Una porta, una tragedia, il nome di Banksy e un furto. La Francia, l’Italia, le indagini transfrontaliere, le videocamere, le intercettazioni. Un’uscita di emergenza di un teatro (non ancora famoso per il sangue che sarà versato) che diventa non solo un’opera d’arte, ma il simbolo di una nazione. Nella notte del 26 gennaio 2019 a Parigi, tre uomini rubano la porta di uscita del Bataclan. Lì sopra, pochi mesi prima, lo street artist Banksy aveva dipinto La ragazza triste, una Madonna in lacrime in ricordo delle vittime degli attentati terroristici del novembre 2015.
La notizia del furto finisce sui media mondiali, suscita l’indignazione. Quell’uscio vuoto è un colpo al cuore della comunità parigina, dei parenti delle vittime che lì furono uccise e di tutti coloro che avevano trovato conforto nell’opera. Inizia a farsi strada la teoria più accreditata: il mercato nero dell’arte, dove le opere di Banksy arrivano a valere milioni.
Un anno dopo, nel giugno 2020, la porta viene ritrovata a 1.500 chilometri di distanza da dove è stata rubata: nascosta nella soffitta di una casa di campagna in un piccolo paese del centro Italia, in Abruzzo. La polizia francese e quella italiana hanno lavorato insieme per ritrovarla, fermando otto persone coinvolte nel furto.
Ma dopo il suo recupero, La ragazza triste è al centro di una disputa legale: chi è il legittimo proprietario dell’opera? Banksy? Il Bataclan? O la città di Parigi? Questa storia incredibile arriva sulla piattaforma di streaming arte.tv con un documentario del regista Edoardo Anselmi, intitolato Banksy e la Ragazza del Bataclan, disponibile gratuitamente con i sottotitoli in italiano dall’8 novembre. Una coproduzione europea tra GA&A Productions e Tinkerland con Arte, RAI Cultura e Istituto Luce Cinecittà.
Bansky e la porta che ha salvato vite
La ragazza triste è l’omaggio di Banksy alle vittime del Bataclan. Nel giugno 2018, Banksy realizzò uno stencil di una Madonna dallo sguardo triste e la dipinse con la vernice bianca sulla porta dell’uscita di emergenza del Bataclan. Quella porta ha “assistito” al massacro del 13 novembre 2015 dall’inizio alla fine, ed è stata un varco di salvezza per i pochi riusciti a sfuggire all’attacco terroristico del gruppo jihadista.
Durante un concerto della band americana Eagles of Death Metal, i terroristi aprirono il fuoco sulla folla, uccidendo 90 persone. Altre 200 furono ferite. L’attacco faceva parte di una più ampia operazione coordinata, che terrorizzò Parigi quel venerdì sera, a meno di un anno dalla strage alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo. I terroristi presero di mira anche lo Stade de France e alcuni ristoranti e bar, provocando la morte di 130 persone.
Il furto de La ragazza triste
All’alba del 26 gennaio 2019 tre uomini incappucciati tagliarono la porta del Bataclan con una sega elettrica. Una decina di minuti dopo, i ladri salirono a bordo di un furgone Citroën, la cui targa era stata occultata, e scapparono via. “I ladri conoscevano bene il Bataclan, alcuni di loro ci lavoravano anche nel 2015”, disse una fonte vicina alle indagini al momento del furto. Una dichiarazione che risuonò ancor di più come un’offesa per l’opinione pubblica parigina. La polizia riuscì ad agganciare i numeri di telefono dei tre e iniziò a tenerli sotto controllo.
Un anno dopo, a gennaio 2020, tre uomini sospettati di furto con scasso in un negozio di bricolage nella città di Isère, nel sud della Francia, vengono arrestati per una rapina compiuta pochi giorni prima del furto della porta del Bataclan. Tra gli oggetti rubati risultava una smerigliatrice. Uno degli indagati si vantava inoltre di aver partecipato a una rapina a Parigi. Così viene stabilito il collegamento tra queste tre persone e il furto de La ragazza triste. Le intercettazioni permisero poi di capire il viaggio dell’opera di Banksy, da Parigi a Isère, poi più a sud in Francia. E dopo 1500 chilometri, il percorso puntò al cuore dell’Italia.
L’arrivo in Italia e il ritrovamento
In Italia la porta si fermò per la prima volta in un albergo a Tortoreto, in Abruzzo. Quando in quello stabilimento entrarono degli operai per dei lavori di ristrutturazione, venne trasferita in una fattoria a Sant’Omero, a circa 15 chilometri di distanza. Il 10 giugno 2020 l’opera viene recuperata nella soffitta del casale, durante un’operazione congiunta della polizia francese e italiana.
Pochi giorni dopo, i sospettati furono arrestati in Francia. Uno di loro fuggì e venne poi arrestato nel marzo 2021. Il furto è stato “accuratamente preparato”, descrive il gip nella sua ordinanza. Le persone fermate, che si dichiararono colpevoli, indicarono come mente del furto un imprenditore sulla quarantina di nome Mehdi Meftah, fondatore del brand di magliette di lusso “BL1.D” (la cui firma è un vero lingotto d’oro da 18 carati cucito sul colletto). Poco prima del furto della porta di Banksy, Meftah vinse una grossa somma di denaro alla lotteria. Durante le sue udienze, ammise di aver visto l’opera durante un soggiorno a Parigi, ma negò di averne ordinato il furto, anzi affermò di essersi trovato di fronte “al fatto compiuto”.
Una volta consegnata alla Francia dalle autorità italiane, la porta del Bataclan è stata restituita al proprietario della sala nel marzo 2021. Ma il proprietario dell’edificio si contende la proprietà della porta con la città di Parigi. Il comune ne teme addirittura la vendita e ne pretende quindi la restituzione.
La contesa tra il Bataclan e la città di Parigi
Durante il procedimento penale si costituirono anche due parti civili. Il conflitto oppone da un lato i proprietari dell’edificio della sala spettacoli, dall’altro il Comune di Parigi, divenuta gestore dei suoi fondi operativi. Il 2 marzo 2021 il giudice ha scelto di restituire la porta ai primi, “considerando che la porta di emergenza era parte integrante del sito”. Il Comune però ha contestato questa scelta, affermando che la porta era un oggetto d’arte e di memoria direttamente legato al Bataclan e ai tragici eventi di cui fu oggetto.
La questione è simbolica e finanziaria. “La porta di Banksy rischia di essere rivenduta. Il rifiuto di restituirlo priva le vittime dell’attentato del Bataclan di un pezzo della loro memoria”, affermano i comuni della città di Parigi. Contattato da Le Monde, l’avvocato della comproprietà familiare – proprietaria dei muri dell’edificio –, che ha recuperato la porta, non ha voluto commentare. Il giudice e la corte d’appello hanno respinto la richiesta del Comune per superamento del termine previsto dal procedimento penale. È atteso il verdetto della Corte di Cassazione.
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