Non c’è trucco, non c’è inganno. Enigma Rol racconta il paranormale con il solo aiuto della parola, l’illusionismo più grande, eppure lo fa con un’onestà intellettuale disarmante. Immagini statiche poche e “posate”, come si usava un tempo, immagini in movimento e di repertorio nessuna: raccontare un’esistenza particolare come quella di un sensitivo con il solo ausilio di testimonianze, suggestioni, ricostruzioni animate e di fiction può sembrare persino ingenuo.
E invece Anselma Dell’Olio alla regia ne ha fatto un lavoro al contempo evocativo e antologico, con la direzione artistica e la collaborazione a soggetto e sceneggiatura di Alessio De Leonardis (interessante e da approfondire un ruolo del genere accanto al cineasta, una sorta di produzione creativa, un esecutivo artistico ricoperto da chi è già stato coregista di Ghiaccio insieme a Fabrizio Moro, idea interessante della produttrice La Casa Rossa di Francesca Verdini, che messo su il film con Pietro Peligra e Agostino Saccà).
Enigma Rol, la trama
Gustavo Adolfo Rol nasce nella magica ed esoterica a Torino (dove morirà nel 1994) nel 1903 e attraversa il secolo breve riuscendo ad abitarlo con eleganza, carisma e sintomatico mistero. Sensitivo mai riconosciuto per propria volontà – ha sempre rifiutato le verifiche sui suoi poteri, perché secondo lui impossibili da attivare a comando, pur se gli aneddoti di amici e sodali dicono il contrario -, liberale che ha vestito anche la divisa fascista fino a incontrare a Villa Torlonia (così ci dice la scena d’apertura del film, ricostruita in fiction così come le più importanti fasi della vita del protagonista) Benito Mussolini, predicendogli la caduta, amico fraterno di Federico Fellini, che ne amava il talento di suscitare meraviglia.
Anselma Dell’Olio con decine di testimonianze, l’uso parco ma riuscito dell’animazione, una ricostruzione di fiction aiutata da un casting attento prova a ritrarre una figura enigmatica, difficile da etichettare, amatissima ma anche contestata. Costruisce un racconto sobrio su una storia fuori dall’ordinario, dando giustizia e luce a una figura che è stata quasi sempre condizionata, nella visione che ne ha avuto l’opinione pubblica, da (pre)giudizi di terzi e dall’assenza di uno spudorato culto della personalità (che c’era, ma più sorrentiniano, alla Young Pope: non esisto per la massa, ma solo nei racconti di pochi, leggendari).
Enigma Rol
Cast: Lorenzo Acquaviva, Gabriele Guerra, Marco Tornese, Giuliano Chiarello, Alberto Morelli, Adriana Asti, Gianfranco Angelucci, Mariella Balocco, Carlo Buffa di Perrero, Pietrangelo Buttafuoco, Ermanno Cavazzoni, Raul Cremona, Andrea De Carlo, Rosa D’Agostino, Elio Alexander Degrandi, Giuliano Ferrara, giornalista, Catterina Ferrari, Rino Fisichella, Paola Gassman, Luigi Giordano, chirurgo, Maria Luisa Giordano, Paola Giovetti, giornalista e scrittrice, Alain Iannone, Rita Jacob, Alessandra Levantesi Kezich, Daniele Lugli, Elisabetta Lugli, Piergiorgio Manera, Giuditta Miscioscia, Vincenzo Mollica, Monica Mondo, Francesco Mugnai, Riccardo Muti, Paolo Pietrangeli, Massimo Polidoro
Regista: Anselma Dell'Olio
Sceneggiatori: Anselma dell'Olio, Alessio De Leonardis
Durata: 94 minuti
Qui si cerca di entrare nel suo cerchio magico ma anche di analizzarlo dall’esterno con la curiosità che si deve al mistero. Ora divenuto materiale televisivo trash ma un tempo grammatica esistenziale di leader e classi sociali diverse, forma di spiritualità laica, quasi animista con cui si aveva una convivenza ben più serena della contrapposizione ideologica degli ultimi anni tra scettici e adepti.
La recensione del film di Anselma Dell’Olio
Un’opera ambiziosa Enigma Rol, a partire dal budget. I circa 690.000 euro investiti possono sembrare tanti per un documentario, ma la realtà è che stiamo parlando di un ibrido in cui le scene ricostruite e la fiction hanno una forte centralità (con tanto di inevitabili, seppur affatto abusati, effetti speciali) e così l’animazione del collettivo di giovani artiste Kalico Jack, usata con parsimonia ma con attenzione e sensbilità.
Aiutano, e non poco, nel costruire l’empatia necessaria ad accettare un personaggio sfaccettato come Gustavo Rol sia il carisma naturale dell’attore che lo interpreta (Lorenzo Acquaviva), sia del suo avatar disegnato. Empatia fondamentale perché se c’è un difetto di questo bel documentario è la sobria ossessione, liberale e lodevole – ma il cinema deve conservare una sua visione infantilmente faziosa, anche celata – di essere equidistante tra le tesi di chi lo vorrebbe cialtrone e tra la devozione di chi lo ha conosciuto e amato. Apparentemente, perché poi lo spazio dato ai secondi svela, probabilmente, l’affetto con cui ritrae Rol la regista, pur non dimenticando di ricordare l’inusuale sgarbo con cui Piero Angela lo liquidò nel suo libro Viaggio nel mondo del paranormale come “mediocre illusionista”, e dando spazio all’invece educatissimo Massimo Polidoro che dall’alto del suo osservatorio, il CICAP, fa notare alcune possibili e terrene spiegazioni alle sue magie, e infine mostrando la visione religiosa, tra Monsignor Fisichella e volumi specializzati, inaspettatamente rispettosa.
Ecco, Anselma Dell’Olio, per sua stessa ammissione anche grazie alla collaborazione di De Leonardis (definito “barra equilibratrice perché lei non si perdesse nel mistero”), riesce a muoversi in questo sentiero lastricato di buone intenzioni e pericoli facendo la scelta migliore. Non costruendo una battaglia ideologica sulle doti vere o presunte del suo protagonista, ma riuscendo più di molti libri scritti e di altri documentari televisivi fatti sull’uomo e sul tema, a inquadrare cinematograficamente e narrativamente ciò che di più interessante questa storia aveva: Rol stesso.
Cosa importa, davvero, quali e quanti fossero i suoi poteri, se fosse solo un fine psicologo o una sorta di antesignano dell’eroe interpretato da Bradley Cooper in Limitless (o da Scarlett Johansson in Lucy di Luc Besson), solo meno muscolare, capace senza alcuna pillola ma solo grazie a qualche bicchiere di champagne per sé e per altri di usare il suo cervello ben oltre il consueto 20% di noi miseri umani o un mago e sensitivo, oppure un bravo illusionista. O tutte queste cose insieme.
Quello che conta è il suo carisma, le sue contraddizioni letterarie, la capacità di essere profondamente coerente con se stesso ma anche fragile e camaleontico. Di definirsi, da bimbo e scrivendolo sul frontespizio di Pinocchio, un “giovane vecchio”. Per farne un film non serve sapere se fosse mago o buffone, ma solo che fosse un carattere interessante da raccontare. E Rol, diamine se lo era.
Borghese e capace di custodire il suo personaggio, perché amante della privacy ma anche del suo mito da salotto, custodito non da una massa ma da amici e sodali, qualche decina di professionisti stimati e artisti di fama mondiale che lo vezzeggiavano e ne alimentavano una vanità non banale, come Riccardo Muti o Federico Fellini; altruista fino all’eroismo, come testimonia una delle rare prove documentali della sua esistenza, perché durante la Seconda Guerra Mondiale ha stupito nazisti e fascisti, che dell’esoterismo avevano una visione infantile e grottesca e morbosa, con i suoi “esperimenti”, che quando riuscivano permettevano sempre la liberazione di un prigioniero; egoista nel privato, con la sessantennale consorte (ma anche Catterina Ferrari) a far più da vestale che da compagna.
E ancora l’anima bambina, quella che lo faceva ridere come uno scolaretto con l’amico Federico – entrambi amavano stupire, in fondo, e far cinema della vita, e viceversa -, e quella malinconica degli ultimi mesi, quella gioviale che lo portava ad essere a disposizione di molti se non di tutti e quella ossessiva, per la figura di Napoleone, tanto da farlo diventare collezionista barocco e compulsivo delle sue mirabilia, alcune delle quali scoperte grazie alla sua veggenza.
Il suo essere umile ma molto più spesso deciso – che si trattasse di una peritonite di una bambina non diagnosticata da nessuno o di un possibile incidente aereo, fatto sta che in tanti dicono di dovergli la vita -, il suo understatement nel parlare di sé e del suo essere sensitivo e al contempo l’autodefinirsi “la grondaia di dio”, poetica licenza di un modesto presuntuoso al limite della mitomania, hanno fatto sì che costruisse in vita la sua leggenda.
La sensazione che lascia Enigma Rol, con la sua uscita evento di tre giorni (ma l’alta media copia del primo, oltre i 1000 euro, ha convinto altre sale a programmarlo e alcune a tenerlo fino al 15 novembre 2023): la possibilità di aprire un filone, di avere in sé ancora moltissime miniere da scavare per trovarne diamanti, che Rol, il suo mondo, quella Torino da sempre sensibile all’extrasensoriale, i talenti e nomi importanti e la bella società di cui subiva il fascino, ampiamente ricambiato, possano diventare una serialità affascinante e originale. Rol e la sua storia, Fellini prima e meglio di tutti l’aveva capito, erano già cinema prima di diventarlo.
Perché l’Enigma Rol non va svelato, lo aveva capito per primo lui. La vera magia, il vero illusionismo, è lasciare in chi ha toccato, con le sue doti o con questo documentario, l’unica vera meraviglia di cui questo mondo si sta privando con ottusa arroganza: l’arte, il gusto del dubbio e dell’incertezza. Dell’inspiegabile e dell’insondabile come risorsa e non come pericolo.
Piccola curiosità: nei tre giorni tra il 6 e l’8 novembre 2023, in cui tante sono state le uscite evento al cinema, in quella che ha incassato di più (Io, noi e Gaber) e in quella con la media sala più alta (Enigma Rol) c’è Vincenzo Mollica. Un tributo a un grandissimo ma anche la dimostrazione di quanto questo giornalista e intellettuale sia centrale nella costruzione e nel racconto del nostro immaginario migliore. E che il patrimonio della sua professionalità, del suo amore per l’arte, della sua visione altra e diversa e gentile e arguta merita un racconto a parte. Cinematografico, ovviamente.
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