Cercava un personaggio in grado di trasmettere al primo sguardo l’anima di Venezia e del suo Casanova, Federico Fellini. Si dice che cercò a lungo un “vitellone” invecchiato, indolente, ozioso, provinciale. E forse per questo fece un provino ad Alberto Sordi, che da anni desiderava tornare sul set con il regista. Seguito poi dal provino di Vittorio Gassman e del suo attore feticcio, Marcello Mastroianni.
Non doveva somigliare a niente di già visto nei suoi film, tuttavia, questo Casanova. Né doveva discostarsi troppo: Al Pacino, per esempio, fu scartato perché troppo sensuale, stonato nell’universo grottesco felliniano. Improvvisamente il regista ricordò di aver incontrato l’attore perfetto, poco prima, sul set di Novecento di Bernardo Bertolucci, un attore “dalla faccia vaga, acquatica” e a suo modo simile alla misteriosa e dissoluta Venezia, Donald Sutherland.
Una volta trovato il suo protagonista, Il Casanova di Federico Fellini (1976), questo il titolo completo, venne realizzato interamente all’interno di Cinecittà, dove ancora sono esposti alcuni oggetti di scena e grandi pezzi della scenografia e i cui costumi valsero l’Oscar a Danilo Donati nel 1977.
La trama è tratta dai racconti autobiografici di Casanova, Histoire de ma vie, ma l’estetica e la visione è puro frutto del mondo visionario del regista, che nella messa in scena si divertì anche a rispecchiare e ribaltare il quasi contemporaneo Barry Lyndon di Stanley Kubrick (1975).
Cosa sarebbe stato il Casanova di Fellini senza gli occhi glaciali di Donald Sutherland? Forse tutto un altro film, tutta un’altra storia.
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