Oliver Stone: “La battaglia da vincere è il nucleare. Farò un film su Lula”

Abbiamo intercettato il regista di Platoon, Assassini Nati e JFK nella sua vacanza in Alta Badia, durante un bizzarro incontro con Reinhold Messner. E non si è risparmiato, come al solito. L'intervista esclusiva con THR Roma

Oliver Stone scruta attentamente Reinhold Messner. La Marmolada parzialmente innevata sullo sfondo, il museo della montagna progettato da Zaha Hadid che “buca” un versante dell’altipiano. Plan de Corones, Alto Adige, 2275 metri sul livello del mare, nel cuore delle Dolomiti. È un momento che ha dell’iconico: due giganti, due uomini che hanno fatto della sfida la loro ragione di vita, s’incontrano per la prima volta ad alta quota (almeno per Stone: 2200 metri per Messner, l’uomo che per primo ha scalato tutte le 14 vette sopra gli ottomila al mondo, sono la normalità).

Il regista, 76 anni, tre volte premio Oscar – che per la cronaca si trova in Alto Adige per una breve vacanza – rompe il silenzio: “Ti hanno mai detto che assomigli incredibilmente a George Lucas?”.

Messner rimane interdetto: di variabili, la leggenda vivente dell’alpinismo ne ha viste e superate tante, ma questa non se l’aspettava. La somiglianza in effetti c’è: la capigliatura imbiancata eppur foltissima, l’occhio sottile un po’ a fessura di quelli che indagano, studiano, cercano di guardare oltre. “Beh – Stone sfodera un sorriso smagliante – Lucas è il più grande produttore di sempre, tu il più grande alpinista di sempre, entrambi primeggiate nel vostro ambito”. Messner sorride.

Poi l’uomo dei monti cambia argomento – c’è un qualcosa di lisergico nei loro scambi –  indica un picco che si staglia all’orizzonte: “Quella è la montagna più difficile che ho mai scalato”. “Quindi è la montagna più difficile del mondo?”, chiede Stone. “No, lo è per me – controbatte Messner – ognuno ha la sua personale montagna difficile, la sfida che ha dell’impossibile”.

Non potrebbe esserci metafora più calzante per Oliver Stone. Il regista che ha segnato gli anni ’80 e ’90 con una serie di film di grande impatto (e di successo commerciale), tra cui Platoon, Wall Street, Nato il 4 luglio (“Tom Cruise fu grandissimo in quel film, avrebbe meritato l’Oscar”, ricorda il maestro), Assassini Nati, negli anni più recenti, rimanendo un po’ ai margini di Hollywood (dove per sua stessa ammissione non è troppo benvoluto), si è dedicato  prevalentemente alla realizzazione di documentari, quasi tutti piuttosto controversi, da A sud del confine, anno 2009, protagonista l’ex presidente venezuelano Hugo Chavez, fino ad arrivare alle Putin Interviews, tratte da una serie di incontri tra il filmmaker e il leader russo intercorsi tra il 2015 e il 2017.

L’ultima fatica di Stone, in ordine di tempo è Nuclear Now, che affronta un altro argomento dibattutissimo: il nucleare come energia pulita, per il regista l’unica soluzione possibile per contrastare il cambiamento climatico. “La gente ne ha paura”, dice Stone. “Diciamo che il nucleare è la Cenerentola dell’energia. Sono andato a Davos, che è un grande festival internazionale [Il World Economic Forum, ndr] dove si parla di futuro e non era nemmeno all’ordine del giorno. Se la società oggi fosse nuclearizzata, l’80, 90% della nostra energia deriverebbe dal nucleare, avremmo centrali ovunque e forse non ci troveremmo davanti a questo cataclisma climatico. C’è un buco enorme nella narrazione del nucleare: lo trovo un errore imperdonabile”.

Stone, come anticipato, si trova in Italia per una vacanza insieme all’inseparabile moglie Chong: è ospite a San Cassiano, in Alta Badia, di Sophy Pizzinini, giovane aspirante filmmaker nonché collaboratrice della Sudtirol Film Commission, decisa a creare in quest’area incantata del nord-est italiano, tra massicci di pietra, baite dai balconi fioriti e prati scoscesi sempre perfettamente curati, un festival di cinema nel 2024. In un certo senso Stone è il primo grande ospite in quella che può essere definita la prova generale di una kermesse che (auspicabilmente) verrà.

Tra passeggiate in montagna – nulla di estremo, l’imperativo sono i 10mila passi al giorno –  saliscendi in ovovia, incontri (come quello con Messner) e visite ai musei della zona, non rinuncia a ritagliarsi uno spazio per parlare con The Hollywood Reporter Roma di Nuclear Now: presentato lo scorso anno in anteprima al Festival di Venezia, andrà in onda su La7 a settembre. “Sarà doppiato – Stone sbuffa – non sentirete la mia voce. Detesto il doppiaggio, non fa parte di me, ma se questo è il modo migliore per far arrivare al pubblico italiano le tematiche del film, ben venga”.

La chiacchierata prende luogo di sera, al bar dell’elegante hotel in stile puramente alpino Ciasa Salares, a pochi chilometri dal centro di San Cassiano, davanti a un doppio scotch con ghiaccio e soda: e pensare che sono un po’ di giorni che Stone non beve alcol, ma solo acqua con sciroppo di sambuco. Ma lui non è tipo da mezze misure. O tutto o niente. (Dirà alla fine dell’intervista di essere in effetti un po’ alticcio).

Mr. Stone, partiamo da questi luoghi, siamo in una delle aree più belle, dal punto di vista naturalistico d’Italia.

E’ il luogo giusto, infatti, per parlare di energia nucleare! Se vogliamo preservare la natura il nucleare deve tornare nelle agende delle nazioni.

Non si può però non guardare al passato: l’Italia, come tutta l’Europa d’altronde, è stata fortemente scossa di fronte alla tragedia di Chernobyl, nel 1986.

L’Italia ha reagito a Chernobyl, così come il Giappone e la Corea hanno reagito in modo eccessivo a Fukushima. Fukushima viene definito un disastro nucleare, ma non è morta nemmeno una persona mentre ne sono morte 18.000 a causa del terremoto e dello tsunami, che ha poi causato l’incidente a Fukushima. Ma torniamo a Chernobyl.  Si trattava di un reattore progettato in modo approssimativo, non c’è dubbio, privo di un sistema efficace di contenimento, e l’Unione Sovietica, pur avendo lavorato molto sull’energia nucleare, era una società in decadenza. E’ vero, Chernobyl è stato il peggior incidente nella storia del nucleare e i sovietici ne sono responsabili. Ma sono stati condotti molti studi su quante persone sono state colpite dalla radioattività generata: le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale della sanità hanno stimato in 4.000 i possibili decessi per cancro, oltre ai 50 soccorritori a cui non erano state fornite protezioni adeguate. Se pensiamo al disastro di Bhopal in India [1984, il più grave incidente industriale della storia, ndr], sono morte 20mila persone. Non c’è dubbio che il nucleare vada maneggiato in sicurezza, ma non va nemmeno demonizzato. Negli anni la stessa Russia ha fatto passi da gigante: ho visto il reattore Beloyarsk, che utilizza le proprie scorie per creare altra energia. Anche la Cina sta andando avanti con  un  investimento di 440 miliardi di dollari per realizzare 130 reattori entro il 2037.

C’è però il problema delle scorie nucleari.

È un falso problema. Dopo 40 anni, il 90% della radioattività decade. Si tratta di una quantità relativamente piccola di rifiuti a fronte della quantità di energia derivante dall’utilizzo, e allo stesso tempo, si tratta dei rifiuti più sorvegliati del mondo. Tutto viene gestito molto bene, le scorie vengono messe in barili di cemento e acciaio che possono resistere a un incidente aereo. E poi, una volta decaduta la radioattività, possono essere sepolti in profondità, come sta già facendo la Finlandia. Se parliamo di cambiamenti climatici parliamo di Co2, che è un rifiuto. Si tratta di una minaccia reale, molto più grande delle scorie radioattive.

Prima di fare questo documentario (tratto dal libro A Brighter Future, ndr), che rapporto aveva con l’energia nucleare?

Negli anni ’70 e ’80 stavo cercando di guadagnarmi da vivere come sceneggiatore, pensavo alla mia carriera, non prestavo molta attenzione alla questione.  Ovviamente sapevo delle battaglie antinucleari di Jane Fonda, Ralph Nader, Springsteen e mi sembravano plausibili. Ma poi le cose sono cambiate dai primi anni 2000. All’improvviso – in questo senso il film del 2006 di Al Gore è stato un punto di svolta – scopriamo che stiamo letteralmente morendo soffocati, il globo si sta surriscaldando, soprattutto a causa della combustione di carbone, petrolio, gas metano. Abbiamo speso trilioni di dollari per le energie rinnovabili, a cui sono favorevole, ma non sono efficienti quanto l’energia nucleare e non bastano per soddisfare il fabbisogno. E infatti i livelli di Co2 sono costantemente aumentati nell’atmosfera. A cosa sono serviti tutti questi soldi? Non stiamo risolvendo il problema. Nel 2000 le proiezioni parlavano di punto di non ritorno nel 2050: abbiamo avuto 20 anni per fare qualcosa, nulla è cambiato. E i paesi emergenti, come l’India, useranno sempre più carbone e, se necessario, utilizzeranno la legna, la cosiddetta biomassa. Questa tendenza deve essere rovesciata. Adesso.

Il tema dell’energia è molto sentito in Italia, soprattutto in seguito al caroprezzi dovuto alla guerra in Ucraina. Ecco, a quasi un anno e mezzo dall’inizio del conflitto, qual è la sua opinione?

Non sapevo molto dell’Ucraina e di quello che stava succedendo finché non ho intervistato Putin. In quel periodo, era il 2017,  rimasi sorpreso. Putin mi disse: ‘Signor Stone, forse lei non sa molto dell’Ucraina, ma noi sappiamo tutto dell’Ucraina’.  Sapeva cosa stava succedendo e ha detto che purtroppo questa cosa (il conflitto, ndr) sarebbe successa, perché gli americani con la Nato stavano spingendosi fino ai confini. Non è una novità, questa guerra è iniziata nel 2014. Biden ha davvero spinto, con i neo-conservatori nella sua amministrazione, per arrivare a un confronto sempre più acceso. Ed è un peccato perché il mondo è davvero troppo pericoloso per giocare a questo gioco, questa situazione è dinamite.

Teme l’escalation?

È una situazione molto, molto pericolosa. Non so cosa potrà succedere, ma ad oggi, per quanto ne sappiamo, i russi stanno vincendo la guerra. Non c’è dubbio: tutti i soldi che sono stati investiti in Ucraina sono inutili, tutte le armi fornite non hanno funzionato, e l’esercito, la maggior parte degli uomini sono morti o feriti. E chi combatterà? Ho sentito parlare di eventuale ingresso nel conflitto di polacchi e lettoni, sarebbe l’inizio di un cataclisma, i russi non sono disposti a cedere.
E dietro a tutto questo ci sono gli accordi di Minsk, che non sono stati rispettati, come ha anche dichiarato l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel, erano solo uno stratagemma per rafforzare l’esercito ucraino.

E poi voglio dire una cosa sull’Italia, anzi due.

Ci dica.

Vittorio De Sica, che per me è stato il più grande regista italiano, tra i tanti capolavori ha fatto I Girasoli, che è stato il primo film girato in Unione Sovietica nel 1970. Andò in Russia con una troupe italiana. L’Italia ha sempre avuto un approccio indulgente nei confronti della Russia. Ha fatto molti affari con la Russia. Non so cosa stia succedendo in questo momento con la politica italiana, ma la Nato fa una forte pressione sull’Italia. L’Italia è occupata dagli Stati Uniti, è pieno di installazioni militari americane qui. Siete occupati, siete una nazione occupata. Ricordo il film di Francesco Rosi degli anni ’70, L’affare Mattei.

Bellissimo film, con un titanico Gian Maria Volonté a interpretare il presidente dell’Eni.

Stava organizzando una politica energetica che puntava all’indipendenza e tanti sostengono sia stato fatto fuori dalla Cia. Penso sia stato un grande italiano, un uomo indipendente che voleva il bene del suo paese e cercava soluzioni per cambiare il mondo. Ed è morto.

Cambiamo argomento Mr. Stone, torniamo a parlare di cinema. Negli ultimi anni si è dedicato prevalentemente ai documentari. Perché?

I lungometraggi richiedono più soldi, più pianificazione e più sostegno da parte dell’industria.  Quindi, poiché ho fatto alcuni film piuttosto controversi e sono state scritte molte cose negative su di me… [lascia la frase volutamente in sospeso, ndr]

Mi piacciono i miei film, ho fatto 20 lungometraggi, è estenuante, davvero! Invecchiando, ho scoperto che con i documentari vai diretto al punto, anche se non c’è un mercato così grande e questo mi sta portando all’oblio come regista di film. Ma ho parlato di argomenti molto importanti, come l’assassinio di JFK, ho fatto U.S.A. – La storia mai raccontata – un’opera che spero venga ricordata anche dai più giovani, così mia moglie godrà dei diritti e sarà una ricca vedova! – ho girato documentari con Chavez per spiegare il cambiamento del Sud America e con Fidel Castro. Con Putin, ho voluto riportare il suo punto di vista, e non è certo stato facile ma credevo e credo sia importante. L’energia nucleare a causa del cambiamento climatico, è la cosa più importante che in questo momento mi viene in mente. Anche perché ho due figli e una figlia ed sono preoccupato per loro, per il futuro e per i nipoti. È il vostro mondo, sarà il vostro mondo, erediterete questa merda.

Ha un nuovo documentario in programma?

Sto preparando un documentario su Lula. Nel 2009, quando abbiamo girato South of the Border con Chavez, ho incontrato Lula e mi colpì molto. Era presidente (del Brasile, ndr)  in quel momento, lo abbiamo incontrato e filmato.

Quindi le riprese del film partono dal 2009?

Sì. Poi ci siamo tornati, due anni fa, un anno fa, quando non era più in carica. E fu mandato in prigione dopo che lo avevamo intervistato. È un uomo molto preparato, per me è un eroe, un simbolo. E anche lui non segue la massa su tante questioni, come l’Ucraina, pensa con la sua testa. Abbiamo bisogno di pensatori indipendenti nel mondo.
Nelson Mandela, condannò la scelta degli Stati Uniti quando decisero di avviare la guerra in Iraq. Non bisogna essere bulli gli uni contro gli altri, è giusto che nel mondo si abbiano opinioni diverse. È assurdo, gli Stati Uniti vedono come nemici mortali la Cina e della Russia, il che è assurdo. Avremmo potuto essere partner, soprattutto nell’energia nucleare. E invece, stiamo partecipando a un gioco mortale, che non funziona e non funzionerà, perché stiamo spendendo troppa energia in stronzate, in immondizia militare.

L’immondizia militare è molto più pericolosa di quella radioattiva. (ride) Spero che i giovani trovino una nuova strada.

Per concludere, in passato ha incontrato Julian Assange, si parlava di un suo interessamento a fare della sua vicenda un documentario. Che fine ha fatto il progetto?

Dopo aver girato Snowden mi sarei ripetuto, sarebbe stato noioso. Mi piace cambiare argomento, ma personalmente credo che Julian Assange sia stato in un certo senso una vittima sacrificale, e l’estradizione dall’Inghilterra sarà inevitabile.

Ma vorrebbe fare un altro film?

Mi piacerebbe, sì, c’è un altro argomento che vorrei trattare.

Quale?

Non posso dirtelo.

Cosa può dirci, allora?

Non ho molti progetti, ho 76 anni. Voglio prendermela comoda. Mi sto rilassando qui in Italia, ecco. Mia moglie mi dice che non ha mai visto così rilassato. Incredibile! Mi rendo conto che in questi giorni non ho pensieri, nemmeno rispondo alle telefonate! È bello godersi la vita, e in Italia sapete come farlo! È sempre facile venire qui, è sempre un piacere.

Non ha mai pensato di comprare una casa qui?

No. Non ho bisogno di una casa, preferisco affittare. Perché se compri una casa devi tornarci sempre. Preferisco muovermi. Comunque sì, mi sento benvenuto qui. In America vengo molto frainteso.

Beh, diciamo che lei non si fa problemi a dire cose molto controverse, Mr Stone.

A volte dico cose sbagliate, non dico quello che intendo veramente. Tendo a drammatizzare perché sono un drammaturgo.