Shakira è nuovamente nel mirino del fisco. L’accusa parte dalla procura di Barcellona, che sostiene che la pop star non abbia pagato 6,7 milioni di euro di tasse (circa 7,1 milioni di dollari) sul suo reddito del 2018. La cantante colombiana, secondo il comunicato dei procuratori divulgato martedì 26 settembre, avrebbe utilizzato una società offshore con sede in un paradiso fiscale per evitare di pagare le tasse. Le accuse sono state notificate a Miami, città in cui vive.
Shakira sarà processata a Barcellona il 20 novembre in un caso separato che riguarda il luogo in cui ha vissuto tra il 2012 e il 2014. I procuratori sostengono che abbia trascorso più della metà del periodo 2012-2014 in Spagna e che quindi avrebbe dovuto pagare le tasse nel Paese, anche se la sua residenza ufficiale era alle Bahamas. I pubblici ministeri accusano la cantante del mancato pagamento di 14,5 milioni di euro di tasse (circa 15,4 milioni di dollari).
I funzionari del fisco spagnolo hanno aperto l’ultimo caso contro Shakira lo scorso luglio. Dopo aver esaminato le prove raccolte negli ultimi due mesi, i pubblici ministeri hanno quindi deciso di sporgere denuncia. Non è stata ancora fissata una data per il processo.
La risposta di Shakira
La società di pubbliche relazioni che in passato ha gestito gli affari della pop star, Llorente y Cuenca, non ha rilasciato alcun commento. Ma lo scorso luglio aveva dichiarato che l’artista aveva “sempre agito in conformità con la legge e con i consigli dei suoi consulenti finanziari”.
Shakira, il cui nome completo è Shakira Isabel Mebarak Ripoll, è stata legata alla Spagna da quando ha iniziato a frequentare il calciatore Gerard Piqué. La coppia, che ha due figli, ha vissuto insieme a Barcellona fino all’anno scorso, quando la loro relazione, durata 11 anni, è terminata.
Nell’ultimo decennio le autorità fiscali spagnole hanno dato un giro di vite alle star. Calciatori come Lionel Messi e Cristiano Ronaldo sono stati infatti giudicati colpevoli di evasione fiscale, ma hanno evitato il carcere grazie a una disposizione che consente al giudice di annullare le condanne inferiori a due anni per chi commette un reato per la prima volta.
Traduzione di Pietro Cecioni
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