“Sto pensando a un film sulla pace”. Quasi ti spiazza Wim Wenders quando rivela il prossimo progetto. “Sarà un film di fantascienza che guarda alla nostra epoca, al presente, dal futuro. E scoprendo le radici della pace permanente nei nostri giorni. Non volevo fare un film distopico, ma un film utopico in cui la pace diventa realtà”.
Wim Wenders,uno dei più premiati registi europei, l’autore de Il cielo sopra Berlino e di Paris, Texas, di film ambiziosi e bellissimi come Fino alla fine del mondo, è a Bologna per la presentazione – al festival “Il cinema ritrovato” – della copia restaurata del suo film Nick’s Film – Lampi sull’acqua.
Un’opera in cui il cineasta tedesco documentava, giorno dopo giorno, le ultime settimane di vita di una leggenda del cinema, Nicholas Ray, il regista di Gioventù bruciata. Il film sarà distribuito in noleggio e vendita da CG Entertainment, in Dvd e sulle piattaforme,dall’11 luglio. Una macchina da presa puntata su un’agonia, quella di Nick Ray, malato terminale di cancro. Ma anche un estremo atto d’amore. Raccogliere la vita, nel momento in cui se ne va.
E adesso, sta pensando ad un film sulla pace.
Sì: normalmente i film ambientati nel futuro sono raramente utopici; di solito mostrano il mondo in uno stato catastrofico. Io ho cercato di fare un film in cui la pace regna. Sto lavorando a uno script, e ho in mente anche degli attori, ma adesso è davvero troppo presto per parlarne.
Certamente, non sarà indifferente a quanto accade in questi mesi in Europa. Che riflessioni le vengono alla mente?
Mi ha sconvolto vedere come sia cambiata radicalmente la nostra visione della Russia. Abbiamo fatto un grande errore demonizzando la Russia. La cultura russa non ha niente a che vedere con quello che hanno deciso i suoi capi politici. E adesso, bandire tutto ciò che è russo, a prescindere, è un danno collaterale che Putin ha inflitto al suo paese.
Nei suoi film sembra sempre attratto dal ritrarre il sogno, il desiderio, la routine di una vita pacifica. Anche in Perfect Days, il film che ha mostrato a Cannes, e che è valso il premio come migliore attore al suo protagonista, Koji Yakusho.
Sì: potrei dire che credo ancora nell’utopia, e spero ancora che l’umanità possa imparare dal passato. Penso che una delle basi della cultura europea sia la capacità di imparare dal passato. Anche se a dire il vero, in questi giorni non sembra. Ma tuttavia, è anche uno dei motivi per i quali abbiamo il cinema: per ricordarci ciò che è stato.
Tornando a Nick’s Film, ha dei ricordi personali di quella esperienza – lei che andava negli Stati Uniti, con una telecamera, in casa di Nicholas Ray, a filmare i suoi ultimi giorni?
La mia esperienza più profonda e più forte fu la sensazione di ansia e di paura. Paura che stessimo facendo qualcosa che danneggiasse Nick, paura che filmando un uomo così malato lo rendesse ancora più malato. Ma alla fine, quando ho parlato col medico che lo stava curando, e gli ho chiesto ‘pensa che dovremmo andare avanti? Ho tanta paura che il film lo renda più debole’, lui mi ha risposto: ‘Per amor di Dio, continui! Se Nick è ancora vivo, è grazie al film. È il film che lo tiene in vita, e la prego, non si preoccupi di nulla. Vada avanti con le riprese, perché il pensiero del film è ciò che lo tiene in vita’.
Torneranno in sala e in streaming anche gli altri suoi film, grazie a CG Entertainment che ha rilevato la library delle sue opere per l’Italia. Il cielo sopra Berlino sarà al cinema già in autunno, distribuito dalla Cineteca di Bologna. Con quale criterio ha scelto le uscite, e i conseguenti restauri?
Da dieci anni, i miei film non appartengono più a me, ma alla Wim Wenders Foundation a Düsseldorf. È una no profit, con il solo scopo di preservare i film, che diventano così padroni di se stessi. In dieci anni, siamo riusciti a restaurare venti film, a cominciare da Alice nelle città.
Alice nelle città è uno dei suoi primi film, e uno di quelli che hanno forse più subito l’usura degli anni.
Abbiamo iniziato dai più danneggiati, dai film che avevano più bisogno di un restauro. Alice nelle città era così gravemente danneggiato che non era più possibile stamparne una copia. Il negativo originale era morto, ed è stato complicatissimo riportarlo alla vita. È stato un processo difficilissimo, il processo di una vera e propria rinascita. Alice era morta, ed è rinata. Dopo due anni di lavoro, abbiamo un film bello come il primo giorno.
A questo punto della sua carriera – a 77 anni, con 25 lungometraggi diretti e una decina di documentari, tre candidature all’Oscar, una Palma e un Leone d’oro, un Orso d’oro alla carriera, come definirebbe il suo periodo, il suo momento?
Mi sento sempre, ogni volta, un principiante. Uno che deve ricominciare ogni volta da zero, e capire come filmare il mondo. Un principiante, con un po’ di esperienza. Ma in quale periodo sono? Il periodo blu, come i miei occhiali. E comunque, sempre, nel primo periodo.
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