Giordana Marengo ha cominciato a recitare per caso, scoperta durante uno dei tantissimi provini per La vita bugiarda degli adulti, serie originale Netflix. In quel momento, all’improvviso, ha capito che cosa voleva dalla sua vita. Per essere felice, dice, era importante trovare una verità diversa, che per qualcuno coincide con le bugie e che invece è solamente un’altra interpretazione della stessa visione.
Sul set ha imparato a controllarsi, a trovarsi e a conoscersi. Ha raggiunto il suo equilibrio e il suo mondo. Oggi, confessa, vuole andare via, lasciare Napoli. Perché sa che per amarla davvero deve essere pronta a dirle arrivederci, almeno per un po’. Vuole spostarsi a Roma e prendere lezioni di recitazione. Uonderbois, il suo secondo progetto, le ha aperto gli occhi esattamente su questo: su quanto sia fondamentale saper cambiare.
Mentre ricorda la sua infanzia e gli anni della scuola, Marengo scava nella memoria e nei sentimenti. Pensa a quando era più piccola, alle difficoltà che ha superato. Riflette sul liceo e sui suoi professori, e poi, ovviamente, su se stessa. Quando ha visto per la prima volta La vita bugiarda degli adulti, non ha pianto. Ha pianto, sottolinea, quando in una scena è comparsa la sua migliore amica. Parla di felicità e paura, di social e provini. E mostra una consapevolezza precisa, adulta. “Io”, conclude, “ho solo vent’anni”.
Aveva letto il libro di Elena Ferrante prima di fare il provino per La vita bugiarda degli adulti?
No, no. L’ho recuperato dopo. Prima, confesso, non leggevo molto in generale. Ultimamente sto provando a leggere di più. Quando l’avevo preso, l’avevo fatto per regalarlo a mia madre, e basta.
Che cosa l’aveva attirata?
Il titolo. Mi sembrava quasi ironico.
Quindi è stato tutto un caso.
Esattamente. Ho visto il libro, il titolo mi ha colpito e ho deciso di comprarlo.
Un’amica di sua madre le ha detto di essere uguale a Giovanna. Quando ha recuperato il libro, si è trovata d’accordo?
In quel periodo giravo tutti i giorni. Quindi, le dico la verità, non mi sono fermata a rifletterci. Vivevo l’attimo. Quando ho riguardato la serie, però, ho notato una cosa.
Cosa?
Che quasi non mi sono dovuta sforzare per recitare. Perché ero veramente simile a quel personaggio dal punto di vista caratteriale. È abbastanza strano quello che è successo.
Strano in che senso?
Sembra tutto un puzzle. Io non sto facendo niente. Lo so, è brutto da dire. Però è come se le cose, in questo momento, mi capitassero. Come se fosse previsto così. E io mi sento veramente fortunata.
Prima di questa esperienza, ha mai pensato di fare l’attrice?
Non è che non ci ho mai pensato, è che non ne ho mai avuto l’occasione. Quando ero più piccola ho fatto un po’ di teatro per qualche mese, ma senza impegnarmi davvero. Però mi è sempre piaciuta come idea.
E perché non l’ha detto?
Perché voler fare l’attrice è una di quelle cose che, quando le dici, ti fanno sentire piccola, ti fanno vergognare. Era un mio segreto. Le persone tendono a sottovalutarti.
Insomma, è sempre stato un suo desiderio.
Sempre. Anche se in altre interviste non l’ho ammesso, è una cosa che ho sempre voluto fare questa.
Che cosa la intrigava così tanto del mestiere dell’attrice?
Specialmente durante le superiori la mia vita era abbastanza strana. Era un periodo complicato. E mi piaceva scappare dalla realtà. Mi rifugiavo in quello che vedevo nelle serie e nei film. Crescendo mi sono resa conto che non facevo altro che recitare. Facevo dei veri e propri dramma. Ora, però, capisco che forse è derivato tutto da questo.
La sua vita, ha detto, era strana.
Più che altro, era monotona. Proprio come è monotona la vita di chiunque. E questo loop che si crea nella nostra quotidianità mi fa paura.
Recitare può essere la cura?
Può essere un’occasione per vivere vite diverse, per immedesimarsi in altre persone e personaggi. Puoi girare mille film, interpretare mille ruoli, e sentire ogni volta qualcosa di differente. E quando senti, senti davvero. Chi recita, secondo me, vive al massimo.
Non rischia di essere un pericolo? Di non ritrovare più sé stessa in mezzo a tutte queste vite?
Ah boh.
Nel caso di Giovanna, le è capitato di rivedersi nella sua storia?
Sì, però era più un: “ma le somiglio veramente così tanto?” Non: “Oddio, il personaggio sta prendendo il sopravvento!” So che ci sono stati degli attori che nel corso della loro carriera, per aver interpretato personaggi particolarmente complessi, sono stati male. Ma non è stato il mio caso.
Ultimamente ha recitato in Uonderbois, la prossima serie di Disney+.
Ho avuto a che fare con un mondo che non conoscevo. C’erano bambini, genitori… Una realtà completamente diversa rispetto a La vita bugiarda degli adulti. E anche il ruolo che ho interpretato è stato differente.
Differente rispetto a cosa? A chi?
A me, soprattutto. Con Giovanna, come le dicevo, è stata una partita facile. Questo ruolo qui no, è stato più difficile. Ma in questa difficoltà, forse, è stato anche più divertente. Se stai attenta, finisci per imparare cose che non conoscevi di te stessa.
Ho letto che non le piacciono le bugie. Però fare l’attrice, in qualche modo, significa anche questo: mentire.
Certo. Però sono due tipi diversi di bugie. Non mi piacciono le bugie nella mia vita. E poi quando si recita, secondo me, si ha a che fare con una verità diversa. Non una vera e propria bugia. È una verità che appartiene a qualcun altro. Io dico che non mi piacciono le bugie perché spesso le ho dette, e a volte rifletto sulle conseguenze che hanno avuto.
Quale liceo ha frequentato a Napoli?
Il Mazzini. Andavo a Scienze Umane.
E quando ha finito voleva andare all’università?
Assolutamente no. Per questo, prima, le dicevo del puzzle. Quando ho finito il liceo non sapevo assolutamente che cosa fare. Avevo il nulla in testa. Con La vita bugiarda degli adulti ho scoperto una passione. E poi ne ho scoperte altre mille. E di questo sono estremamente grata.
Prima che passioni aveva?
Facevo ginnastica artistica, ma non sono mai stata brava. Suonavo il pianoforte, ma non l’ho mai studiato seriamente. Ancora oggi non so leggere lo spartito. Quindi, diciamo così, non ero brava quasi in niente. Mi sentivo un po’ persa. Non sapevo dove andare. E invece Edo… Edoardo De Angelis, mi perdoni… mi ha fatto capire che forse c’è una roba che so fare. E che se non la so fare proprio come si deve, posso imparare.
Qual è l’aspetto più importante in tutto questo?
Che quello che sto facendo mi piace.
Com’è stato lavorare con Valeria Golino?
Alla fine io ho lavorato per la prima volta con tutti, non solo con lei. La vita bugiarda degli adulti ha segnato il mio esordio. Ho chiaramente avvertito l’importanza di Valeria sul set, non dico di no. Però io ne sapevo veramente poco. Mi sono mossa come faccio sempre: trattando tutti nello stesso modo. Dopo, riguardando la serie, ho capito che mi ha lasciato delle cose.
Per esempio?
Mi sono ispirata a lei, a quello che faceva. È stata un punto di riferimento.
Dopo La vita bugiarda degli adulti e Uonderbois, ha intenzione di iscriversi a un corso di recitazione o vuole continuare a seguire il flusso degli eventi?
No, io adesso studierò. Io devo studiare, anzi. Devo impegnarmi. Ho l’idea di andare a vivere a Roma, a un certo punto. Pensavo verso novembre, perché prima ho un altro trasloco da fare qui a Napoli. Mi sposterò a piazza Dante, al centro, e non sarò più una ragazza del Vomero (ride, ndr).
Ha già in mente una scuola in particolare?
Non voglio fare qualcosa come il Centro sperimentale. Me l’ha consigliato anche la mia agente. Forse chiudersi in un’accademia, dove è anche difficile entrare, non è la soluzione migliore quando hai la possibilità di lavorare. Ho bisogno di un insegnante privato. Intanto sto facendo altre cose. Come chitarra e canto.
Che rapporto ha con i suoi vecchi amici del liceo? È cambiato dopo la sua partecipazione a La vita bugiarda degli adulti?
Sì, diciamo di sì. Faccio una piccola premessa: io non ho tanti amici, e ho sempre avuto un po’ di paranoie rispetto a questa cosa.
Cioè?
Avevo paura di incontrare persone unicamente interessate alla serie e non a me. E qualche volta è stato così. Mi hanno chiesto anche dei miei guadagni.
E con il pubblico, invece?
Le persone che mi fermano hanno tutte tra i quaranta e cinquant’anni, qualche volta trenta. Sono adulte. E in un certo senso lo preferisco.
Perché?
Non sono una grande fan della fama dell’attore. Non vorrei ritrovarmi in una situazione come quella di Mare Fuori, in cui gli attori vengono fermati ovunque. È una cosa che mi spaventa. Preferisco il mio piccolo seguito di signori e signore. Se mi fermano, mi fermano perché gli è piaciuta veramente la serie. Non perché sono carina o altro.
Ritorniamo, per un momento, ai suoi amici.
Con Cloe, la mia migliore amica, non è cambiato niente. Siamo cresciute insieme. Altri amici, invece, sono ancora al liceo. Sono cambiati, sì, ma sono cambiati anche perché l’ho deciso io. Ho lavorato, fatto altre esperienze, visto un altro pezzo di questo paese, e ora ho una consapevolezza diversa.
Che cosa ha imparato?
Ho imparato a controllarmi, a trattenere la rabbia che provavo in continuazione. Mi è rimasto come un senso di responsabilità profondo.
Per che cosa provava rabbia?
A scuola non mi trovavo bene. Odiavo, e odiavo davvero, quell’ambiente. Il mio liceo era un liceo prettamente femminile, e i miei professori erano chiusi. Fermi nelle loro idee. Ad alcuni dava fastidio la mia diversità, il modo in cui mi vestivo o in cui mi comportavo. E questa cosa, per me, è diventata l’ennesima paranoia. Sono arrivata quasi all’esaurimento nervoso. Sono stati degli anni veramente di merda per me. Fin dalle elementari.
Addirittura.
Ricordo che mia madre mi portò via dalla mia prima scuola perché alcuni maestri, quando qualcuno si comportava male, ci facevano mettere la testa sul banco e non ci permettevano di muoverci.
Con la seconda scuola andò meglio?
Era piccola, si trovava al Vomero. Facevamo lezione in palestra, e quando dovevamo fare ginnastica mettevamo via i banchi e le sedie. Era una palestra piena di specchi.
È stata un’infanzia intensa, la sua.
Potrei scriverci un libro pieno di tutte queste cose (ride, ndr). Ma è anche grazie a queste esperienze che oggi sono così. A quattordici anni fumavo, ed ero isolata. Le mie amiche prendevano buoni voti. E io restavo indietro. Adesso, in un certo senso, le ho superate. Perché ho vissuto e provato cose che loro, probabilmente, vivranno e proveranno tra diverso tempo.
La sua famiglia, invece, come ha reagito al suo successo?
Ho un fratello che vive in un camper, che non ha internet e che forse la serie non l’ha nemmeno vista. Intendiamoci, non mi dispiace. Lo capisco. Poi ho un altro fratello, che vive a Roma e che lavora già nel cinema. E che quando ha saputo del provino, conoscendomi, mi ha detto: non ce la farai mai, finirai per impazzire.
Non è andata così.
No, per niente. Io volevo stare sempre lì, sul set. Non me ne volevo andare.
Quando avete finito di girare, le è mancata quella realtà?
Sì, moltissimo. Per questo ho preso Stella, la mia cagnolina.
I suoi genitori che cosa le hanno detto?
Sono stati contenti. Quando ho saputo di essere stata presa ero a Ischia, con la mia migliore amica. E ho chiamato mia madre. Quando gliel’ho detto aveva questa faccia strana, che non le so descrivere. So che ha visto più volte la serie.
Grazie a La vita bugiarda degli adulti, ha conosciuto una Napoli diversa?
Io sono del Vomero, e non ho mai frequentato molto la Napoli più popolare. Ci sono passata ogni tanto, camminando. Ma la cosa che mi è più piaciuta è conoscere le persone di questi quartieri. Ho scoperto che questa divisione che c’è a Napoli, tra la parte alta e quella bassa, non è vera. Ho scoperto che i napoletani sono tutti esseri umani e sono tutti fallibili. Non è abitare a Posillipo o al Vomero che fa di te un individuo migliore. Siamo tutti figli della stessa città.
Non le dispiace andare a Roma, ora?
No.
Perché?
Penso che per amare davvero una cosa sia importante abbandonarla ogni tanto. Io vivo qui, a Napoli, e mi sento come in un castello. Ho viaggiato, sì, ma mai da sola. Sono andata a Berlino, ad Amsterdam, a Barcellona… Ma non ci ho vissuto. Non ero la persona che sono adesso. Se non me ne vado ora, me ne pentirò per sempre.
Quindi il suo è anche un modo per ritrovare Napoli.
Assolutamente, ed è anche un modo per ritrovare me stessa. Sono contraria all’idea di mettere radici, di comprare casa. Quando guardo i miei genitori e la solidità che hanno costruito, mi sento triste. La mia paura più grande è quella di rimanere confinata nello stesso posto.
L’esperienza di Uonderbois è stata diversa?
Prima di tutto, non sono andata ogni giorno sul set. E ne ho sentito la mancanza. Mi sono concentrata sulla mia fortuna, ecco. Su Uonderbois, poi, c’erano due registi, e ho dovuto imparare a relazionarmi con due persone distinte e con le loro visioni. Sono stata messa alla prova, e ho capito nel profondo il significato di recitazione. Uonderbois è una serie fantasy, quindi per me è stato più difficile immergermi in quella dimensione.
Le dà fastidio rivedersi?
Da sola no, se sono con gli altri sì. All’anteprima de La vita bugiarda degli adulti, stavo morendo. Venivo dal set di Uonderbois, e dovevo fare anche la pipì.
Quando l’ha vista la prima volta?
Ero in treno. Ho avuto per tutto il tempo questa faccia strana, quasi imbarazzata. Pensavo di piangere fin dalla prima inquadratura, le dico la verità. Ma non l’ho fatto. Ho pianto in un altro momento.
Quando?
Quando compare la mia migliore amica, Cloe, che fa un piccolo cameo nella scena del centro sociale.
Ci sono film o serie che riguarda con piacere?
Molti anni fa ho visto Ragazze interrotte e ogni tanto se mi capita lo riguardo. Quello è un film che mi sta particolarmente a cuore, soprattutto per il tema che affronta. Un giorno spero di poter recitare in una produzione del genere.
Come usa i social? Soprattutto adesso, dopo la serie.
Instagram per me sarà sempre e solo un meme. Lo uso per condividere ciò che mi piace. E pubblico davvero qualsiasi cosa. Anche quello che mi fa ridere. Non riesco a prenderlo seriamente.
Non ci sono controindicazioni, secondo lei?
Se c’è una cosa che detesto è che tutto, oramai, gira intorno ai soldi. E io non voglio diventare così. Mi limiterò a promuovere i miei lavori, sì, ma senza esagerare. Ricordandomi sempre che ci sono delle persone dall’altra parte che mi guardano e seguono.
Lei, adesso, è felice?
A tratti.
Perché?
Perché… Perché? Perché siamo esseri umani. Perché nel mondo in cui viviamo oggi dimentichiamo continuamente la nostra mortalità: anzi, vogliamo dimenticarla. E la verità è un’altra. È che niente conta davvero, e che ogni momento va vissuto per quello che è. Non dobbiamo consegnare la nostra felicità a un unico evento. A, che ne so, un provino che va bene o va male. Per questo rispetto mio fratello che vive in un camper e che fa quello che ama, cioè il giocoliere. Ha tantissime difficoltà. Eppure sa qual è la sua felicità.
Lei lo sa?
A volte no, ed è questa sicurezza che mi manca. Questa consapevolezza. Spesso mi guardo attorno e vedo colleghi che hanno la mia stessa età disperarsi per i numeri, per i like, per i commenti… E provo paura.
Che cosa conta per lei ora?
Non è una situazione specifica. È una situazione che può arrivare in qualunque istante. È quando il peso che sento sul petto se ne va e posso respirare a fondo. Mi capita di chiedermi che cosa sia a rendermi felice. E puntualmente scopro di non saperlo. Dopotutto, ho solo vent’anni.
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