La leggenda dice che l’idea iniziale fu di un mangiafuoco. Un artista ambulante di Montreal che una notte del 1984, ai tavoli da gioco di Las Vegas, riuscì a convincere un danaroso sconosciuto a investire nel suo progetto: un circo itinerante senza animali, ma con artisti e acrobati da tutto il mondo, spiritualmente devoto all’“energia e alla forza” del sole.
Quasi quarant’anni dopo, quell’improbabile sodalizio ha dato i suoi frutti: il circo immaginato ai tavoli da poker è diventato una macchina da 180 milioni di spettatori nel mondo, 4000 dipendenti, spettacoli dal vivo in 450 città e più di 90 paesi, riuscito a resistere persino al Covid – 71 spettacoli cancellati per la pandemia, un periodo di bancarotta controllata per uscirne – e risorto in questi mesi in tutto il mondo.
È la parabola del Cirque du Soleil, la più grande azienda circense globale, così come la racconta appunto il mangiafuoco Guy Laiberté, “narratore nomade” e “aggregatore di comunità” (come si definisce su Instagram), diventato nel frattempo uno degli uomini più ricchi al mondo, imprenditore e filantropo, dj per sfizio e persino turista dello spazio, salito nel 2009 a bordo della missione Sojuz TMA-16.
Come è nato il Cirque du soleil
La storia, quella vera ma non meno straordinaria, racconta invece di un gruppo di artisti di strada del Québec, i Les échassiers de Baie Saint-Paul (tra loro Laliberté e il socio e co-fondatore del Circo, Gilles Ste-Croix), che nei primi anni Ottanta si fecero un nome esibendosi nelle piazze canadesi, e che nel 1987 esordirono negli Stati Uniti riscuotendo un successo immediato e clamoroso. Sei anni dopo, nel 1993, il Circo montava a Las Vegas il primo show permanente, Mystère, ancora oggi uno dei sei spettacoli stabili ospitati dalla città americana e il primo a riaprire, simbolicamente, le attività della compagnia dopo la pandemia.
Oggi il Circo – di cui Laliberté detiene una quota di minoranza, dopo aver ceduto a fine 2020 la società ad un consorzio guidato dal gruppo Usa Tpg – impiega un totale di 4500 impiegati, 1300 artisti da 55 paesi, provenienti per un terzo da sport acrobatici, un terzo da discipline circensi e un terzo dalla danza e dalla street art.
Gli spettacoli hanno costi imponenti, paragonabili a quelli di un film di Hollywood, fino a 40 milioni di dollari: solo il tendone, il caratteristico “chapiteau” a righe, ha un valore di quattro milioni (arriva scortato da un corteo di 65 camion: “Una settimana per montarlo, 48 ore per smontarlo”, spiega il capotenda italiano Alex Sblattero). Il quartier generale è a Montreal, sette i dipartimenti dove si provano tutti i nuovi spettacoli, dove vengono prodotti i costumi (600 per show), gli oggetti di scena e le scenografie. Qui gli artisti imparano anche a truccarsi, sulla base di manuali illustrati e religiosamente custoditi nell’attrezzeria: ognuno, è la regola, deve curare il proprio make-up da solo.
Tutti gli spettacoli, da Mystère a Kurios
Sono otto gli spettacoli itineranti in questo momento nel mondo, tra cui il celebre tributo ai Beatles, Love, One dedicato a Michael Jackson, Messi 10 sul celebre calciatore argentino, e Echo, ultimo nato, gioioso omaggio al progresso e alla tecnologia. In Italia il Circo porterà per la prima volta Kurios – Cabinet of Curiosities, nella Capitale dal 21 marzo al 29 aprile e a Milano dal 10 maggio al 25 giugno, tecno-utopia in tredici atti ambientata in un retro futuro dal sapore vittoriano, tra circo Barnum e atmosfere steampunk.
Grande classico del Circo, messo in scena 2000 volte dal 1984, Kurios è uno spettacolo da record: 15 milioni di euro il costo, 49 gli artisti impiegati, 17 gli autori, 426 gli oggetti di scena, 122 i tecnici cui si aggiunge come sempre un’orchestra, che esegue dal vivo la musica. Prima che la pandemia impedisse l’arrivo del circo in Italia, lo spettacolo in programma era però un altro, Totem, altro classico della compagnia creato dieci anni fa e “saltato” a causa delle misure sanitarie. Impossibile riproporlo adesso: gli atleti hanno raggiunto il limite d’età per lavorare in sicurezza, e per rifare il cast – spiegano dal Circo – “servono da sei mesi a due anni”.
Il prezzo della gloria
Ne parlano due veterani del circo, Denise Garcia Sorta e Massimiliano Medini, lei spagnola e lui italiano, sposati da 27 anni e con 3500 spettacoli insieme da pattinatori acrobatici. Autori di uno dei numeri più intensi di Totem, e provenienti entrambi da famiglie circensi, raccontano che il Cirque è “qualcosa di completamente diverso dal circo tradizionale”. I controlli obbligatori alle attrezzature, la sicurezza, i medici e i fisioterapisti al seguito, i contratti e i casting professionali, quattro cuochi che si prendono cura della compagnia. Ma soprattutto la gloria: “Quando giriamo il mondo siamo delle star”.
La gloria, naturalmente, ha anche un prezzo. Dopo la morte dell’acrobata Sarah Guyard-Guillot, precipitata da 30 metri durante un numero dello show KA a Las Vegas, nel 2013, le procedure di sicurezza del circo sono notevolmente migliorate. Ma l’imprevisto, cuore del mestiere di chi rischia la vita per l’arte – e in fondo parte della meraviglia chi lo guarda esibirsi col cuore in gola – ha fatto negli anni altre due vittime: nel 2018 Yann Arnaud, 38 anni, precipitata provando per la prima volta un numero con gli anelli nello show Volta, a Tampa, e nel 2016 il tecnico 43enne Olivier Rochette, colpito da una pedana mobile durante l’allestimento dello show Luzia a San Francisco. Suo padre era proprio Gilles Ste-Croix, il co-fondatore del circo: nel bene e nel male, la realtà è sempre più incredibile delle leggende.
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