“Non ho rimpianti. Ho fatto tutto quello che volevo. Al massimo, lo avrei fatto molto di più”. Isabella Rossellini ha 71 anni, due genitori “ingombranti” – Roberto Rossellini e Ingrid Bergman – e una carriera da regista, in Italia meno conosciuta rispetto al suo parterre di ruoli da attrice (Velluto blu, Cuore selvaggio, La morte ti fa bella) e le pubblicità di moda e cosmetici. Ma il sogno di dirigere lo aveva fin da bambina. “Mio padre mi regalò L’anello di Re Salomone del premio Nobel Konrad Lorenz. Da lì ho deciso che avrei fatto l’etologa e la regista di film sugli animali. Ho cominciato a cinquant’anni, prima sarebbe stato troppo difficile psicologicamente. Era la società che non ti faceva nemmeno immaginare che le donne potessero ricoprire determinati ruoli. Era come dire: farò l’astronauta. C’erano solo le eccezioni, come Lina Wertmüller e Liliana Cavani”.
Una consapevolezza amara (la stessa madre, confessa, le disse una volta “a questo punto della mia carriera potrei dirigere un film anche io!”, eppure), compensata da una laurea presa da adulta (“non è stato difficile, l’unica cosa imbarazzante era essere la più vecchia in classe”) e una cinquantina di cortometraggi dietro la macchina da presa. “Ho cominciato a girarli nel 2008 incoraggiata da Robert Redford. Era entusiasta di YouTube e la sua maniera di rompere la catena della distribuzione tradizionale, permettendo agli artisti di cimentarsi con durate e formati diversi. Così mi ha commissionato diversi corti per il Sundance”.
“Sperimento, come mio padre”
E, ora, quei suoi lavori vengono presentati in una retrospettiva dedicatale alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Da Seduce Me a Green Porno fino a Fox Film, passando per Animals Distract Me, Mammas e Darwin, What?. Opere di successo in America, meno note in Italia: “Non sono mai riuscita a trovare una distribuzione”.
All’attrice e regista, in occasione dell’evento nella capitale, viene consegnato anche il Premio alla Carriera nel corso di una masterclass con il pubblico in cui ripercorrerà i momenti cruciali della sua vita professionale: “Di questo premio mi commuove l’assegnazione da parte di Gian Luca Farinelli per cui nutro un’enorme ammirazione. Ha restaurato moltissimi film di mio padre e me ne ha fatti conoscere altrettanti. È grazie al recupero che ha fatto del cinema muto che sono riuscita a trovare un mio linguaggio cinematografico. Georges Méliès, Buster Keaton, Charlie Chaplin sono le mie guide, ma non ambisco ad essere così brava. Di certo hanno influenzato la mia maniera di girare”.
Nessuna ispirazione paterna? “Sono stata senz’altro condizionata dai miei genitori, come ogni figlio. Mi chiedono spesso: perché fai film d’avanguardia? Perché probabilmente sono la figlia di Roberto Rossellini. È stato il più gran sperimentatore di tutti. Ha fatto il neorealismo, e quando è diventato uno stile cinematografico accettabile per il pubblico, si è messo a fare le biografie storiche. Ha sempre cercato altro, come mia madre. Quale attrice con una carriera hollywoodiana alle spalle avrebbe mai scritto a un regista italiano di poter lavorare con lui? (È così che comincia la storia d’amore e artistica tra Rossellini e Bergman, ndr)”.
Isabella Rossellini e il premio alla carriera
Un’eredità artistica che pesava all’inizio, quando da giovani si cerca di disegnare la propria vita, ma che adesso si abbraccia, si rivive, “se durante un’intervista non mi fanno nessuna domanda su mamma e papà sono io a citarli. Come per dire: lo sapete di chi sono figlia, vero? Vi ricordate?”.
È per questo che, all’interno della rassegna alla Festa, ha aggiunto due titoli dei genitori, Stromboli del 1950 di Roberto Rossellini e Sinfonia d’autunno del 1978 in cui Ingrid Bergman ha lavorato al fianco di Liv Ullmann per il regista svedese Ingmar Bergman. “Guardare oggi Stromboli è scioccante. È rimasto un film bellissimo, ma l’Italia è totalmente cambiata. Della pellicola mi colpisce il tema della conservazione della natura, così diversa adesso. Prima c’era la tonnara da cui venivano tirati fuori sui venti/trenta tonni. Con le nuove tecnologie la pesca è cambiata e il tonno è quasi in via d’estinzione”.
Prosegue Rossellini: “Sinfonia d’autunno è l’ultimo film di mia madre prima di morire. Per me è un esempio di cosa vuol dire essere un’attrice, ma anche una donna. Nel film interpreta una pianista che ha sempre messo avanti la carriera trascurando la famiglia. Mia madre, però, aveva avuto quattro figli ed era un’attrice di successo. Un giorno si rifiutò di girare una scena. Era un primo piano da cui avrebbe dovuto far percepire il suo senso di colpa per essere stata una madre assente, mentre il personaggio di Liv Ullmann le urla contro. Per lei era intollerabile. Una donna non era solamente una professionista o solamente una madre”.
Litigare con Bergman
Continua: “Ci fu una lite furiosa con Ingmar Bergman, Liv mi raccontò che erano tutti terrorizzati, nessuno si era mai permesso di contestare l’autore svedese. A un certo punto si allontanarono e quando tornarono sul set mia madre fece la scena come la voleva il regista. Ma con una variazione, di cui solo una grande attrice può essere capace. Tenne il primo piano facendo vedere quel senso di colpa richiesto, ma allo stesso tempo, piano piano, comincia a percepirsi anche la rabbia, perché non era giusto che al personaggio venisse rinfacciato il lavoro per cui si era impegnata per tutta la vita”.
Come per il mestiere del regista, la cui parte più complessa è comunque trovare i finanziamenti sia per uomini che per le donne (“Ho avuto il padre regista, mariti registi e amanti registi e tutti erano sempre in cerca di soldi”), anche le narrazioni sul e del femminile sono cambiate.
Isabella, Alice e le anime passate
“Mi sono messa con metodologia a studiare il cinema fatto dalle donne, e c’è una differenza: tendono a raccontare di nuclei, di insiemi, di mamme, zie, nipoti, gli uomini invece raccontano per lo più relazioni di coppia tra un uomo e una donna”, ha spiegato Isabella Rossellini, che per il suo ultimo ruolo recita nel film La chimera di Alice Rohrwacher. “Quando ho letto la sceneggiatura ho detto che, sotto il primo strato di questo film di tombaroli e guardie, si nascondeva il tema della morte. Allora Alice mi ha detto no, non della morte, ma dell’aldilà, delle anime passate”.
Un cinema “contadino” quello di Alice Rohrwacher (“abbiamo girato in due momenti: prima in inverno, poi in estate, per restituirne la verità”) e che avvicina la visione dell’autrice all’amore smodato di Isabella Rossellini per la natura, raccontata nei suoi lavori, così come sui suoi profili social: “Ho solo Instagram. Gli agenti ti chiedono di avere una presenza social, quindi ho dovuto aprire un profilo. Non avevo la minima idea di come funzionasse. Poi un mio amico mi ha suggerito di utilizzarli come fossero una cartolina. Quello lo so fare, ancora oggi le scrivo. Solo che, al posto di comprarla, sono io a scattare la foto. Anche al cinema non mi ritrovo molto quando si tratta di tecnologia. Ora sono arrivate anche le IA, che paura. Il mio è più un cinema fatto in cucina”.
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