Xavier Dolan lascia la regia perché nessuno vede i suoi film. Ma è l’unico che dovrebbe ritirarsi?

I botteghini piangono anche al passaggio di un famoso archeologo come Indiana Jones e non stanno al passo dell'eroe supersonico The Flash. Dire addio, però, non è necessariamente la cosa più giusta da fare

Il regista canadese Xavier Dolan, 34 anni, dice che si ritirerà dalla regia. Lo dichiara a El Paìs durante un’intervista, sostenendo di “non avere più la forza” di dedicarsi a un progetto per due anni. Che il suo cinema sia brutto? Si domanda. Ma il problema che l’autore canadese si pone è ben più profondo – anche perché Dolan lo sa benissimo che il suo cinema, brutto, non lo è affatto.

Il tema sollevato dalle parole di un regista che, ricordiamolo, ha cominciato a dirigere a diciannove anni (solo per avere la possibilità di recitare da protagonista) debuttando nel 2009 con J’ai tué ma mère, è lo stesso con cui molti suoi colleghi si stanno confrontando in questi mesi. Ovvero: i loro film non li vede nessuno. O quasi.

Nemmeno Indy può salvarci

“I miei film non li vede nessuno. Non ho più voglia né le forze di impegnarmi per due anni in un progetto che poi non viene visto”. L’affermazione è di Dolan, ma potrebbe appartenere a qualsiasi altro regista, dall’esordiente in un piccolo progetto indipendente, fino al regista di blockbuster dal budget da capogiro.

Il caso più recente è il box office di Indiana Jones e il Quadrante del Destino. Sebbene l’eroe di Harrison Ford sia in vetta alla classifica degli incassi, dai primi risultati del film a livello globale sembra improbabile che la pellicola riesca a recuperare la quota di circa 300 milioni investiti nella produzione. Figuriamoci raggiungere i 4 milioni conquistati dal precedente Indiana Jones e il Teschio di Cristallo nel primo weekend italiano di uscita. Era il 2008. Oggi pare un miraggio.

Se nemmeno un archeologo dalla fama mondiale riesce a portare a casa il bottino, sono poche le speranze per un film come Piggy, che in Italia uscirà il 20 luglio: un film amato dalla critica, candidato ai premi Goya e passato in anteprima al Sundance Film Festival, che ha ricevuto un riscontro al botteghino di soli 409.224 dollari su un budget di 2,5 milioni. Esattamente la fine che non vuol fare Xavier Dolan (il quale, col suo ultimo Matthias & Maxime, si è portato a casa 1,8 milioni. C’è di peggio).

Chiedete ai supereroi

Non basta il nome del regista, non bastano i divi, figuriamoci gli autori (tranne il signor Quentin Tarantino). Un esempio? Il più giovane regista mai premiato nella storia degli Oscar, Damien Chazelle, che col suo Babylon – con stelle come Brad Pitt e Margot Robbie – ha incassato 63 milioni a fronte dei 78 impiegati per la realizzazione del suo (non) omaggio alla Hollywood classica.

I supereroi? Nemmeno a parlarne. Chiedete a Black Adam (393.252.111 dollari e sequel a rischio), Shazam! Furia degli dei (133,4 milioni) e all’ultimo, ma non ultimo, The Flash (248,6 milioni), il peggior flop di sempre al botteghino per un film sui supereroi.

Xavier Dolan, non mollare

Le dichiarazioni di Xavier Dolan impongono una riflessione su quel senso di attesa che purtroppo, oggi, soltanto pochi film sanno davvero far funzionare (vedi alla voce Barbie, tra poster pubblicitari, negozi a tema aperti in California e un’intera casa delle bambole nel centro di Malibù). I modi di fruizione sono cambiati, la concorrenza delle piattaforme è alta, ma se tutti “mollassero”, e smettessero di produrre storie originali – più o meno apprezzate al box office – allora sì che il cinema sarebbe finito per davvero.

Dice sul serio, Dolan? Forse proseguirà con la carriera da attore – come in fondo ha sempre desiderato – o forse si lascerà alle spalle la regia per poi riprendere il discorso tra vent’anni. A dirla tutta, non è nemmeno la prima volta che annuncia di voler lasciare. Vedremo.

La qualità, se autentica, verrà ripagata. Occorre raccontarsi una piccola “quasi bugia” per andare avanti. O guardare ai casi fortunati che oggi sono un piccolo miracolo. Sperando che Dolan e i colleghi più indipendenti possano  un giorno avere la fortuna, meritata o meno, di un Everything Everywhere All At Once. Un multiverso in cui una madre rincorre la propria figlia capace di guadagnarsi sette premi Oscar e il record per la A24 per il primo film a raggiungere 100 milioni di dollari in tutto il mondo. Non proprio “nessuno”.