Quando risponde alle domande, Francesco Arca, al Giffoni Film Festival per incontrare i giovani giurati, guarda negli occhi il suo interlocutore. Potrà sembrare un’ovvietà. Ma non lo è. È indice di attenzione e rispetto ma anche di una schiettezza non sempre comune. Non a caso parla apertamente delle sue insicurezze – “Non mi sento all’altezza mai su nessun tipo di palcoscenico, in nessun tipo di confronto. Poi piano piano prendo coraggio e vado avanti” – o dell’importanza di ripensare il sistema burocratico delle adozioni.
Un tema al centro di Resta con me, la serie Rai che l’ha visto protagonista al fianco di Laura Adriani e Mario Di Leva e le cui riprese della seconda stagione “dovrebbero incominciare il prossimo anno”.
L’incontro con i ragazzi di Giffoni la carica di responsabilità?
In realtà no. Perché parlo sempre molto a cuore aperto, a grandi e piccini. Anche con i miei figli o i loro amici. Li tratto come persone adulte. Ad esempio, per quando riguarda la questione ambientale, ho avuto grossi rimorsi di coscienza. Mi sono accorto di fare veramente poco e li ho coinvolti. Gli ho detto che “nel nostro piccolo dobbiamo fare qualcosa”. Se i ragazzi di Giffoni mi parleranno del loro desiderio di voler fare i registi, gli attori o gli sceneggiatori dirò loro quello che penso. Glielo auguro perché c’è tanto bisogno di questa energia. Conoscendo il festival so che il messaggio e l’amore che loro danno a me è molto più forte di quello che io do a loro.
Sarà protagonista di Hotspot – Amore senza rete di Giulio Manfredonia. Cosa può anticipare?
Molto poco (ride, ndr). È una commedia romantica girata tra Roma e Napoli. Denise Tantucci è la protagonista femminile. Ma ci sono tantissimi altri attori con noi. È una storia d’amore tra due persone di età ed estrazione economica differenti. È un bel viaggio dentro questo sentimento.
Tempo fa è stato protagonista di un monologo per Le iene in cui sottolineava l’importanza di mettere in discussione il maschio alpha. Da uomo come vive l’emergenza sociale dei femminicidi?
Male. La cosa che posso fare io è lasciare un’eredità ai miei figli. Mi impegno veramente tanto a dialogare con loro, a spiegargli come bisogna comportarsi. L’importanza del rispetto per gli esseri viventi. Tutti. A maggior ragione però nei confronti di una donna. Sono messaggi che vanno subito passati ai figli. Non so quello che si può fare per placare questa piaga se non parlare con i più giovani, andare nelle scuole, mostrare loro dei documentari che trattano questo argomento. Dobbiamo investire sui ragazzi. Il cinema è magia. È il miglior insegnante al mondo. Può far capire che c’è sempre una seconda possibilità. Non siamo mai obbligati a fare qualcosa.
In quel monologo parlava anche delle sue insicurezze. Soffre della sindrome dell’impostore?
No. Semplicemente ho un’insicurezza cronica dentro di me. Non mi sento all’altezza mai su nessun tipo di palcoscenico, in nessun tipo di confronto. Poi piano piano prendo coraggio e vado avanti (ride, ndr).
In Resta con me si parla adozione. Un tema complesso per il nostro paese. Crede si debba rivedere il sistema?
Assolutamente sì. È un argomento di estrema importanza. Il sinonimo di adozione è salvare. Se adotto un bambino, un animale, una tematica sociale, salvo quel bambino, quell’animale, dell’idea. Ci dovrebbe essere una duttilità e un’apertura enorme da parte delle istituzioni e della burocrazia per cercare di rendere il sistema di adozione più veloce. E poi non c’è bisogno di nessun requisito umano. Posso stare con una donna, con un uomo, essere single e avere tutto quello di cui un bambino ha bisogno.
Ha detto che il cinema è magia. Ma il cinema è anche sogno. Lei cosa sogna per il suo futuro professionale?
Tantissime cose (ride, ndr). Ogni tanto apro il cassetto dei miei sogni e gli do una sbirciata. Li tengo lì, ma vanno sempre guardati e immaginati. Ci devi credere tantissimo.
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