Jacob Elordi non vede al momento ruoli da supereroe o parti in franchise come The Kissing Booth nel suo futuro. In un’intervista pubblicata lunedì 13 novembre, l’attore di Euphoria ha parlato con GQ nell’ambito del numero Men of the Year, raccontando il suo anno vorticoso e la sua rapida ascesa alla celebrità. L’attore ha riflettuto sul suo passato e sul suo possibile futuro nel mondo dello spettacolo, rivelando alcuni dei tipi di lavoro che al momento sta evitando.
In particolare, afferma di non essere “particolarmente” interessato a ruoli da supereroe. “Mi hanno sempre detto di dare una risposta vaga o il mio agente si arrabbierà con me – confessa – Ovviamente tutto può succedere, ma in questa fase della vita non sento di avere alcun interesse. Mi piace realizzare film che guarderei, e sono del genere che mi inquieta molto”. Elordi rivela di aver già rinunciato a fare un provino per uno di questi ruoli, ossia Superman, mentre parla di quei personaggi più cupi, tra quelli che ha interpretato, che gli sono sembrati troppo esagerati. “Ho pensato immediatamente no, grazie. È troppo cupo per me”, ha dichiarato l’attore.
Elordi ha parlato della trilogia di The Kissing Booth di Netflix. La rivista paragona il ruolo al tipo di parte che un attore potrebbe fare quando ha davvero bisogno di lavorare o è alla ricerca di un ruolo minore in un franchise, che ha un buon rendimento, ma che potrebbe non essere altrettanto soddisfacente dal punto di vista artistico. Nel caso di The Kissing Booth, la star di Saltburn dice: “Quei film sono ridicoli. Non sono universali. Sono una sorta di evasione”.
Per lui, fanno parte dell’approccio “uno per loro, uno per me” che può intrappolare alcuni attori sulla via della celebrità. “Anche quella è una trappola. Possono diventare quindici per loro e nessuno per te”, spiega. “Non hai idee originali e sei morto dentro. Quindi è difficile da gestire. Il mio ‘uno per loro’ l’ho fatto”, conclude.
Se questi sono i sentimenti attuali di Elordi, durante l’intervista l’attore ammette di non essere sempre a suo agio nell’offrire i suoi pensieri ai giornalisti, temendo che una risposta estemporanea possa portare a poca libertà di evolvere o cambiare le sue risposte in un altro momento. “Diffido di qualsiasi tipo di assoluto. Mi sembra quasi che io cambi ad ogni singolo passo che faccio. È per questo che non mi piacciono molto le interviste, perché si stabilisce qualcosa di assoluto”.
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