Utopia. È la parola che si è ripetuta più spesso e che è curioso sia saltata fuori. Perché nell’ambito del teatro, della creatività in generale, di luoghi e spazi pieni di giovani e di artisti, utopia è una parola che non esiste. Esiste speranza, esiste gioia, esiste possibilità. Ma no, utopia no. Non esiste nemmeno per gli ex ragazzi della scuola Gian Maria Volonté, studenti della classe di recitazione, che nonostante si trovino nel mezzo di una delle cose, ad oggi, più utopiche del mondo – il teatro – non sono tanto ingenui da scadere in facili sentimentalismi – o forse è meglio dire: idealismi.
L’occasione è lo spettacolo Villa Dolorosa, il (non) palcoscenico è La redazione, seminterrato abbandonato lasciato al degrado e trasformato da altri, i ragazzi di Scomodo (unito a doppio nodo con Spin Time), che ne hanno fatto un posto da chiamare casa. Per loro, per chiunque, anche per qualche ospite: tra gli ultimi – e più prestigiosi – Ken Loach.
Per tre giorni (13, 14 e 17 gennaio) si esibiscono nelle repliche di un laboratorio di recitazione che ha preso la forma di una pièce da portare in scena, sotto la guida di Fabrizio Arcuri. Non solo esercizio accademico, ma banco di prova per far vedere a chi è fuori le mura della Volontè cosa hanno imparato.
Il testo è di Rebekka Kricheldorf ed è la rivisitazione delle Tre sorelle di Anton Čechov, parte della rassegna “BEIRICORDI presenta”, progetto che dal 2022 permette agli under 35 di confrontarsi con performance dal vivo e che ora ha preso sotto la propria ala anche spettacoli teatrali. Così moderno in questa nuova versione (pubblicata la prima volta nel 2015), così adatto alla vitalità e al guizzo famelico dei suoi protagonisti, giovani e già tutti avviati.
Famiglia, individui, collettività
Enrico Borello era in Lovely Boy e Settembre e sarà in Supersex e nel prossimo film di Gabriele Mainetti. Paola Buratto è alla seconda stagione di Call My Agent – Italia, mentre a debuttare nel nuovo Skam sarà Andrea Palma.
Su Netflix avrete visto anche Dharma Mangia Woods, al fianco di Christian De Sica e Angela Finocchiaro in Natale a tutti i costi (di cui ci aspetta il sequel), mentre sulla Rai è apparsa Francesca Parisi con la fiction A muso duro. Georgia Lorusso e Maria Chiara Orti le ritroverete presto, chi nel prossimo film di Francesca Comencini, chi nell’opera di Giorgia Farina. C’è anche un’altra ex alunna, Marilena Anniballi, che si cimenta con l’aiuto regia.
E la meraviglia di questo sogno utopico che presto scoppierà, una “famiglia” che per tre anni ha studiato insieme, ha seguito un percorso, è cresciuta e sta ancora crescendo, è un po’ l’equivalente dello spettacolo a cui danno vita. Il tema portante.
Un nucleo familiare con sogni e speranze che, ben presto, sono saltate all’aria. Incomprensioni, desideri infranti, antipatie. Ma soprattutto l’esplodere di un luogo sicuro (la Villa/la scuola) che diventa “dolorosa” quando deve scontrarsi con la realtà.
C’è da rimanere sorpresi di fronte a una simile onestà di intenti. Trovarsi davanti a un gruppo di attori – che sono attori al primo sguardo, lo capisci subito anche mentre fanno le prove, per come si vestono, per come interagiscono tra loro – che riconoscono il valore di quel momento di sacralità (recitare ancora insieme), ma coscienti che ognuno, prima o poi, prenderà la propria strada. Chissà se è l’industria audiovisiva italiana che glielo ha insegnato.
Villa dolorosa: tra “bei ricordi” e futuro
Alla bellezza del vederli collaborare nel progetto in cui credono, ti sbattono in faccia, se interrogati, la difficoltà di proseguire insieme nel futuro, pur accettando e condividendo in quel momento la creazione di una collettività che vorrebbero rimanesse tale anche un domani, ma di cui non possono essere poi tanto sicuri.
Sono interpreti che hanno studiato insieme, sono migliorati insieme, hanno vissuto insieme, e che insieme si concedono ancora un attimo, ancora un “ultimo spettacolo” per dirla alla Peter Bogdanovich, prima di prendere ognuno la propria strada. Poi magari non è detto che non si rincontreranno.
Ma è un peccato che per un simile gruppo sia complesso rimanere saldo, che pensare (sperare?) che ci siano altre pièce da realizzare sia parte di quell’utopia. È un peccato che in quel momento di scambio di energia, di corpi e di voci, non ci sia poi la certezza di un proseguimento.
Chissà se è a causa della disillusione di una generazione che di maestri ne ha avuti pochi e che i modelli da seguire li ha potuti guardare solamente da lontano, a cui è stato detto che la solidarietà, in questo mestiere, non esiste. Che è utopico, appunto, pensare di continuare l’uno di fianco all’altro. Che devono godersi a fondo ogni istante.
Lo sforzo, però, vale la candela. Come la nuova avventura di BEIRICORDI, che dimostra che quell’impegno comune ancora si può affrontare. Che sarebbe uno spreco lasciarlo sfuggire. Forse loro non lo sanno. Forse non lo vedono quanto sono belli da fuori mentre recitano insieme. Ma al pubblico è ancora concesso di sbirciarli. Possono farlo il 13, 14 e 17 presso La redazione. Destinazione: Villa dolorosa.
Per info e prenotazioni qui.
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