“Basta con storie orrende, personaggi feroci, violenza”. Esordisce così Christian De Sica, presentando I limoni d’inverno di Caterina Carone. “Perché non raccontiamo più cose belle, uomini e donne buone? E dio sa quanto ce ne sarebbe bisogno”. Sorride amaro l’attore, guardando la regista e la sua compagna d’avventure, Teresa Saponangelo.
Insieme hanno costruito un’opera piena di garbo e grazia, il racconto di un vicinato che diventa amore platonico, con due terrazzi che si fronteggiano a pochi metri l’uno dall’altro, speculari, a fare da palco, da balcone ideale di questi due Romeo e Giulietta, lui intellettuale che sta perdendo le parole, lei artista che ha perso i colori. Entrambi con un vuoto dentro, soli nonostante l’affetto altrui, si specchiano e si riconoscono.
“Abbiamo lavorato tanto su chi è Christian De Sica davvero – rivela la cineasta -. un uomo buono e gentile, pieno di un’eleganza naturale e di disponibilità verso gli altri. Il Christian che conosco io ma che magari immaginano in pochi. E il protagonista del film nasce da lì”. Un uomo smarrito e però aperto all’altro, come in fondo era anche il Walter di Fraulein. Lì lui aveva perso l’orientamento, qui ad andare via è la lucidità razionale, in favore di una nuova primavera emotiva.
I limoni d’inverno, la trama
Un uomo anziano, separato, sta scrivendo un libro. Forse l’ultimo. Esce, si fa per dire, solo per andare in balcone a curare le sue piante. Al bar non ci va, viene in compenso il cameriere per farlo pasteggiare a succhi e tramezzini, a fargli compagnia e a crescere un po’ alla sua ombra. Ha di fronte a sé una casa speculare alla sua, un terrazzo simile, un giorno occupato da una coppia. Sembrano brave persone, ma non sembrano felici. Cominciano a parlare lei, Teresa Saponangelo, e lui, Christian De Sica. Si sorridono, si (ri)conoscono. Lui insegna a lei che la felicità va conquistata, che devi metterti nella condizione di accoglierla, lei probabilmente gli dà l’ultima luce prima dell’arrivo del buio. Una storia semplice, tenera, perché “anche da momenti difficili, cupi, può nascere qualcosa di bello. Anche in inverno può nascere un limone”.
I limoni d'inverno
Cast: Christian De Sica, Teresa Saponangelo, Luca Lionello, Francesco Bruni, Max Malatesta, Agnese Nano, Annalisa D'Ambrosio
Regista: Caterina Carone
Sceneggiatori: Mario Luridiana, Remo Tebaldi, Anna Pavignano, Alessio Galbiati, Caterina Carone
Durata: 110 minuti
Le parole di Christian De Sica e Teresa Saponangelo
“Di storie drammatiche me ne hanno fatte fare poche. Di uomini per bene, nessuno. Questo è anche un film sul potere benefico e salvifico delle donne, come la mia Silvia: stiamo insieme da 50 anni, senza di lei sarei un mezzo scemo. Se faccio teatro o scelgo di girare un’opera come questo lo devo a lei, che mi incoraggia e crede in me. E dopo mezzo secolo ancora ridiamo tanto insieme”. Una favola nella favola che fa capire, con semplicità, come l’attore abbia pescato molto anche dal suo privato per questo personaggio. Capelli bianchi, viso che non si fa lo sconto neanche di una ruga, l’anima del papà che a volte riaffiora nel suo sguardo. “La mia fortuna è non essere solo, come il mio protagonista”.
Gli fa eco Teresa Saponangelo che confessa di “credere più nell’amicizia che nell’amore e questo sentimento che loro provano ha molto di entrambi. Non mi fa paura la solitudine ma continuo a pensare che il confronto con l’altro sia qualcosa di fondamentale. Comunque ho amato questo film anche perché con dolcezza ti ricorda il potere salvifico dell’arte: lui combatte la sua battaglia scrivendo, lei ricominciando a dipingere”. Si trovano d’accordo, e molto, sulla pigrizia di chi non sa vederli fuori dai loro personaggi più noti. “Sono anni che mi chiedo perché noi attori siamo sempre l’ultimo film che facciamo e peraltro neanche visto bene. Dopo È stata la mano di Dio almeno tre registi mi hanno offerto il ruolo di madre, e peraltro neanche con quelle note di commedia che a me piacerebbe percorrere, sarei felice di lavorare in un’0pera leggera e popolare che arrivi al grande pubblico”.
Esattamente il viaggio contrario di Christian De Sica. “Con Aurelio De Laurentiis facevo contratti di 5 film in 5 film: non li rinnego, mi hanno dato benessere e popolarità, mi sono divertito, ma erano anche una gabbia dorata. Quando Tornatore mi chiamò per L’uomo delle stelle dovetti rinunciare per Natale a Rio, e chiamò Castellitto. Per non parlare di tutti i film per cui ormai non ti vedono adatto o quelli che ho cercato di montare come regista. Ora con Paolo Virzì sto provando a realizzarne uno, I fannulloni, da un bel libro di Marco Lodoli, che da solo non mi fanno fare. Mi piacerebbe molto.
Così come fare I cognati con Carlo Verdone, l’ho pure detto ad Aurelio che dopo i due giorni di set su Vita da Carlo 2 mi ha detto “ma tu e Carlo siete grandiosi insieme, fate la terza stagione insieme”. Ora se ne accorge, ci ha tenuti separati per decenni! D’altronde così faceva due film l’anno invece che uno. Io comunque devo ringraziare un produttore non pigro, Massimo Di Rocco, che ha creduto in meo per fare questo ruolo per la regia Caterina Carone”. Sorride quest’ultimo, dichiarandosi disponibile anche per il film sui cognati.
Infine un’intemerata contro il politicamente corretto. “Una stronzata, metà di quello che ho fatto ora mi farebbe finire in carcere. Ma la comicità è cattiveria, senza, cosa rimane?”.
I limoni d’inverno, la recensione
Molti registi dimenticano che una storia lineare, semplice, diretta sa essere, se ben raccontata, come scrittura e visione, ben più potente di tanti esercizi di stile, opere piene di sovrastrutture e intellettualismi, film d’autore punitivi. Caterina Carone, che ha un gusto estetico raro nello scegliere e inquadrare luoghi meravigliosi – in Fraulein era la montagna, qui Roma recuperata in scorci del Celio come la meravigliosa strada che porta da Via Claudia verso la Fao, dietro Villa Celimontana – e una sensibilità speciale nel raccontare l’intimità pudica di due anime ferite, impaurite dalla vita e dal futuro.
In Christian De Sica trova un artista ansioso di mostrare la sua bravura, ma non invadente con il suo talento, felice di poter agire di sottrazione, di lasciare al personaggio alcune sue trovate raffinate e una malinconia che gli sta quasi meglio dei completi con cui esce con la sua vicina di casa; in Teresa Saponangelo un’attrice generosa e attenta, che mette cura e grazia in ogni scena, in ogni gesto. Con quel sorriso e gli occhi scurissimi e profondi che reggono qualsiasi primo piano.
C’è stata poi un’attenzione particolare in un casting calibratissimo, citiamo uno degli interpreti minori (per tempo in scena, non certo per talento) che ha avuto dalla carriera meno di quanto meritasse: Luca Lionello, in poche pose disegna un fratello affettuoso e ancora sanamente invidioso del fascino di quel vecchio ragazzo che era il preferito della loro amata mamma. Storie che abbiamo sentito, visto e vissuto tutti, ma che portate con questa bellezza sullo schermo assumono contorni nuovi. Storie in cui riconoscersi è un dolce lasciarsi andare.
Raccontare una vicenda umana semplice entrando nell’animo dello spettatore non è da tutti. E recitare così bene come Teresa Saponangelo e Christian De Sica neanche. Vedendo quest’ultimo, accarezzato dai bei movimenti di macchina della regista, dallo stile classico e rotondo, viene un po’ di malinconia. Viene da pensare “cosa si è perso, cosa ci siamo persi” (è da tempo che lo sappiamo: vanno sempre ricordati quei 6 minuti di The Tourist in cui con nonchalance mangia in testa a Johnny Depp).
Ricordiamocelo però, noi e lui: non è mai troppo tardi.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma