In effetti più che una telenovela, sembra Inception.
Il 15 settembre, con un consiglio d’indirizzo d’urgenza, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha sollevato dall’impasse tutte le parti in causa, tante, e si è pronunciato sul Teatro San Carlo, il decreto Lissner e Carlo Fuortes. E con salomonica cortesia istituzionale ha reintegrato il francese Stéphane Lissner dopo che il Tribunale del Lavoro di Napoli aveva sancito la legittimità del suo appello contro la rimozione da sovrintendente e direttore artistico a causa della decisione con cui il governo lo aveva defenestrato, retroattivamente, per raggiunti limiti d’età sanciti appunto da quel pasticciaccio brutto legislativo. Limiti d’età posti proprio per liberare la poltrona per Carlo Fuortes, AD Rai riluttante a suo tempo lasciare la sua a Viale Mazzini senza una pronta ad accoglierlo. Ora smentiti anche dall’atto dovuto del decreto ministeriale di Gennaro Sangiuliano, trasmesso a Fuortes, sul reintegro del “rivale”.
Una storia di cui abbiamo parlato a lungo e che ormai è una soap opera. Perché, sappiatelo, questo è solo l’intervallo, c’è ancora un lungo secondo tempo annunciato, dato che Carlo Fuortes, destituito dalla sua carica al San Carlo con grande garbo (con un arrivederci, inusuale anch’esso in situazione simili), ovviamente farà appello.
Lo sappiamo, quello che stiamo narrando assomiglia tanto alla vignetta-meme in cui due Uomini Ragno fanno il gesto l’uno all’altro di lanciarsi una ragnatela, ma così è messa, grazie a una politica spregiudicata e approssimativa, una delle istituzioni teatrali più importanti del nostro paese. Che ha stabilito un record, quello del sovrintendente in carica per meno tempo nella storia: nominato tre mesi fa, Fuortes è entrato in carica il primo settembre. Il 12 c’è stata la pronuncia sul reintegro cautelare di Lissner nelle sue funzioni – così che l’ex amministratore delegato Rai ha sì presenziato alla prima di Madama Butterfly ma senza proferire parola – e infine neanche una settimana dopo si è trovato di nuovo a spasso. Snobbato in pochi mesi dalla Scala, messo da parte senza troppi rimorsi pure dal San Carlo.
La solerzia dell’applicazione di questa pronuncia (comunque appellata sia da Fuortes che dal San Carlo stesso, così che potremmo trovarci nella condizione in cui due aule si pronunceranno sulla stessa cosa, con la demenziale possibilità che possano essere due soluzioni diverse) è motivata da una banale questione di soldi: comunicare la decadenza del contratto al sovrintendente decaduto, in modo da evitare di pagare due compensi onerosi (il primo di 240.000 euro all’anno, il secondo di 210.000 euro) contemporaneamente. In attesa che ben due collegi, di nuovo in via cautelare, potrebbe confermare, modificare o persino ribaltare il dispositivo del giudice Clara Ruggiero. O anche due di queste tre cose contemporaneamente.
Oggi, le comiche. Ma pure ieri e l’altroieri. Al Teatro San Carlo, per servirvi.
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