Madonna l’idolatrata, Madonna la reietta, Madonna in terapia intensiva, Madonna che resuscita come Lazzaro, Madonna la detestata, Madonna la più amata, Madonna e le centomila maschere, Madonna e la sequenza infinita di amanti (più un paio di mariti), Madonna che voleva diventare più famosa di Dio e forse c’è anche riuscita, Madonna che batte il guinness dei primati con 350 milioni di copie vendute nel mondo, consegnando alla sua casa discografica – la Warner – oltre un miliardo di dollari. Madonna contro tutti, tutti contro Madonna, in prima fila i chiacchieroni on line che non le perdonano gli interventi chirurgici estremi.
Estremi come lei che ieri ha festeggiato il compleanno a Lisbona, con i figli. Sessantacinque anni per l’esattezza, il tempo dei bilanci per i comuni mortali, non per lei, la star che non può invecchiare. Perché Madonna è l’archetipo non solo di sé stessa ma di almeno tre generazioni che sono cresciute ascoltandola, imitandola, cantandola e che oggi non si piegano all’idea del viale del tramonto. Impossibile pensare che lei, proprio lei, la Material Girl possa diventare un’anziana signora.
Dagli anni Ottanta in poi
È un’immagine cristallizzata Madonna, anzi molte immagini: lei a 26 anni con i peli sotto le ascelle, l’orecchino con la croce, i capelli con la fascia, i jeans strappati. E poi lei ancora lei con il reggiseno a punta di Gautier, i pizzi, le calze a rete, gli abiti in pelle, lei Sex fotografata da Steven Maisel come una mistress sadomaso. Lei bionda, lei bruna, lei con i body aderentissimi, lei con il cilindro in testa, lei che si fa crocifiggere, che ammicca, che fuma le canne, lei con la benda sull’occhio come un pirata, che finisce in coma per un batterio o chissà cosa.
Non una semplice cantante pop, di più molto di più: regista, produttrice, attrice, madre naturale e adottiva, ballerina, fenomeno di costume e di massa. Il marchio Madonna è una sequenza di imprese che macinano dollari: palestre, corsi fitness, cosmetici e poi moda, linee di abbigliamento, profumi, occhiali da sole realizzati con la complicità di Dolce & Gabbana. Un impero che gestisce con la stessa rigorosa disciplina con cui continua a realizzare dischi, tour, uscite “scandalose” sui social che trasforma in amplificatori di una fama senza fine.
Una fama che lei, Madonna Louise Veronica Ciccone, ha costruito mattone su mattone, partendo dal basso, dal Michigan, figlia di emigranti (il padre di origini abruzzesi), attraversando i bassifondi dello spettacolo fino al successo planetario. Tutto studiato a tavolino. Non c’è concerto, video, film, progetto in cui Madonna sia lì per caso, senza aver studiato la parte, allenandosi come un’atleta pur di dare il meglio.
Affari e libertà
In questo è un modello di empowerment femminile, una donna che sa fare affari ed è assolutamente libera. Libera di fare quello che vuole, con chi vuole, di dire quello che le pare, contestando il mondo della musica o quello dei media. Fecero scalpore le sue dichiarazioni su Berlusconi rilasciate alla Mostra del Cinema di Venezia per la presentazione del suo film W.E. nel 2011: “Mi pare inadatto a governare l’Italia”, disse Madonna. Apriti cielo. L’allora sottosegretario alla Famiglia, Carlo Giovanardi, supportato da Daniela Santanché lanciò la fatwa contro la pellicola e “;ambiguità” del personaggio “colpevole” di aver sempre difeso i diritti Lgbtqia+.
Ovviamente furono parole al vento, l’autrice di Like a Virgin non ha bisogno di pareri, meno che mai dalla politica nostrana. Anche perché mentre qualcuno si ostina a criticarla, a trattarla come un reperto del Novecento o una Frankenstein massacrata dal botulino, lei va avanti come un treno. Dura, dritta, tosta. Una che ha cambiato le regole dello show business dominato dai maschi, che ha usato il suo corpo per un messaggio di libertà a disposizioni di tutte e tutti, una femminista secondo l’accademica Camille Paglia che “ha insegnato alle giovani donne ad essere completamente femminili e sessuali pur esercitando il controllo totale sulla loro vita”.
Ed è una vera filantropa che ha devoluto fondi per il terremoto dell’Aquila, così come per gli orfani del Malawi: 15 milioni per la costruzione di scuole. Notizia che non fa notizia nella costante destrutturazione del personaggio: scomoda, urticante, perfino “vecchia” come l’ha bollata ultimamente il New York Times con un autogol degno del peggior patriarcato. Troppo pop per i rockers, troppo dance per gli appassionati del pop, troppo poco aggressiva per i “tossici” dei 130 Bpm dell’house.
Il biopic congelato
Madonna continua a incazzarsi, però, e vivaddio manda al diavolo con i fatti la pletora dei detrattori mentre prepara il Celebration Tour. Intanto ha appena pubblicato due singoli da record – Popular inciso in coppia con The Weeknd e Playboi Carti, e Vulgar con Sam Smith – e sta riflettendo se concedere l’ok al biopic con Julia Graner che lei stessa dovrebbe dirigere (tipica follia alla Ciccone). Di questo tempo lungo come un elastico, e che guarda al futuro, ci restano la tempra, l’abnegazione, la voglia di scardinare ogni limite imposto senza mai dimenticare gli affari, però. Il potere dei soldi e quindi della canzonetta orecchiabile. Ci rimane lei, insomma, la “Señorita más fina”; che ha scalato ceti sociali, classifiche pur di usare il mondo come un monile da cambiare ogni volta che si specchia. Perché “that girl” è – e resta – Madonna.
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