Neill Blomkamp, come sceneggiatore e regista, ha una solida esperienza con il cinema di genere – dal suo primo successo internazionale, il fantascientifico District 9 (2009: una rivelazione), ai distopici Elysium (2013) e Humandroid (2015). Ma a renderlo perfetto per dirigere un biopic d’azione come Gran Turismo è soprattutto il suo background da specialista degli effetti visivi.
Combinando in giusta dose nuove tecniche di ripresa digitale, scelte di produzione convincenti e un potente stile visivo, la sua regia contribuisce in maniera decisiva al ritmo adrenalinico del film.
Gran Turismo, dal videogioco al film
“Basato su una storia vera” (come insistentemente precisato nel titolo), il materiale di partenza di Gran Turismo offre al regista un potenziale limitato di libertà creativa: per quanto la storia di Jann Mardenborough sia interessante, gli sviluppi della trama restano prevedibili. Quel che è certo, tuttavia, è che la pervasiva campagna promozionale di Sony farà passare in secondo piano la debolezza narrativa del film, pensato per attirare un pubblico entusiasta di appassionati videogiocatori, tra cui gli utenti di Gran Turismo, e di fan di corse e motori.
Una fanbase molto fedele, quella di Gran Turismo – videogioco di simulazione di guida per PlayStation – affezionata al franchise fin dal suo lancio nel 1997, quando arrivò sul mercato grazie allo sviluppatore giapponese Polyphony Digital. Un titolo che deve gran parte del suo successo all’elevato grado di somiglianza dei veicoli del gioco, e dei circuiti automobilistici, a quelli reali: una caratteristica che ha aiutato nella vita vera Mardenborough a sviluppare le capacità necessarie per gareggiare a livello professionale, riducendo in modo significativo gli anni che occorrono a un pilota “vero” per prepararsi ala vittoria.
La storia vera di Jann
All’inizio Gran Turismo non è che un semplice passatempo per Jann (Archie Madekwe), adolescente senza grandi prospettive nella città operaia di Cardiff, nel Regno Unito occidentale. Il ragazzo vive con il padre Steve (Djimon Hounsou), la madre Lesley (Geri Halliwell Horner) e il fratello maggiore Coby (Daniel Puig) e lavora come commesso in un grande magazzino locale. Jann non pensa al futuro e l’unica cosa che gli interessa è giocare a Gran Turismo, nonostante il padre sia convinto che stia solo perdendo tempo sprecando il suo potenziale.
La sceneggiatura di Blomkamp, scritta con Jason Hall e Zach Baylin, non si sofferma sulle dinamiche familiari né sulle motivazioni psicologiche dei personaggi. Si entra quasi subito nel cuore dell’azione, quando Jann decide di partecipare a una competizione di Gran Turismo sponsorizzata da PlayStation e Nissan, organizzata per reclutare giocatori, addestrarli come piloti veri e lanciarli in pista contro un gruppo di professionisti. La partnership tra la casa automobilistica e Sony, nata da un’idea del responsabile marketing americano di Nissan, Danny Moore (Orlando Bloom), è parte di una campagna promozionale per trasformare gli appassionati di videogiochi in potenziali acquirenti delle auto della casa giapponese.
Dopo aver vinto una serie di gare di Gran Turismo, Jann si qualifica per la scuola di formazione GT Academy di Nissan, insieme ad altri nove aspiranti piloti provenienti da tutto il mondo (tra loro anche alcune donne). Solo uno di loro, però, potrà aggiudicarsi l’ambito posto: il film, piuttosto prevedibilmente, non lascia alcun dubbio sulle concrete possibilità di Jann, nonostante Jack Salter (David Harbour), un pilota esperto assunto da Moore per mettere in riga i giocatori, sia molto esigente.
Gran Turismo, la recensione
Il senso di incertezza, e il conseguente carico di tensione, emerge finalmente con forza quando Jann si mette al volante di un’auto da corsa vera, sul circuito austriaco. Imparare a guidare una Nissan ad alta velocità è già difficile, ma lanciare un principiante in pista contro un gruppo di piloti esperti, e pretendere che vinca, sfiora l’impossibile. Mosso dall’entusiasmo e sicuro del suo piano, Moore affida Jann al verterano Salter, la cui buona volontà mista a una rancorosa invidia lo rendono un credibile “quasi” antagonista.
Nonostante la bidimensionalità del personaggio, Harbour si impegna con passione nel suo ruolo di “addestratore” dei piloti dilettanti, mentre il dirigente del marketing di Bloom, meno empatico, limita le interazioni con i ragazzi. Madekwe (Midsommar, la serie See di Apple TV+) fa bene il suo dovere nel ruolo di Jann, unico pilota di colore sul circuito.
Gli appassionati di automobilismo apprezzeranno l’incredibile varietà di auto da corsa presenti nel film, dalle BMW alle Chevrolet, dalle Ford alle Ferrari, dalle Lamborghini alle McLaren, le Porsche, e naturalmente le Nissan. Spettacolari le riprese, effettuate da Blomkamp – insieme al direttore della fotografia Jacques Jouffret – sia con speciali telecamere digitali Sony, capaci di funzionare in remoto con obiettivi montati all’interno delle auto, che con una serie di sofisticati droni usati per le riprese dall’alto e per le soggettive dei piloti al volante.
Elementi che aiutano il film a superare il suo deficit narrativo: a convincere (e a vendere) sono le emozioni. E Gran Turismo ne ha in abbondanza.
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