Un abito color cipria di Monique Lhuillier dallo scollo profondo, un margarita in una mano e una sigaretta nell’altra. Lo sguardo di chi ha appena vissuto uno dei momenti più indimenticabili della propria vita. Phoebe Waller-Bridge, seduta su una delle sdraio della piscina dello Chateau Marmont, leggendario hotel di Los Angeles, è circondata da cinque Emmy, quelli vinti poche ore prima durante la 71ª edizione degli Oscar della tv per Fleabag. Uno scatto immortalato dal suo amico Josh Cole, responsabile della sezione comedy della Bbc. Era il 2019 e di lì a poco sarebbero arrivati anche due Golden Globe, uno Screen Actors Guild Award, un Critics Choise Award e un Bafta. Solo un anno dopo Times la inserisce tra le persone più influenti del mondo.
Oggi la ritroviamo co-protagonista di Indiana Jones e il quadrante del destino al fianco di Harrison Ford, quinto capito della saga dedicata ad Indy. Nel film, diretto da James Mangold, interpreta Helena Shaw, la figlioccia dell’archeologo ormai giunto alla pensione. Ma sarà proprio lei a riportarlo in azione. Tutta colpa di un congegno ideato da Archimede per individuare i buchi neri e, neanche a dirlo, dei nazisti.
Phoebe Waller-Bridge e la sua Fleabag, nata da una scommessa
Continuando in un ipotetico racconto per immagini, la prima volta che il grande pubblico – quello delle piattaforme globali, per intenderci – vede Phoebe Waller-Bridge è sulla locandina della prima stagione di Fleabag. L’attrice, sceneggiatrice e commediografa britannica appare in primo piano con il volto segnato dal rimmel colato dalle sue lacrime. Ma la serie diretta, prodotta, sceneggiata e interpretata da Waller-Bridge prima di approdare nel 2016 sulla Bbc Three e su Prime Video, era nata come un’opera teatrale.
Il suo debutto, nato da una scommessa di Waller-Bridge con un amico che l’ha sfidata ad avere un’idea per un numero di stand-up in soli dieci minuti – risale al 2013. Fleabag viene presentato al Fringe Festival di Edimburgo, manifestazione più grande al mondo dedicata alle arti. Alla regia Vicky Jones, regista, sceneggiatrice e grande amica di Waller-Bridge, con la quale ha fondato anche la compagnia teatrale DryWrite di cui è co-direttrice artistica. Il successo è tale da portare lo spettacolo in scena al Soho Theatre di Londra per poi volare dall’altra parte del mondo, a New York, per esibirsi in un teatro di Off-Broadway (negli anni seguenti verrà anche proiettato nei cinema e in altri teatri sold-out).
Nel frattempo l’accoglienza riservata all’opera è tale da catture l’attenzione di Bbc Three e Amazon Studios che co-producono un adattamento della pièce in sei episodi.
Fleabag, un “sacco di pulci” pieno di dolore e rabbia
Per chi non l’avesse mai vista, la serie vede al centro il personaggio (senza nome) interpretato da Waller-Bridge. Nell’opera teatrale così come nella serie ci si riferisce a lei come Fleabag che, nella sua traduzione, significa “sacco di pulci”. Giovane donna sulla trentina, la protagonista gestisce un bar a tema porcellino d’india che aveva aperto con la sua migliore amica Boo, morta – accidentalmente – suicida dopo aver scoperto il tradimento del suo fidanzato. Il dolore per la sua perdita e per quello di sua madre portano la protagonista a reagire nell’unico modo che conosce: autosabotandosi.
Lo fa collezionando una serie di relazioni a dir poco discutibili, soffocando le sue emozioni e nascondendo tutto dietro un muro di sarcasmo e cinismo. Tragicomica, la serie mette in scena il caos esistenziale della sua protagonista con un’ironia scorrettissima che lascia poi il posto a parentesi struggenti.
“Avevo bisogno di vedere quel personaggio. E volevo interpretare quel personaggio. E poi ho scoperto che avrei potuto scrivere quel personaggio” ha raccontato Waller-Bridge nel 2019 in un evento al The Town Hall di New York come riportato da The Hollywood Reporter. “Sento una sorta di fuoco che mi alimenta quando scrivo qualcosa che sembra veritiero e un po’ pericoloso e scrivere Fleabag mi ha bruciato dentro. Ed ero guidata da quel senso di rabbia. E se dicessi sul palco quello che dico a un mio amico? O se esprimo solo un po’ della rabbia che provo ma alzo il volume? L’unico modo in cui ho potuto davvero descrivere il personaggio è stato: ‘Quando mi sentivo rabbiosa, in piedi al precipizio di qualunque cosa fosse nella mia mente, e guardavo il fondo dell’abisso, quel fondo era #Fleabag. Era come se scrivessi per impedirmi di diventare lei’”.
La Fleabag Era
Inserita dal Guardian tra le migliori serie del XXI secolo, Fleabag oltre a infrangere la quarta parete e parlare direttamente in camera a noi spettatori, ha infranto anche molte convenzioni in termini di narrazione femminile. Il personaggio scritto da Phoebe Waller-Bridge che si eccita guardando i discorsi di Obama e si innamora dell’hot priest interpretato da Andrew Scott è l’elemento di rottura in fatto di rappresentazione femminile sul piccolo schermo degli anni Duemila.
Prima di lei non sono mancati altri esempi (da Sex and the City a Gilmore Girls passando per le Girls di Lena Dunham) ma Fleabag ha messo in scena una disperazione, un’onestà, una goffaggine e una capacità rara di relazionarsi al pubblico in termini di insicurezza, paure e disastri quotidiani tali da portare con sé una componente di autenticità rara. Al punto che è stato coniato il termine Fleabag Era e il suo atteggiamento autodistruttivo ha finito per essere travisato dando vita su TikTok a dei video in cui delle ragazze si compiaccioni dei fallimenti della propria sfera privata. Atteggiamento collegato al femminismo dissociativo che ben sintetizza come sia facile distorcere un messaggio al tempo dei social e della viralità.
Ma Fleabag ha anche aperto la strada a tanti altri personaggi femminili che senza di lei forse avrebbero fatto più fatica ad emergere. Un paio di esempi significativi sono Tracey interpretata da Michaela Coel in Chewingum e Aya Cash nei panni di Gretchen in You’re The Wrost. Senza contare che, tra i tanti momenti indimenticabili, la serie ci ha regalato un monologo pronunciato da Kristin Scott Thomas sul dolore da poter annoverare tra le pagine più riuscite della moderna era televisiva.
“Le donne nascono con il dolore dentro di sé. È il nostro destino: dolori mestruali, tette gonfie, il parto. Siamo destinate a sentire il dolore per tutta la vita. Gli uomini no, devono cercarselo. Così inventano ogni genere di demone per sentire i sensi di colpa. Cosa che a noi invece viene del tutto naturale. Creano le guerre per poter provare qualcosa e quando non ci sono le guerre c’è il rugby. Invece noi sentiamo tutto quanto qui, dentro di noi, continuiamo a soffrire per il ciclo per anni e anni e anni. E quando finalmente impariamo a sopportarlo, indovina un po’? La menopausa. La cazzo di menopausa arriva! E quella è la cosa più meravigliosa del mondo in assoluto! E sì, l’intero pavimento pelvico cede, senti un fottuto caldo e non interessa a nessuno. In compenso sei libera. Non sei più schiava, non sei più una macchina con dei pezzi. Sei solo una persona in carriera. È orrendo. Ma poi è magnifico. Qualcosa a cui aspirare”.
La vulnerabilità di 007 e l’addio a Mr. & Mrs. Smith
L’enorme successo ottenuto a livello globale dalla serie Prime Video ha portato Phoebe Waller-Bridge ad essere contesa da piattaforme e Studios per aggiudicarsi la sua penna o la sua presenza in film o serie tv. Dopo aver preso parte ad alcuni episodi di Broadchurch e aver dato vita ad un’altra serie irresistibile, Crashing, a Waller-Bridge si sono aperte le porte di Hollywood.
È lei la mente dietro la prima stagione di Killing Eve, black comedy basata sulle novelle Villanelle di Luke Kennings, in cui Eve Polastri, funzionaria dell’MI-5 con il volto di Sandra Oh è sulle tracce di un’assassina sociopatica che ha svelato al mondo il talento di Jodie Comer. Due donne molto diverse che finiranno per essere ossessionate l’una dall’altra. E se Ron Howard la chiama a prestare la voce a L3-37, droide co-pilota di Lando Calrissian in Solo: A Star Wars Story e il Saturday Night Live la trasforma in conduttrice per una notte, il vero asso nella manica lo sfodera Daniel Craig quando le chiede di occuparsi della stesura finale di No Time to Die.
Il venticinquesimo capitolo dedicato all’agente segreto di Sua Maestà è l’ultimo con il volto dell’attore e la sceneggiatura, scritta insieme a Neal Purvis, Robert Wade e Cary Joji Fukunaga, segna un cambio di passo in termini di rappresentazione dell’agente con licenza di uccidere. Vulnerabile, Bond 25 mette da parte la virilità e mostra le emozioni. Per non parlare della componente femminile del film grazie al terzetto composto da Ana de Armas, Léa Seydoux e Lashana Lynch, prima 007 donna.
Parallelamente, dopo il clamore suscitato da Fleabag, Amazon Studios non ci pensa due volte e le offre un contratto da capogiro (si parla di 20 milioni di dollari). Una collaborazione di tre anni, rinnovata per altri tre lo scorso gennaio. Il primo progetto annunciato è stato Mr. & Mrs. Smith, adattamento televisivo realizzato con Donald Glover del thriller con protagonisti Brad Pitt e Angelina Jolie. Ma l’attrice e sceneggiatrice ha lasciato lo show perché la sua visione del progetto era troppo diversa da quella del creatore di Atlanta. La piattaforma ha poi annunciato che Phoebe Waller-Bridge era a lavoro su una serie attorno alla quale vige il più totale riserbo al punto che non è dato sapere se si tratti di una commedia o di un dramma. La produzione sarebbe dovuta iniziare lo scorso anno ma, ad oggi, nulla è trapelato.
Lara Croft secondo Phoebe Waller-Bridge
Sappiamo invece che il rinnovo dell’accordo comporta la collaborazione di Waller-Bridge con Claudia Lux, autrice di Sign Here per un adattamento del suo omonimo romanzo. La storia di un ragazzo, Peyote Trip, che vive e lavora al quinto piano dell’Inferno e che un giorno, dopo aver aspettato mille anni, ha l’idea giusta per cambiare il suo destino. Un progetto per il quale Waller-Bridge dovrebbe occuparsi del pilot per poi rivestire il ruolo di produttrice esecutiva.
Sempre per Amazon Studios l’attrice, sceneggiatrice e produttrice è a lavoro su una serie dedicata a Tomb Raider, celebre videogioco degli anni Novanta con protagonista l’archeologa Lara Croft interpretata al cinema da Angelina Jolie (nel 2001 e 2003 in Lara Croft: Tomb Raider e Tomb Raider – La culla della vita) e da Alicia Vikander nel reboot del 2018 intitolato Tomb Raider. Ma come per i precedenti progetti, neanche di questo è ancora stata annunciato nessun nome o dettaglio che permetta di capire in che direzione si muoverà la serie.
La verità è che siamo tutti in attesa. Vogliamo scoprire se quell’incantesimo collettivo è ancora in atto, se quel “sacco di pulci” è ancora lì da qualche parte pronto a stupirci con la sua capacità di alternare toni e registri raccontando un femminile molto lontano dagli stereotipi e molto vicino alla realtà. Perché è bellissimo vedere Phoebe Waller-Bridge al fianco di Harrison Ford o sapere che presterà la voce a uno dei personaggi di If, il prossimo film di John Krasinski. Ma più di tutto vorremmo ritrovare la sua scrittura e le sue storie. Per ritrovarci un po’ anche noi.
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