Michela Murgia è morta. Era il 12 maggio, solo tre mesi fa, quando aveva annunciato in una lunga intervista ad Aldo Cazzullo di avere un tumore al quarto stadio, un carcinoma renale incurabile. Aveva suscitato ammirazione e scalpore per la serenità con cui aveva preso e dato la notizia, per la capacità di restituire il desiderio di vivere al massimo le sue ultime settimane, libera anche dai recinti che un tempo l’avevano bloccata di fronte ad alcune cose che le piacevano ma che riteneva frivolezze.
Pochi giorni fa, dopo essere uscita dall’ospedale in seguito ad alcuni giorni di ricovero, aveva postato delle storie Instagram in cui svelava con commosso divertimento che si era svegliata “alle 23 sotto morfina e sentirli di là felici” le dava grande conforto. Quelli che sentiva erano i componenti di tutta la sua famiglia che si è riunita al suo capezzale negli ultimi giorni. Quella allargata di amici e parenti che ha celebrato in queste ultime settimane.
Rimane di lei, peraltro al vertice delle classifiche di vendita, una sorta di testamento morale, un manuale di “sopravvivenza emotiva”, il bellissimo libro Tre Ciotole (ed. Mondadori), ultimo di tanti volumi che hanno alimentano la letteratura contemporanea italiana con un dibattito fertile e deciso, soprattutto per quanto riguarda il femminismo (è del 2022 il suo catechismo femminista in God Save The Queer, del 2019 l’eccellente Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe scritto con l’amica Chiara Tagliaferri).
Lascia il marito Lorenzo Terenzi, sposato meno di un mese fa (il 15 luglio, celebrando il momento con la canzone Nobody’s wife, a sottolineare la natura contrattuale, per tutelare l’amore della sua vita, del legame), attore, regista, autore e musicista che conobbe mentre curava la regia di un suo spettacolo, nel 2017. Il 22 luglio ha celebrato la loro unione non “con il rito che vorremmo per quelli come noi e non c’è, ma combattiamo perché un giorno ci sia” ma con una festa in cui tutti erano vestiti di bianco, Dior, grazie all’amica Maria Grazia Chiuri che della maison è direttrice creativa. L’anello nuziale era a forma di rana – animale ibrido e quindi per lei simbolo perfetto della sua famiglia queer. A consolazione di tutti coloro che l’hanno amata rimane il fatto che abbia definito questi ultimi mesi “il tempo migliore della mia vita”.
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