – ricorda Spinella –  ma la storia non riguarda solo loro. Ha a che fare con tutte le etnie tenute ai margini della società in condizioni degradanti: non è solo una questione rom. Si parla di problemi generazionali, conflitti tra nuove e vecchie generazioni, tra tradizione e futuro”.

Il concerto hip hop di Giuvlipen

Il concerto hip hop di Giuvlipen

Tra i tanti stereotipi sul mondo rom, Spinella ne ricorda due: “Il nomadismo, che è una falsa tradizione. Il popolo rom non è nomade, ma fuggitivo, e ha dovuto riorganizzarsi inventandosi mestieri ambulanti. Poi, la musica, Certamente è preponderante, la comunità ha dato i natali a grandissimi fisarmonicisti, ma noi vogliamo aprire un varco anche nel mondo del teatro, molto vivo. Diamo supporto e formazione alle compagnie europee rom al lavoro su nuove drammaturgie”.

Particolarmente originale, in questo contesto, la produzione attesa per il 7 e l’8 ottobre, quella del “collettivo femminista rom” Giuvlipen, guidato dall’artista romena Mihaela Drăgan, a Roma con un concerto hip hop e con la nuova produzione Viral on Tik Tok: al centro dell’opera il “viaggio” di due adolescenti rom che cercano il  successo sui social, scontrandosi con gli ideali sessisti di bellezza, la pressione della verginità e del matrimonio.

I costruttori del paese, lo spettacolo dell'Independent Theatre Hungary

I costruttori del paese, lo spettacolo dell’Independent Theatre Hungary

In programma anche due spettacoli dell’italiana compagnia teatrale Rampa Prenestina (Aspettando Bo e ROMNIA), nata nel 2022 e composta da professionisti e giovani apprendisti provenienti in parte dalla comunità rom del territorio di Roma est. “Rampa Prenestina è il risultato di vent’anni di impegno per l’educazione all’arte e alla bellezza con i minori del campo rom di Via Gordiani – spiega Spinella – il campo nei miei riguardi è sempre stato accogliente e collaborativo. Del resto io non sono un operatore sociale, ma un artista di strada: alcuni dei ragazzi con cui ho lavorato li ho conosciuti tra Piazza Navona e il Pantheon, quando loro vendevano rose e io mi esibivo in piazza”. Anche il coinvolgimento di Ovadia ha a che fare con il campo di via Gordiani. “Moni lo conosce, perché anni fa partecipò alla manifestazione che fu organizzata dopo che la giunta regionale di destra bloccò  il progetto europeo che prevedeva su quel terreno la costruzione di un villaggio di case in muratura. Si è sempre speso per la causa rom in nome dell’antica amicizia tra i popoli erranti. Mi ha detto soltanto: tu paga i miei musicisti, e io vengo”.