Dampyr. Ricordate quel film con cui in tanti, troppi, si sono riempiti la bocca un anno fa a Lucca Comics&Games strappandosi le vesti? Il primo capitolo del Bonelli Cinematic Universe, girato nel 2019 (partendo da Bucarest) pronto nel 2020 a ridosso del Covid e tenuto in naftalina due anni, nel festival internazionale ambientato nella cittadina toscana aveva ricevuto la più classica delle accoglienze provinciali. Un riscontro freddo, per un prodotto internazionale.
Stessa sorte al box office italiano, in cui il lungometraggio aveva racimolato poco più di 350.000 euro. Un risultato sorprendente per una produzione audace, completa, con ambizioni internazionali e un livello tecnico notevole, testimoniato da una candidatura ai David di Donatello, il più importante premio cinematografico italiano, per gli effetti speciali.
Netflix Usa, Dampyr sul podio
“La scommessa era giusta, lo sapevamo. Certo quello che sta succedendo ora supera ogni nostra rosea aspettativa” rivela Michele Masiero, direttore editoriale di Sergio Bonelli editore, la casa editrice di fumetti più importante d’Italia, che da Tex Willer a Dylan Dog ha regalato all’Italia i personaggi disegnati più amati e venduti della storia del dopoguerra, a tutti gli effetti la Marvel italiana. Senza supereroi e tute sgargianti, ma con archetipi (il cowboy, l’indagatore dell’incubo, l’agente del futuro, l’esploratore) che sono umanissimi e irresistibili. E anche chi ha ricevuto in sorte poteri sovrannaturali, come Dampyr stesso, li gestisce come qualcosa di “normale”.
E quello che sta succedendo è che su Netflix Usa, per i film in lingua inglese, quindi la “classifica dei grandi”, non quella del “resto del mondo”, Dampyr è terzo. Prima dei Minions, prima del The Killer di Fincher e Fassbender, prima di Spider-Man. Per intenderci prima di film il cui budget di comunicazione supera di diverse centinaia percentuali quello produttivo del cinecomic italiano.
Il primo passo per conquistare il mondo, dal momento che arriverà “in Giappone, il 10 gennaio 2024”, svelano per la prima volta da Via Buonarroti, sede storica milanese della casa editrice.
“Degli altri nove in too 10 – dice sorridendo Vincenzo Sarno, direttore di Bonelli Entertainment – il più povero produttivamente è costato 100 milioni di dollari. Noi, 15 milioni di euro”. Per intenderci, poco più di Comandante di Edoardo De Angelis, due miracoli produttivi se è vero che da una parte si è fatto un cinecomic capace di rivaleggiare con i grandi e dall’altra si è ricostruito un sottomarino. E non a caso Dampyr sfonda negli Usa e Comandante ha superato la dozzina di paesi in cui è arrivato nel mondo, in attesa dei risultati del mercato di Buenos Aires.
Dampyr, la trama
Uscito il 28 ottobre del 2022 e diretto da Riccardo Chemello, su una sceneggiatura firmata da Alberto Ostini, Giovanni Masi, Mauro Uzzeo e lo stesso Mauro Boselli che insieme a Maurizio Colombo ha creato il personaggio, è stato interpretato da Wade Briggs, Stuart Martin, Frida Gustavsson, Sebastian Croft, David Morrissey e Luke Roberts, e appunto prodotto da Bonelli Entertainment con Eagle Pictures e Brandon Box e distribuito in Nordamerica da Sony Pictures.
Il film è la origin story di Harlan Draka, il dampyr della serie bonelliana ormai ventennale (e a ridosso dei 300 albi pubblicati solo nella serie normale), che figlio di un maestro della notte (Draka appunto) e di un’umana, ha il potere di uccidere i vampiri con il suo sangue. Per questo, alla morte della madre, viene affidato alle tre zie che ne proteggono il libero arbitrio dalle influenze nefaste paterne.
Qui, a partire, dall’ex Jugoslavia e dalla guerra dei primi anni ’90 nei Balcani, arrivata a causa dell’implosione del regime comunista e la dichiarazione d’indipendenza delle repubbliche più importante che la componevano, combattuta violentemente dalla Serbia, si sviluppa la storia di questo giovane uomo che scopre un potere letale che sconvolge la sua umanissima vita. Potere che gli porta anche due amici molto speciali, la non morta Tesla e il soldato Kurjak, che lo chiama “fratellino”,
“Non so se abbiamo capito prima di altri – racconta il regista Chemello – che i supereroi con problemi stavano cedendo il passo, di sicuro volevamo raccontare uomini semplici con superproblemi, li trovavamo più interessanti”. Considerazione rimarcata da Masiero che si dice felice “perché l’ambizione di questo progetto è stata da subito internazionale, ma con l’ostinazione di volere che fosse un esordio di un regista italiano giovane e che produzione e maestranze fossero del nostro paese, perché siamo tra i migliori del mondo. Però abbiamo girato in inglese e con un cast internazionale, sia pur senza nomi altisonanti, e con un budget limitato per il mercato mondiale, notevole per il nostro. Abbiamo capito di aver fatto centro quando Sony ha voluto puntare su di noi come distribuzione”.
“Il desiderio – ribadisce Sarno – era quello di arrivare al grande pubblico senza perdere la grammatica Bonelli, costruendo una linea editoriale che unisse la legacy della nostra casa editrice alla tradizione del cinema di genere italiano, unirle e portarle nel mondo. E Sony, una major, che capisce questa mission e la sposa, è stato il primo passo verso questo successo clamoroso che ancora ci stordisce”.
Due produzioni, due centri
Un successo che inizia dal fine settimana del Ringraziamento, una delle finestre distributive più importanti (se non la più importante) degli Stati Uniti, in cui la sola Netflix ha immesso in piattaforma 65 film. Dampyr ha esordito al nono posto, poi è passato al sesto e dal 27 novembre è al terzo, stabilmente.
“È seminale – continua il direttore di Bonelli Entertainment, con voce entusiasta e squillante – che abbiano compreso la linea editoriale e produttiva, la nostra grammatica appunto. E tutto questo avviene mentre la Rai ci ha richiesto la seconda stagione della serie tv di Dragonero, mentre la prima è ancora in corso. Altre 26 puntate. Lasciamelo dire, con due produzioni siamo già sull’orizzonte dei nostri sogni, è come se le affinità elettive e gli sforzi avessero trovato un connubio perfetto. La stampa statunitense sta parlando di noi, così come voi, Dampyr sta portando quello che speravamo e che eravamo convinti valesse. Perché non parla solo del film o di Bonelli, ma dell’industria di genere in Italia. Con questo film passa una scommessa di una visione europea in questo mercato”.
“Perché noi questi film, queste produzioni, questo tipo di lavori a livelli di eccellenza non solo possiamo farli, ma possiamo essere tra i più bravi a realizzarli. Ed essere stato tra quelli che hanno potuto dimostrarlo è stato un privilegio” interviene Riccardo Chemello, il cineasta che di questa scommessa probabilmente è stata la parte più audace e vincente, lui che ai tempi del set aveva solo 29 anni e veniva da filmati pazzeschi, ma commercial, della Red Bull.
“Perché il genere si fa con i giovani – sottolinea Sarno -, bisogna avere coraggio e puntare sulla loro visione”. E Chemello ha le idee chiare, quelle di chi è stato campione di parkour (nel 2009 e 2010 ha vinto tutto ciò che c’era da vincere, a neanche vent’anni) e poi si è rotto la caviglia in allenamento e si è reinventato riprendendo i colleghi, costruendo così un’estetica ultradinamica, “perché in fondo il cinema era nel mio destino, se è vero che la mia passione per questo sport nasce quando vedo le evoluzioni negli inseguimenti in Casino Royale nel 2003, a 13 anni capisco che volevo essere come loro”. Una storia da film “e infatti forse lo diventerà, c’è un progetto, ma questa è un’altra storia”. E quando si parla di una specificità italiana e bonelliana nella nuova visione dell’eroe lui sottolinea “che non è solo una considerazione narrativa e artistica sacrosanta, ma anche e soprattutto produttiva”.
Un percorso che viene da lontano dai diritti di Dylan Dog venduti esternamente e diventati il film di 12 anni fa di Kevin Munroe, disastroso al film su Nathan Never mai realizzato – “quel periodo vogliamo dimenticarcelo – rivela Sarno – perché non esisteva neanche nei pensieri la Bonelli Entertainment” -, “non è stato un esperimento riuscito”.
Ma in certi posti non si perde mai, si impara. E così quel flop, per fortuna “esterno”, si è trasformato in una grande tutela delle proprie proprietà intellettuali da parte della Bonelli e in un profondo rispetto degli autori e del loro lavoro (non a caso tra gli sceneggiatori di Dampyr, tra coloro “che hanno avuto la responsabilità e la bravura di tradurre la nostra grammatica in immagini” ci sono coloro che hanno lavorato anche sulle pagine degli albi).
Una strada dura ma entusiasmante che deve molto anche all’intelligenza di partire con un progetto a misura di mercato italiano, da un esordio sostenibile.
“Volevamo partire da una realtà più piccola, la scintilla iniziale è arrivata da Brandon Box (coproduttrice anche del nuovo Tiger Mask con Fabula Film, annunciato in anteprima mondiale proprio da THR Roma) proprio mentre nasceva la nostra divisione entertainment.
Dovevamo immaginare budget e tempistiche limitati, volevamo mostrarci presto. Dampyr poi aveva un maggior approccio cinematografico nella sua origin story, perché come e più di tanti nostri sono eroi, non è un supereroe, ma un protagonista alle prese con dimensioni e problematiche umanissime. Poi il progetto con l’arrivo di Eagles si è ingrandito, grazie all’investimento della società di Tarak Ben Ammar che è entrata al 50%”.
I nuovi progetti di Bonelli Entertainment
Ora un sequel sembra molto più vicino e chissà, forse cambierà anche la prospettiva e il futuro del Bonelli Cinematic Universe. “Non cambia, spero acceleri – dice determinato Masiero -. Saremo pronti, nel caso, ad andare a diverse velocità. Inizialmente l’idea era una trilogia dampyriana. D’altronde le nostre ambizioni sono intuibili dagli easter egg che trovate tutti in Dampyr e Dragonero. Ora è importante costruire nelle nuove tappe”.
Sarno, che fa fatica a trattenere l’entusiasmo, ricorda la scena finale del film “nella biblioteca di Draka, ricostruita in CGI, un lavoro di sei mesi. Lì c’è tutto il sapere del maestro della notte che probabilmente ha usato il figlio per i suoi scopi in quella grande Game of Thrones che è la genealogia vampira dampyriana e la successione delle loro conquiste e morti. In un angolo di quell’imponente costruzione c’è la scure di Zagor in una teca, c’è appesa la cartina dell’Erondar, l’impero di Dragonero, da un’altra parte poggiato il Murchadna di Martin Mystere, la sua anacronistica pistola a raggi e un’altra teca con una mano robotica che proviene dal futuro di Nathan Never. Volevamo creare una piccola bomba di complessità narrativa che non avesse una collocazione temporale. Draka ha un piano, ha smania di potere, nella scena post credits dice sulla tomba della moglie “questo è l’inizio della mia guerra””.
Il Bonelli Cinematic Universe parte da Dampyr
L’universo, insomma, è già delineato, e le tessere del domino Bonelli sono già in parte schierate. Anche se sui progetti dichiarati per ora si rimane sulla serie tv live action di Dylan Dog diretta da James Wan: siamo “in una fase di preproduzione molto calda, siamo felicissimi aver attratto il più grande talento dell’horror moderno in Italia” (e si parla di grandi nomi sia in sceneggiatura che nel cast, per ora top secret) e poi la serie annunciata a Lucca proprio di Martin Mystere, di cui all’inizio degli anni Duemila si erano fatte tre stagioni di grande successo negli Stati Uniti, ma in quel caso si erano ceduti solo i diritti.
Su Nathan Never, Sarno è criptico. Da anni si sogna un film che a un certo punto sembrava vicinissimo. “È un personaggio che amiamo molto, che ha una continuità seriale orizzontale unica persino per la Bonelli e molto importante a livello strutturale. Ed è quello che più si è speso per unire i vari “pianeti” del nostro universo, che ha incontrato di più gli altri eroi del BCU e quindi ovviamente avrà un ruolo”. Se nella serialità o al cinema, “non posso dirlo, ho già parlato troppo”. Di sicuro, sembra, comparirà prima in un’altra proprietà intellettuale. “Sai qualcosa? Davvero non posso parlare”.
Sarno dà però un orizzonte temporale. “Cinque anni. Molto di ciò che abbiamo in produzione e in progettazione nel prossimo quinquennio speriamo si realizzi, così da dare un’identità importante, in termini di qualità e quantità, al nostro progetto. Credo che molto sarà più chiaro da qui al 2028, di sicuro vogliamo una struttura italiana che collabori stabilmente con talenti statunitensi e britannici”.
E a far capire quanto bolle in pentola è anche Chemello che si lascia sfuggire che “per ciò che amo, il linguaggio dell’action e quello che porto avanti con la Bonelli, con cui si è costruita una factory e una famiglia, molto si incentrerà sugli Stati Uniti. Per me vale quello che dicono in Le Mans di Mangold, uno dei miei film preferiti, ‘quando sei a 7000 giri, a quel punto il mondo ti chiede chi sei’. Per me il linguaggio è quello, trovare la tua voce, la tua storia, il tuo stile quando tutto è portato all’estremo. Era in fondo quello che mi succedeva con il parkour: arrivare all’evoluzione più difficile, quando tutto scompare e rimani solo tu. Nel cinema vuol dire non puntare a 100 minuti di ultradinamismo, ma come in Top Gun un racconto che porta a poche, meravigliose, determinanti scene”.
E lui potrebbe esserne il James Gunn. “Con questa considerazione mi spiazzi, stiamo parlando di una leggenda. Ma James Gunn is the way, sia come strategia produttiva e industriale ma soprattutto come visione creativa ed artistica. Con le debite proporzioni, ovviamente, ma credo che potremmo parlare lo stesso linguaggio. D’altronde l’ultimo Suicide Squad come idea di stile e di visione l’ho trovato straordinario”.
Una grammatica precisa uniti a imprese produttive e tecniche di alto livello. Può dirlo forte lui che ha gestito un set di 15 settimane, con 200 attori e un cast tecnico di 250 persone, 800 operatori di post-produzione, un teatro di green screen di 25 metri, 720 piani con Vfx (effetti visivi) creati per il film, 25 differenti location che hanno ospitato i set, tra cui il Radio Palace e la Beer Factory di Bucarest, e che comprendono i tre paesi della Transilvania: Dacia, dov’è stato ricostruito Yorvolak; Rupea e Praid, che ha ospitato la scena conclusiva nella celebre miniera di sale, una delle più grandi in Europa, alla profondità di 400 metri sottoterra. Al ragazzo, insomma, non può far paura nulla.
“So che sono felicissimo di lavorare in questo contesto. Detto questo io il mio cinema lo voglio fare qui, voglio riportare il Colosseo al centro del mondo, perché è possibile e perché porteremmo una nuova visione originale nel mainstream. Poi io lavoro benissimo qui, quindi terrò sempre il piede in due staffe, anche perché gli americani amano questa contaminazione. È difficile catturare la loro attenzione, ma quando succede ti danno credito. Sanno che avrai più storie da raccontare e io sono, mi sento un cantastorie”.
Su Dampyr 2 anche lui non si sbottona. “Non posso dire niente se non che Bonelli, io, Eagle Pictures, Brandon Box ce lo meritiamo e speriamo che vada tutto per il verso giusto”.
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