Anche il nostro secolo ha il suo Dorian Gray. Ha gli occhi azzurri, i capelli corvini fluenti e un sorriso smagliante. Sulla carta di identità c’è scritto che ha cinquantaquattro anni, ma crederci è impossibile. Perché dal suo debutto nel 1995, con Ragazze a Beverly Hills, fino al suo esordio nel 2023 nella terza stagione di Only Murders in the Buildings, Paul Rudd non è mai cambiato. Mai. A essersi trasformata, spesso, è stata la sua carriera.
Attore statunitense originario di Passaic, New Jersey, la sua capacità di passare dal cinema alla tv, e dalla commedia al dramma, è stata ed è sorprendente. A quanto pare non gli è bastato stringere un patto col diavolo per la giovinezza eterna, ma è riuscito anche a costruirsi una carriera invidiabile: il suo ritratto, al pari di quello posseduto dal protagonista di Oscar Wilde, al momento non deve essere ridotto bene.
Rudd ha attraversato con successo ogni tipo di genere. Come tutti i giovani all’inizio della propria ascesa, anche a lui è toccato il ruolo da protagonista in un film dell’orrore, arrivato subito dopo l’esordio romantico nel cult scritto e diretto da Amy Heckerling, Ragazze a Beverly Hills, accanto a Alicia Silverstone. L’horror è il genere che battezza per definizione ogni stella in ascesa, meglio ancora se la pellicola in questione è l’ennesimo sequel di una saga celeberrima. Nel suo caso fu Halloween 6 – La maledizione di Michael Myers, con tutto il suo cotè di sortilegi druidici, sette di incappucciati, esperimenti para-scientifici e bambini posseduti. Un film talmente impopolare che il reboot/sequel del 2018 tentò di polverizzarne persino il ricordo, evitando ogni riferimento a qualsiasi seguito del capostipite firmato da John Carpenter.
Paul Rudd, volto della commedia (demenziale e non solo)
Era comunque chiaro fin dal principio che il destino di Paul Rudd non sarebbe mai stato definito – o almeno, non solo e non principalmente – dal filone horror. È l’universo della commedia quello che gli ha permesso di mettere in mostra il suo sfrenato umorismo e la sua presenza luminosa. E di commedie Paul Rudd ne ha fatte. Non tutte, s’intende, riuscite allo stesso modo.
È dal 2001 in poi che l’attore comincia la corsa alla comicità, dopo il cinema d’autore di Baz Luhrmann con Romeo + Giulietta di William Shakespeare e il dramma sentimentale Le regole della casa del sidro di Lasse Hallström. A partire da Wet Hot American Summer, piccolo cult-parodia dei film adolescenziali anni Settanta e Ottanta, moltiplicatosi in successive serie prequel e sequel, Rudd si impone nel circolo delle produzioni di Judd Apatow, alternando ruoli da protagonista a quelli da comprimario.
Con il personaggio del giornalista televisivo di Anchorman – La leggenda di Ron Burgundy di Adam McKay – Oscar alla sceneggiatura per La grande scommessa, produttore in Succession – e quello da protagonista di I Love You Man e Questi sono i 40, Rudd mette a punto il suo marchio di fabbrica: sorriso a mezza bocca, sguardo malizioso, battuta sarcastica. In grado di rubare completamente la scena, o di rendere – comunque – l’aria più “frizzante”. E a confermare “l’effetto Rudd” arrivano presto altre commedie, più frivole (e meravigliose) come Molto incinta e 40 anni vergine, più “indie” come Quell’idiota di nostro fratello o romantiche alla Come lo sai.
Impegni fittissimi, che non impediscono all’attore di trovare il tempo di partecipare in tv, nel ruolo di Mike Hannigan, alla sitcom Friends, dove il suo personaggio finirà per sposare la Phoebe impersonata da Lisa Kudrow (la stessa a cui impedisce nella puntata quattordici della decima stagione – da recuperare obbligatoriamente – di cambiare nome in Principessa Consuela Bananahammock).
Il teatro? C’è stato anche quello. Anche se non frequenta i palcoscenici dal 2012, nel suo passato Rudd ha recitato William Shakespeare (La dodicesima notte) e Eugene O’Neill (Lungo viaggio verso la notte), con un passaggio in The Play What I Wrote al Lyceum Theatre di Broadway nel 2003, diretto da Kenneth Branagh.
La “seconda fase” della carriera
Una carriera paragonabile solo a quella del collega Steve Carell, riuscito – a differenza di Rudd – a mettersi in tasca una nomination agli Oscar come miglior attore nel 2015, per Foxcatcher – Una storia americana. Ad accomunare i due interpreti lo stesso stampo istrionico, la voglia e la capacità di saper divertire e commuovere: Carell in Little Miss Sunshine, Rudd in Altruisti si diventa. Una lotta alla pari, godibilissima nel film che li riunisce, nel 2010: A cena con un cretino.
Poi, nella “fase due” – come si dice in casa Marvel – Rudd diventa un supereroe. È il 2015, e per la prima volta è il protagonista di Ant-Man: aumenta la massa muscolare, scolpisce gli addominali, ma collabora alla sceneggiatura per cucirsi addosso – non solo sul corpo – la parte dell’eroe.
Il film diretto da Peyton Reed si rivela uno dei più entusiasmanti prodotti dell’universo cinematografico della Marvel (a differenza dei due sequel). Arriva poi il 2021 e Rudd viene eletto ‘uomo più sexy del mondo’ dalla rivista People, e nello stesso anno approda in un’altra “piccola” saga cinematografica, Ghostbusters: Legacy, eredità diretta – come suggerisce il titolo – dei classici di Ivan Reitman con Bill Murray, Dan Aykroyd, Harold Ramis e Ernie Hudson.
Paul Rudd piace a tutti: in commedia, in tuta da super-formica e persino in film più sperimentali come Mute di Duncan Jones (su Netflix). A consacrarne la popolarità un video virale, quello del comico Billy Eichner, che nel suo show Billy on the Street corre per le strade di New York chiedendo ai passanti se farebbero volentieri sesso con l’attore (“Lo farei anche gratis”, risponde genuinamente una signora. Anzi, due).
A differenza di Dorian Gray, Paul Rudd non sembra aver perso con gli anni la sua freschezza d’animo né la voglia di giocare, concedendosi cameo in opere d’animazione (in tecnica mista) come Cip e Ciop – Agenti speciali, o travestendosi da vittima nel Cluedo seriale Only Murders in the Building. E forse è proprio questo il segreto del suo successo: non aver smesso di divertirsi, trovando in questo atteggiamento la fonte dell’eterna giovinezza.
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