Alien, il predatore puro che uccide tutto quel che vede (grazie ad una squadra formidabile)

I personaggi "unisex", la trovata dell'"alien fucks one of them", l'opzione Meryl Streep, l'apporto di ostriche e meduse, il contributo di Rambaldi: ecco i segreti del film-icona del 1979 (tornato in sala). Ed ecco le menti che lo realizzarono

Dopo Toro scatenato, Alien: il primo della serie, quello diretto da Ridley Scott. Diciamo la verità: avere la chance di rivedere (o vedere) al cinema grandi film degli anni ’70 e ’80 rende la vita migliore. Toro scatenato rimane un grande prototipo, un capolavoro che non poteva dar vita a nessun franchise – come si dice oggi. Alien, visto al cinema nel 1979, era una sorta di appello a un sequel, anzi, a tanti sequel: diteci cosa succederà a Ripley dopo che si addormenta, diteci cosa succederà a tutte le uova rimaste sul pianeta, mostrateci soprattutto chi diavolo le ha deposte! Tutte queste domande avrebbero ricevuto ottime risposte nel formidabile seguito Aliens-Scontro finale, diretto da James Cameron otto anni dopo. Poi il franchise di Alien è proseguito nel tempo, con alti e bassi.

Un film che fa davvero paura

Quando vedemmo Alien al cinema nell’ottobre del ’79 (in America era uscito a maggio) rimanemmo sconvolti. Ecco un film che fa davvero paura, pensammo. Circa un mese prima avevamo visto I guerrieri della notte e decidemmo che quelli erano i due grandi film dell’anno! Fu con grande piacere, e un pizzico di sorpresa, che nei titoli di Alien vedemmo, con la qualifica di produttore, il nome di Walter Hill.

Il regista dei Guerrieri è in effetti una delle tante intelligenze al lavoro per un film che non somigliava per niente al precedente lavoro del regista Ridley Scott, I duellanti. E anche se Scott è successivamente diventato un maestro della fantascienza con Blade Runner, bisogna ribadire che Alien è veramente il risultato di un raffinatissimo lavoro di squadra. Per cui, preparandoci a rivederlo in sala (fino al 31 maggio), vediamo chi erano i componenti di quella squadra.

Il gruppo dietro Alien

Dan O’Bannon, sceneggiatore, fu il primo ad avere l’idea. Aveva lavorato in un film di John Carpenter – Dark Star – dal quale era rimasto ampiamente deluso. Voleva realizzare un film di fantascienza con un budget adeguato, e che facesse una paura fottuta. Nacque così l’idea dell’alieno assassino, una creatura senza alcuna coscienza, un predatore puro che uccide tutto ciò che vede. Per far capire a Scott e ai produttori (oltre a Hill, David Giler e Gordon Carroll) che tipo di suspense avesse in mente, li costrinse a vedere Non aprite quella porta, il terrificante horror girato da Tobe Hooper nel 1974. Era l’idea giusta. E fa capire come Alien fosse “apparentemente” un film di fantascienza ma, di fatto, un horror basato sul meccanismo di Dieci piccoli indiani: un killer spietato li ammazza tutti, uno dopo l’altro, finché…

Ronald Shusett era il co-sceneggiatore e risolse brillantemente un impasse, nel quale lui e O’Bannon si erano bloccati durante la prima stesura: ok, loro trovano gli alieni su un pianeta sperduto, ma come accade che uno degli alieni finisce a bordo dell’astronave? Shusett se ne uscì con una frase che dice tutto del film: “The alien fucks one of them”, l’alieno scopa uno di loro. Da lì nasce poi l’idea del “facehugger”, la prima fase dell’alieno che si avvinghia alla faccia di John Hurt. Shusett e O’Bannon decisero subito che la prima vittima sarebbe stato un uomo, per evitare che la scena somigliasse troppo a uno stupro… e anche per bypassare il solito cliché degli horror in cui una donna indifesa è la prima vittima.

Personaggi unisex in Alien

Walter Hill e David Giler, produttori, contribuirono in realtà anche al copione e hanno mantenuto fino ad oggi una quota di copyright sui personaggi. Nella sceneggiatura originale i personaggi si chiamavano Standard, Roby, Broussard, Melkonis, Hunter, Faust (non c’era il personaggio di Ash, il robot). Hill e Giler detestavano questi nomi e li cambiarono più volte, fino ad arrivare a Dallas, Ripley, Kane, Lambert, Parker, Brett… e Ash, personaggio chiave aggiunto in corso d’opera. Un dettaglio interessante: O’Bannon e Shusett dichiararono fin dalla prima stesura che i personaggi erano “unisex”, venivano definiti solo con il cognome e potevano essere affidati ad attori come ad attrici. Idea molto moderna, che ha precorso l’inclusività di oggi… ma nessuno di loro pensava a Ripley come a una donna.

Ridley Scott, o forse Hill, o forse tutti e due decisero a un certo punto che Ripley – l’unica che sarebbe sopravvissuta assieme al gatto Jones – sarebbe stata una donna, aggiungendo un ulteriore tocco di femminismo a un film in cui il computer centrale della nave spaziale (diciamo l’erede di Hal 9000 di 2001) si chiama “Mother”. Furono provinate diverse attrici e alla stretta finale il ruolo era in gioco fra Sigourney Weaver… e Meryl Streep, che non era ancora la “numero 1” di Hollywood. Probabilmente fu scelta Weaver per il fisico imponente (è alta 1,82) ma le cronache riferiscono anche che, al momento delle riprese, Meryl Streep era in lutto per la morte del suo compagno John Cazale e non se la sentì, per un po’ di tempo, di lavorare.

Il disegnatore dell’alieno

Hans Rudolf (H.R.) Giger, il famoso artista svizzero, disegnò l’alieno. Scott lo coinvolse avendo visto il suo libro Necronomicon, che a sua volta si ispirava molto al lavoro di Moebius. Gli appassionati di musica rock notarono immediatamente che il design dell’alieno ricordava da vicino le pitture create da Giger per la copertina di Brain Salad Surgery, famoso disco di Emerson Lake & Palmer uscito nel 1973. A posteriori, sarebbe stato interessante chiedere a EL&P di scrivere la colonna sonora. Invece la firmò Jerry Goldsmith, che per altro ebbe un rapporto difficile con Scott che voleva qualcosa di estremamente “minimale”, per nulla sinfonico.

Ben tre “Sir” sono coinvolti nel film: Sir Ridley Scott, Sir John Hurt, Sir Ian Holm (il futuro Bilbo Baggins), tutti baronetti di Sua Maestà britannica. Anni fa intervistammo Hurt che ci raccontò come girare la scena in cui il “chestbuster” erompe dal suo petto fu una specie di comica. Di Hurt, in quella scena, c’è ovviamente solo la testa. Lui stava su una tavola, sulla quale era stata costruita la “protesi” del suo corpo; sotto la tavola, c’era un tizio che doveva spingere il “chestbuster” dal basso verso l’alto.

La scena non veniva, ci volle parecchio tempo. Il problema era che il corpo finto, per simulare l’esplosione delle viscere, era stato riempito di interiora di animali che, sotto le luci del set, cominciarono a puzzare terribilmente dopo pochi minuti. Fu un problema che si ripropose più volte… le macellerie e le pescherie dei dintorni diedero un contributo importante! Nella scena della “autopsia” del “facehugger”, quella specie di granchio dalle zampe lunghe, furono utilizzate ostriche, meduse e un rene di capra. L’interno delle uova aliene sul pianeta era fatto con interiora di vacche.

L’uomo dei titoli di Hitchcock

Saul Bass, il famoso “titolista” di Hitchcock, disegnò la grafica dei titoli, con le lettere della parola “ALIEN” che compaiono piano piano (per prima la “I” centrale, poi le due barre oblique di “A” e “N”, per cui la scritta è inizialmente “/ I I I \”, poi si compone la parola intera). Bass non è accreditato nei titoli medesimi!

Barbara Gips, pubblicitaria, scrisse una delle frasi di lancio più belle ed efficaci di tutti i tempi: “In space no one can hear you scream”.

Bolaji Badejo, nigeriano, alto 2,08, è uno dei grandi eroi senza volto del cinema, un po’ come Peter Mayhew e Anthony Daniels che fanno rispettivamente Chewbacca e C-3PO in Guerre stellari. È lui che si nasconde nel costume dell’alieno. Giger, inizialmente, aveva proposto di chiedere alla famosa indossatrice Veruschka (alta 1,90) di esibirsi in quel ruolo ingrato. Scott invece voleva utilizzare gli “animatronics”, ovvero delle creature meccaniche azionate a distanza, un po’ come il Pinocchio di Rambaldi. Poi vide Badejo, che non solo era altissimo ma anche super-magro e molto dinoccolato, lo provò e decise che andava bene.

Rambaldi lavorò nel film, ma creò uno degli effetti – per altro – più terrificanti, la bocca retrattile dell’alieno che si protende dal suo muso quando sta per colpire. Badejo poi non ha quasi fatto nient’altro, nel cinema, e sul set fu “vittima” di una voluta emarginazione da parte di Scott: non doveva partecipare alla pausa del tè né ai pasti, gli altri attori non dovevano mai vederlo per non pensare a lui quando fronteggiavano il mostro: rischiavano di scoppiare a ridere, rovinando i ciak.

E ora, buona (re)visione, e ricordatevi: nello spazio nessuno può sentirvi urlare…