Solo negli ultimi due anni Idris Elba si è cimentato in un’ampia gamma di ruoli. Dai cattivi con pistola (Rufus Buck in The Harder They Fall) a popolari detective tv passati momentaneamente al grande schermo (Luther in Luther: Verso l’Inferno), da geni che realizzano desideri (il Djinn di Tremila anni di attesa) a divinità norrene (Heimdall in Thor: Love and Thunder) e personaggi di videogiochi (Knuckles in Sonic 2 – Il film), levandosi anche lo sfizio di affrontare un leone a mani nude (Nate Samuels in Beast). Un mix, diciamo, piuttosto eclettico.
Nella nuova serie in sette episodi Hijack, su Apple TV+ da mercoledì 28 giugno – di cui Idris Elba è anche produttore esecutivo con la sua casa di produzione Green Door (l’unico progetto portato a termine dopo l’accordo con lo streamer) – l’attore è Sam Nelson, un negoziatore commerciale che in un volo da Dubai a Londra cerca di salvare il suo matrimonio in crisi.
Come suggerisce il titolo il viaggio non è esattamente privo di stress, visto che un gruppo di spietati criminali prende quasi subito il comando del velivolo. Ma anziché imboccare la strada dell’action-thriller alla Sotto assedio, il film prende una piega diversa, con Nelson che lavora d’intelligenza ed empatia per comunicare con le autorità a terra (guidate da Archie Panjabi e Max Beesley), cercando nello stesso tempo di disinnescare l’emergenza sull’aereo. Ci sono sequenze di combattimento, ma anche il silenzioso scambio di messaggi in codice tra i passeggeri e un tentativo di Nelson di intrufolarsi di nascosto nella cabina di pilotaggio. Ad aumentare la tensione, la scelta di far svolgere Hijack in tempo reale (la durata è quasi identica a quella di un volo di sette ore da Dubai a Londra).
Parlando con The Hollywood Reporter a Londra, prima dell’anteprima mondiale di Hijack, Elba ha raccontato l’eccitazione e l’incertezza del momento, il ritorno dietro alla macchina da presa per il secondo film da regista in Infernus (per la prima volta dirigerà se stesso), e i piani per un altro film su Luther. E sì, ha anche parlato di James Bond (e di come qualsiasi frase che pronunci su un franchise cinematografico che non ha “mai interpretato” finisca regolarmente su Google Alert).
Hijack è un progetto tv unico nel suo genere: in tempo reale, in un’unica location o quasi. Ha mai fatto qualcosa di simile?
No, è una scelta voluta. Cercavo qualcosa di diverso. Volevo sperimentare qualcosa che fosse subito “lo amo o lo odio”. In The Wire e in Luther il personaggio si costruisce lentamente. Qui ci troviamo in una situazione completamente diversa: si intitola Hijack (Dirottamento, n.d.t.) e il mio personaggio è al centro della scena. Lo spettatore si immedesima subito, pensando a cosa farebbe se fosse al suo posto. Questo aspetto mi interessava molto. Mi piaceva l’idea di fare una serie che offrisse spunti, che facesse parlare la gente. “Avete visto che figata? Questa roba l’hanno fatta proprio bene”.
Cosa può dire delle riprese?
Sembrava di stare in teatro. La location era uno spazio minuscolo. Avevamo 400 attori e ci conoscevamo tutti. È stato bello, strano. Abbiamo girato il più possibile in sequenza, per due motivi. Da un lato perché ci sembrava giusto non fare salti temporali. Dall’altro perché, in effetti, abbiamo finito di scrivere gli ultimi episodi durante le riprese.
Ha partecipato alla stesura del copione?
Non alla scrittura vera e propria. Sono stato presente in fase di progettazione, per tracciare e pianificare la storia. Ho partecipato con la mia casa di produzione, la Green Door. La serie l’abbiamo chiamata in modi diversi. A un certo punto avrebbe dovuto chiamarsi Kingdom, come il Regno Unito. Del resto siamo su un volo da Dubai a Londra.
All’inizio pensavo, ingenuamente, che fosse un film molto “fisico”. Sono rimasto piacevolmente sorpreso, invece, quando ho capito che si trattava di qualcosa di diverso. Questo approccio è stato uno dei motivi che l’hanno convinta a partecipare?
Assolutamente sì. Ho sfogliato il copione pensando che non avevo alcuna voglia interpretare un tizio invulnerabile che si fa strada lottando. Siamo tutti vulnerabili, cazzo. Esistono già svariate versioni di film come questo in cui arriva uno e dice: “Tranquilli, ci penso io”. Mi pareva fosse una buona scelta, anche sul versante professionale. Mi piace che la gente non sappia cosa aspettarsi da me, dai miei ruoli. Mi permette di essere fragile senza che il pubblico pensi: “È strano per lui, di solito è un duro”.
A proposito di duri, Neil Maskell è terrificante nei panni del dirottatore. Un paio di anni fa ha girato un film incredibilmente brutale, Bull, violento in modo quasi respingente. Nella vita reale si comporta un po’ meglio ?
È un tenerone. Ma sì, capisco. Non ha un metodo, direi che è un attore che vive il momento. Abbiamo ricreato un ambiente realistico, molto intenso, e lui era completamente immedesimato nel suo personaggio. Un attimo prima eri convinto che ti odiasse per davvero, un minuto dopo era lì a parlarti di suo figlio.
Hijack ha cambiato il suo rapporto con gli aerei?
Assolutamente sì. Di solito, quando volo, il personale di bordo viene a salutarmi, a fare due chiacchiere. Un po’ di tempo fa su un volo per Los Angeles è morto un uomo ed è stato orribile, piangevano tutti. La gente mi guardava e io cercavo di essere il più tranquillo e amichevole possibile. Quando sei un personaggio pubblico, è come se fossi una specie di medico. Ho detto che stavo girando una serie su un aereo, e ho chiesto se ci fosse qualcosa che potessi fare per aiutare. Immaginavo cosa stessero provando. Non potevamo dire a tutti che quell’uomo era morto, ma dovevamo dire che qualcuno stava male. E sapevo che, una volta a terra, sarebbe salito a bordo un medico legale.
A parte Hijack, al recente festival di Annecy sono stati proiettati alcuni teaser dell’animazione per adulti Fixed. Com’è stato dare la voce a un cane tosto e castrato?
È stato molto, come dire? Liberatorio. Ma non è certo un film per bambini.
In stile Sausage Party – Vita segreta di una salsiccia?
Abbastanza. Spero che alla gente piaccia, perché rappresenta molto bene il mio senso dell’umorismo.
È stato appena annunciato il suo prossimo lavoro come regista: Infernus. Il suo debutto alla regia, con Yardie, risale al 2018. Perché ha lasciato passare tanto tempo? Che stimoli cercava per tornare dietro alla macchina da presa?
Probabilmente ci sarei arrivato molto prima se il mondo intero non avesse, diciamo, sbandato. Sia come regista che come attore, non volevo ripetermi. La storia mi convinceva e pensavo di poter realizzare un buon thriller d’azione. È la prima volta che dirigo e recito, è molto impegnativo. Da una parte lo desideravo moltissimo, dall’altra ne avevo una gran paura. La star di un film è sotto gli occhi di tutti. Ma anche il regista è al centro delle attenzioni di chiunque. La preparazione, in un film del genere, è una parte importantissima.
Ed lo gira con Millennium Media…
Tanto di cappello alla Millennium. Si sa che fanno solo un certo tipo di film e questo progetto è qualcosa di leggermente diverso. Cioè, siamo ancora nell’ambito del loro genere, ma mi hanno dato l’opportunità di fare tutto a modo mio. Mi hanno sostenuto e mi hanno permesso di mettere in piedi la squadra che volevo.
Disse di voler realizzare un album musicale ispirato ai suoi personaggi. A che punto è?
Il progetto musicale non è andato molto avanti. Mi sono concentrato su altro. Per l’album ho bisogno di mettere da parte ancora un paio di personaggi memorabili. Ne ho una manciata a disposizione.
Quale genere musicale associa a Sam in Hijack?
In effetti Sam potrebbe essere uno di quei personaggi memorabili. Stiamo tutto il tempo con lui, siamo bloccati in quella situazione insieme a lui. È un uomo un po’ triste. Molto emotivo. Uno da suoni elettronici, acustici, autentici.
James Bond è un personaggio che la perseguita da anni. Il prossimo attore scelto per il ruolo sarà, probabilmente, un insospettabile. C’è qualcuno che sarebbe adatto, secondo lei?
No, guardi: ogni volta che pronuncio una frase su Bond, finisco su Google Alert. Voglio starne alla larga. Mi diverte sempre molto rispondere a domande su un personaggio che non ho mai interpretato.
Le pesano le voci che la danno regolarmente come “nuovo Bond”?
Non direi che pesano. È un enorme complimento. Ma il fatto è che qualsiasi cosa dica su Bond, diventa una notizia. Qualsiasi cosa. Il tempo di pensare “perché l’ho fatto?” ed ecco la notizia: “IDRIS PENSA…”.
Crede che quelle voci abbiano avuto un impatto sulla sua carriera?
Non lo so davvero. So di avere una base di fan, ma le persone che non mi conoscono, magari mi hanno scoperto grazie a Bond. “Idris, chi?” e poi iniziano a cercarmi su Google. È un fenomeno interessante, che fa anche riflettere sull’essenza di Bond, su quali siano le caratteristiche di chi lo possa interpretare. Ma non credo che abbia cambiato il corso della mia carriera.
Qual è il suo prossimo film?
Il prossimo è Infernus, che gireremo a ottobre. E stiamo valutando un altro capitolo di Luther.
Un altro film su Luther?
Sì. È ancora presto. Sappiamo cosa vogliamo e quali siano le opportunità. Onestamente: lei parla di Bond, ma io rispondo John. Penso che sia molto simpatico. A volte hai bisogno che sia un bravo ragazzo ad affrontare i cattivi. John non è qui per negoziare.
È circolato di recente un suo cameo in Extraction 2, di Netflix. Un piccolo ruolo destinato a diventare più grande?
È un film fatto incredibilmente bene e ci sono entrato per un favore personale: Chris (Hemsworth) è mio amico e adoro lavorare con lui. Quindi si vedrà. Non lo so. Non c’è nulla di ufficiale. I film di Extraction sono pura azione e divertimento. Certo, c’è sempre la possibilità che quel che abbiamo costruito nel primo film venga ppi ripreso e ampliato.
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