Selene Caramazza ha un tipo di talento ipnotico. Indossa il personaggio, diventa parte della storia (e non viceversa: pur mantenendo una sua riconoscibilità, mai piega il racconto a sé) e quando comprendi a fondo la sua bravura e il suo talento, è già troppo tardi, il personaggio che interpreta ti inghiotte nelle sue contraddizioni, nella forza fragile di quegli occhi che mutano dalla dolcezza alla durezza in una frazione di secondo, a volte tenendo entrambe con sé.
L’ultimo anno, l’ultima stagione cinematografica e della servilità, dopo gli inizi in tv e l’exploit in Cuori Puri nel 2017, in cui la battaglia della sua purissima Agnese consegna al cinema italiano due grandi giovani attori (lei e Simone Liberati) e un eccellente regista (Roberto De Paolis, più recentemente apprezzato per Princess), è stato quello della consacrazione. Non a caso il Bardolino Film Festival diretto da Franco Dassisti le ha consegnato il premio Scintilla – il riconoscimento che va a chi ha “acceso” il mondo dell’audiovisivo, diventandone una delle luci più potenti – e il pubblico delle sale e delle serie l’ha investita di un grandissimo affetto. La incontriamo alla Villa Carrara Bottagisio, pochi minuti dopo la consegna della piccola Preonda, replica di quella che è sita sul lungolago e nei secoli è stato tribuna per improvvisati comizi e proteste, banco di mercati e tavola di pietra rozza levigata usata dai banditori comunali.
Look all black, come le sue ultime eroine (da Leonarda in The Bad Guy a Luisa in Spaccaossa, il dark è inevitabile), capelli corti al posto della lunga chioma con frangetta degli anni scorsi. Il sorriso e gli occhi si accendono improvvisi e potentissimi proprio come sul set, per una parola, una suggestione, una riflessione o la confessione di una passione come quella “per Rosetta dei Dardenne, forse è lì che ho deciso di fare l’attrice”.
Quando si incontra un’attrice di grande talento spesso ci si duole dei personaggi non all’altezza che è costretta ad accettare. Nel suo caso, non ha mai interpretato donne che fossero (solo) la moglie, la fidanzata, la sorella di, figure complementari e accessorie al protagonista maschile, ma ha incarnato sempre caratterizzazioni molto originali, indipendenti. Lei fin dall’inizio ha fatto delle scelte e opposto rifiuti a ruoli penalizzanti?
Beh, in realtà è stato un mix, sicuramente un caso perché soprattutto all’inizio non avevo la possibilità di scegliere, però ho avuto la fortuna di ritrovarmi con dei personaggi molto importanti, con dei ruoli femminili molto ricchi. Penso a Cuori Puri, Agnese nella timidezza e nella purezza trovava la sua forza, risultava imprevedibile nella sua crescita, così come nell’ultimo anno è successo con The Bad Guy in cui ho avuto la possibilità di lavorare su un personaggio molto internazionale, una donna molto forte, spavalda, dritta, che amo follemente. Di sicuro però ho anche scelto quando era difficile farlo, ho rifiutato dei ruoli che andavano radicalmente contro quello che desidero dal mio lavoro. Poi, ripeto, devi ringraziare anche la sorte: l’agente del Ros Leonarda Scotellaro della serie diretta da Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana è una perla rara, non mi era mai capitato di leggere su un copione una donna così forte, con una personalità tanto sfaccettata e originale. E devo ringraziare questi due registi che dietro i miei capelli lunghi, la mia frangetta, un’apparenza quasi dimessa hanno visto quella “femmina” grintosa, mi hanno rapata a zero e vestita e truccata e scoperto una parte di me che forse neanche io conoscevo.
Quindi qualcosa sta cambiando?
Sicuramente. Oggi abbiamo sempre più bisogno di donne forti, indipendenti: questa è l’immagine che abbiamo oggi dell’Italia e che ci viene restituita anche nella quotidianità, questi sono i racconti che pretende il pubblico, che credo sia maturato molto, non si accontenta più di facili stereotipi. Ed è evidentissimo nella serialità dove tu puoi approfondire, cesellare uomini e donne nel corso di diverse ore di narrazione, grazie a ottimi sceneggiatori che hanno ritrovato uno spazio che forse il cinema degli ultimi decenni gli aveva tolto.
L’impressione è che sia cambiata radicalmente dai tempi di Agnese e di Cuori Puri.
Sicuramente quello di Agnese per me è stato un percorso molto importante, mi ha fatto capire che tipo di attrice volessi essere, che lavoro volessi fare sulla drammaturgia. Io ho frequentato per tre mesi una comunità religiosa di Tor Sapienza a Roma per fare quel ruolo, sono una che i personaggi se li porta ovunque, che non ne esce quando il regista urla stop o la giornata di set finisce. Agnese ha quella purezza, quella fragilità ma allo stesso tempo è anche molto ferma, molto decisa nelle sue scelte, ha una sua soavità ma è anche profondamente radicale. Grazie a lei ho avuto la possibilità di fare altri personaggi che in qualche modo mi chiudevano ancora un po’ in quella chiave di purezza.
Mica tanto. Ricordo Giusi nel bellissimo Prima che la notte di Daniele Vicari su Pippo Fava.
Vero, lei era già anche altro, era più selvaggia, è stato un passaggio importante della mia carriera, un ruolo che ancora adesso ha una sua unicità nel mio percorso.
Ha detto Michele Placido a Bardolino, con orgoglio, “sono uno strumento musicale”. Quanto è importante trovare chi ti suona al meglio?
Tantissimo. Stasi e Fontana in The Bad Guy hanno captato delle cose che risuonavano in me di Leonarda con un intuito che ancora adesso mi sorprende, mi hanno totalmente trasformata e grazie a quell’atto di coraggio e di fiducia, ho potuto mostrare anche un altro lato di me, altre mie qualità. Vincenzo Pirrotta proprio sul set della serie, al catering – non avevamo scene insieme in nessuna puntata – mi ha chiesto la disponibilità per Spaccaossa, un’opera che racconta una Palermo nera, ferita di persone che si fanno mutilare per avere vantaggi assicurativi. E questi personaggi più duri, più graffianti mi piacciono da matti, ho sempre voluto abbracciare donne diverse, rendermi riconoscibile non in quanto viso, ma in quanto attrice, per il mio lavoro e non per la mia immagine. Registi così sono preziosi, perché quanto trovi qualcuno che ti permette di aprire il ventaglio e di far vedere più sfumature, aumentano anche gli stimoli dell’attore.
Che tipo di attrice è lei? Il soldato che obbedisce, l’interprete ossessiva e capace di diventare chiunque o l’artista che pensa di avere una sua cifra espressiva, una sua autorialità attoriale e che vuole confrontarsi con il regista?
Io ho bisogno del contatto, di confrontarmi su tutto ciò che riguarda il personaggio e parto sempre da me cercando di trovare qualcosa che posso dare in più rispetto a quello che già c’è scritto del personaggio. Poi ho avuto la possibilità di lavorare anche con dei registi che mi hanno dato la possibilità di mettere qualcosa di mio, qualcosa che a loro evidentemente è piaciuto.
Colpiscono molto delle sue interpretazioni quei particolari “controvento”. L’eleganza rude di Leonarda nei movimenti, quell’atteggiamento alla Doinel di Truffaut di Luisa. O il far capire con una frase, una smorfia che Valentina di Mare Fuori è “inevitabilmente” stronza, lo fa perché lei per prima sa che il suo ambiente è una giungla e lei i ragazzi non li frega, li allena a quello che accadrà loro fuori di lì
Confesso, mi fa davvero piacere che lo abbia notato, a volte sono piccole pennellate inconsapevoli che però dipendono dal lavoro che faccio sul personaggio che invece è profondamente consapevole. Come dicevo, quando affronto un personaggio lo vivo in maniera totalizzante per tutto il periodo in cui giro, non sono una che stacca, lo porto dentro in maniera viscerale per tutta la durata delle riprese: a casa, con gli amici, ovunque. Valentina è un personaggio che dall’esterno è molto odiata dai fan di Mare Fuori, però io so che è una ragazza che ha lottato, si è fatta spazio nel mondo della musica che sa essere feroce e lei ha sperimentato sulla sua pelle – si vede, si sente – che bisogna essere spietati e crudeli per restarci, è un ambiente in cui sopravvivi solo se non ti abbatti e non guardi in faccia a nessuno. Valentina ce l’ha fatta in un mondo di maschi, non dimentichiamolo, e questo ha lasciato delle tracce su di lei, è una che ancora combatte in trincea per mantenere ciò che ha. Ecco, Leonarda, Luisa, Valentina, Giusi, Agnese, tutte loro dentro di me hanno una storia, un film nel film. Quindi i particolari che hai notato non sono trucchi, trovate artificiose, ma nascono naturalmente da come crescono quelle donne dentro di me. Da come io divento loro.
Ha sempre voluto fare l’attrice?
Inizialmente da bambina volevo fare la regista. Mi piace molto scrivere, vorrei tantissimo un giorno stare anche dietro la macchina da presa, spero di realizzare qualcosa di mio, scrivo soggetti appena posso, ma è un qualcosa che arriverà a suo tempo. Paradossalmente la recitazione è arrivata dopo perché sono molto timida e non riuscivo a vedermi di fronte alla macchina da presa. Un giorno, poi, mi succede quello che tutti raccontano e a cui nessuno crede mai: accompagno una mia amica a fare un provino e per curiosità ci provo anche io. Scopro, con mia enorme sorpresa, che di fronte alla macchina da presa stavo benissimo, mi sentivo a posto con me stessa. Una volta fuori ritornavo nel mio mondo, nella mia timidezza, nella mia introversione. Quello è stato un gancio emotivo forte, ho capito che potevo concedermi, in quel contesto, di essere una Selene diversa, una Selene che nella quotidianità non avrei mai tirato fuori, di poter vivere vite diverse, giocando con varie sfumature del mio carattere. Scendere in profondità, dentro di me, e tirare fuori cose che tenevo nascoste.
La bellezza di questo lavoro è che ti dà la possibilità di metterti sempre in gioco, di scoprire delle cose del tuo essere, del tuo carattere totalmente sorprendenti, a volte mi ritrovo sul set a lavorare su delle corde del tutto nuovo e a tirare fuori delle cose che mi stupiscono e mi spiazzano. Altre volte giri quelle scene in cui sei completamente svuotato e torni a casa e piangi, pensi di stare male, ma in realtà è un male che è un bene, un dolore bello, è strana da dire come cosa, ma è realmente così, perché hai messo in gioco delle emozioni come nessun altro può fare.
Da come vive il lavoro dell’attrice, da come la narrazione interna del ruolo è importante per lei, si capisce perché vuole fare la regista. Ma quando l’ha capito che avrebbe voluto (anche) raccontare storie?
Vedevo tantissimi film sin da bambina, da Woody Allen a Rohmer ai Dardenne fino a Bertolucci. Per dire, ho consumato Io ballo da sola, amo tantissimo quei film che hanno un’atmosfera, delle suggestioni estive, non a caso sono molto affascinata del mondo di Rohmer, Bertolucci e Guadagnino, mi piacciono molto i racconti sotto il sole cocente, in quella stagione in cui sembra che non succeda mai nulla. Amo molto quell’atmosfera lì, sospesa. L’estate è sempre un momento in cui si cresce, sembra che non accada mai nulla d’estate, in realtà succede tutto, arriva quella pioggia d’agosto che è lì che ti fa capire che qualcosa sta cambiando, una pioggia che porta il mese di settembre e a settembre siamo tutti diversi, io ci vedo sempre una magia in questo.
Potrebbe cominciare a dirigere qualche episodio di The Bad Guy 2. Sempre che non le faccia paura fossilizzarsi nel personaggio di Leonarda
Non posso dire nulla se non che non mi fa alcuna paura tornare a vestire i panni dell’agente Scotellaro. E magari, se Stasi e Fontana volessero, mi piacerebbe molto cimentarmi anche nella sfida di dirigerne un episodio. Ho tantissima voglia di tornare a fare The Bad Guy, è un progetto che amo tantissimo e che sono convinta abbia ancora tanto da dare, così come il mio personaggio, che ha una forza innovativa unica in questo momento. E poi è stato uno degli ambienti di lavoro più belli in cui io sia stata, ci siamo divertiti tanto tutti, ho ricordi meravigliosi con Luigi Lo Cascio, Claudia Pandolfi. Ho una tale voglia di conoscere Leonarda ancora più a fondo che non posso averne paura.
Se lo aspettava questo affetto per The Bad Guy? Il primo segnale del successo di una serie sono le domande che Google indicizza per prime quando digiti il titolo. Nel vostro caso è “quando arriverà la seconda stagione?”
Sono sincera, me lo aspettavo, ho subito capito che aveva tutti gli ingredienti necessari per abbracciare un pubblico quanto più ampio possibile. Si affronta un tema caldissimo e appassionante e importante come la mafia ma con dei toni da black comedy, una novità totale rispetto agli archetipi a cui siamo abituati. E, soprattutto, alla fine della lavorazione eravamo tutti contentissimi, soddisfatti, sentivamo di aver tirato fuori il meglio, che era successo qualcosa di speciale. Poi, certo, il riconoscimento del pubblico e della critica è stato clamoroso e ci ha piacevolmente sconvolti.
Adesso cosa la aspetta? Come si vede, cosa cerca, cosa spera?
Sicuramente spero di continuare in questo percorso quanto più a lungo possibile, di incontrare personaggi vari, diversi, di mettermi in gioco, perché è quello che voglio fare. Ecco, a pensarci bene, sogno un film o una serie in costume, è qualcosa che mi stimola in questo momento.
Pensavo volesse più diventare un’eroina degli action movie, a metà tra le prime amazzoni metropolitane di Luc Besson, da Anne Parillaud a Natalie Portman, e Carrie Ann Moss…
Non mi dispiacerebbe affatto diventare una ragazza con la pistola, anzi continuare a esserlo. Abbiamo bisogno di qualcosa che spiazzi lo spettatore. Quindi se accadrà, ben venga, sarebbe molto divertente. Ma se diventasse una gabbia, allora poggerei l’arma e, che so, impugnerei un ombrellino. Comunque ha citato attrici e un regista che credo siano davvero straordinari. E unici e uniche nel loro genere.
Dopo la seconda stagione di The Bad Guy, allora si va negli Stati Uniti. Ci sono registi con cui sogni di lavorare oltre oceano?
Paolo Sorrentino. E mi piacerebbe molto Pablo Larraín, tantissimo. Come racconta l’universo femminile il cineasta cileno, credo non ci riesca nessuno. I suoi personaggi hanno una marcia in più e ha una visione che rispecchia molto il cinema che a me piace. Comunque sì mi piacerebbe molto lavorare all’estero e ora, a 30 anni e con l’esperienza che ho maturato, credo di essere pronta a farlo. Anzi, ammetto che è una cosa che sto cercando, in questo momento.
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