La solitudine di Travis Bickle – ruolo cult di Robert De Niro in Taxi Driver – è una condizione psicologica e mentale sempre più diffusa secondo il regista. In occasione di una recente copertina di GQ, Scorsese ha commentato con la rivista alcuni dei suoi film più rappresentativi, tra cui The Wolf of Wall Street, The Departed – Il bene e il male, Quei bravi ragazzi e Gangs of New York, oltre che ovviamente Taxi Driver.
Nel descrivere l’approccio al suo film del 1976, il regista ha raccontato innanzitutto che, per ridurre i costi di produzione, avesse preso in considerazione l’idea di portare la produzione in un’altra città, per poi cambiare idea, perché fuori da New York non esisteva la stessa “cultura” dei taxi.
Anche la caratterizzazione del protagonista, Travis Bickle, è stato un punto di riflessione nell’intervista. Scorsese, partendo dalla sceneggiatura di Paul Schrader, ha creato un personaggio – giovane, bianco, depresso e solo – che diventa sempre più violento, fino all’esplosione cruenta del finale.
“Abbiamo continuato a pensare al personaggio, alla sua solitudine e alle sue azioni, senza perdonare quelle che compie, eppure riuscendo a creare una certa empatia con lui, il che è davvero difficile”, ha ricordato il regista. “In ultima analisi, ciò che ci è rimasto impresso è stato lo stato psicologico ed emotivo del personaggio. Come sappiamo ora, tragicamente, è normale che le persone si comportino come Travis Bickle”.
Gli antieroi di Scorsese
Il regista di The Irishman e Killers of the Flower Moon ha anche commentato le reazioni al suo film vincitore dell’Oscar, Toro Scatenato, e all’ancor più violento protagonista maschile di quel film, anch’esso interpretato da De Niro. Sebbene tutti sul set sapessero che alla gente non piaceva il pugile Jake LaMotta, è stato sorpreso di scoprire che la sua troupe la pensasse allo stesso modo.
“Abbiamo messo in campo tutto quello che sapevamo, senza sapere come sarebbe stato accolto”, ha ricordato Scorsese. “Capimmo che alla gente non piaceva e neanche alla troupe, si scoprì, ma io lo seppi solo dopo. ‘Perché stiamo facendo un film su questo tizio? È orribile’, dicevano”.
Pur riconoscendo che LaMotta – spesso presente sul set accanto a De Niro – era una persona sgradevole, il regista lo difende come personaggio alla ricerca di se stesso.
“Quest’uomo sarà anche così, ma è comunque un essere umano. Ha un cuore. Ha un’anima. Alla fine, trova una sorta di pace con se stesso e forse con gli altri intorno a lui”, spiega. “Credo fosse mia intenzione provare a trovare un pezzo di me stesso”, aggiunge Scorsese. E se si ricorda come Toro Scatenato gli “salvò” la vita dopo un periodo di forte dipendenza da sostanze stupefacenti, non è difficile capire cosa intende.
Traduzione di Pietro Cecioni
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