Viaggio nell’Eldorado queer che sfidò la barbarie del Terzo Reich

Berlino, anni Trenta. Non solo un night club: l'Eldorado fu soprattutto una casamatta erotica in cui esercitare il coraggio di essere se stessi, uno spogliatoio di tabù, pregiudizi e viltà, un atto di eroismo contro gli orrori del nazismo. Ora un documentario su Netflix racconta la sua storia

È appena sbarcato su Netflix, bagliore improvviso di inizio estate, un documentario che illumina con intelligenza una pagina di storia spietata. Si chiama Eldorado. Il night club odiato dai nazisti, in piattaforma dal 28 giugno. Sfavilla, sorprende, ferisce e lascia il segno. Racconta una Berlino che non smette di stupire. Parla di un locale che non è solo un night club. Casamatta erotica in cui esercitare il coraggio di essere se stessi. Uno spogliatoio di tabù, pregiudizi, ortodossia sessuale, conformismo e viltà. Una palestra allegra per cuori in tumulto. Uno spazio libero, che ha consentito alla comunità queer degli anni Venti di aprire le ali e sperimentare, al tempo stesso, audacia e normalità, sullo sfondo di una Repubblica di Weimar che aveva trasformato Berlino in una città culturalmente all’avanguardia.

“Qui all’Eldorado è giusto”

Fuori dalla porta d’ingresso una scritta: “Qui è giusto”. Dentro il fuoco jazz dei Weintraub’s Syncopators (orchestra in buona parte ebrea, che subirà anch’essa la repressione della furia nazista) e l’impasto magico dei destini incerti di persone omosessuali, bisessuali, trans e in ricerca. Vitali e senza maschera, pioniere di futuro in una Germania che poteva essere e non è stata.

Perché la capitale corre avanti e la Germania interna resta indietro. Perché l’aria fresca dei liberi costumi si imbatte sulla vertigine conservatrice che la mente malata di Adolf Hitler organizza in forma di Reich. E, una alla volta, le storie di amore libero su cui il documentario stringe il suo obiettivo, vengono trascinate nella repressione, nel dolore e nella morte. Ricostruzioni in fiction cinematografica, immagini di repertorio, intervista a esperti e testimoni, il documentario è diretto da Benjamin Cantu, autore anche della sceneggiatura (con Felix Kriegsheim) e che il pubblico di Netflix conosce per Dig Deeper, miniserie sul caso di Birgit Meier, scomparsa misteriosamente nel 1989 a Lueneburg.

Il ruolo cruciale di Magnus Hirschfeld

L’ascesa del locale, la sua crisi e la sua chiusura, sono uno zoom che si allarga sulla storia grande tutt’attorno. L’avanzata di Hitler, il culto della razza ariana, la persecuzione degli ebrei, l’incubo della soluzione finale. Lo scontro tra SA e SS, con l’esecuzione del leader delle SA, Ernst Röhm, gay e frequentatore della prima ora dell’Eldorado, durante la Notte dei Lunghi Coltelli. Il ruolo decisivo per la comunità queer berlinese (e non solo) dell’Istituto per la ricerca sessuale, fondato da un altro assiduo frequentatore dell’Eldorado, il sessuologo Magnus Hirschfeld.

Consultorio, clinica, centro di ricerca, l’Istituto fu per oltre un decennio un ambiente comunitario in cui omosessuali, trans, ermafroditi facevano esperienza collettiva della loro condizione e trovavano assistenza psicologica e medica. Ogni anno visitavano l’istituto circa 20mila persone, tra cui la donna trans danese Lili Elbe, resa celebre dal film The Danish Girl (2015).

Fu qui, a inizio anni Trenta, che si svolsero le prime operazioni al mondo di cambio di sesso. Una storia leggendaria, a cui mise fine il violentissimo assalto dell’associazione studentesca nazista detta Deutsche Studentenschaft nel 1933, in cui l’istituto venne distrutto e in cui furono saccheggiati 20mila volumi e 5mila fotografie, pubblicamente gettati in fiamme.

Storie d’amore all’ombra della Shoah

Ma le perle di conchiglia di questo lavoro sono le tre storie d’amore che ricorrono nel racconto. Tutte nate sulla pista da ballo dell’Eldorado prima dei pogrom, dei rastrellamenti ex articolo 175 del codice penale, delle liste rosa e delle deportazioni della Shoah.

Un'immagine da Eldorado, la docuserie in streaming su Netflix

Un’immagine da Eldorado, la docuserie in streaming su Netflix

Quella di due intellettuali e artiste trans, insieme per un decennio, con difficoltà sempre crescenti, fino a essere separate per il resto della vita da un Oceano. Quella di due ragazzi omosessuali che si conoscono e si amano teneramente tra Austria e Ungheria, fino alla morte precoce di uno dei due, raccontata dalla stringente testimonianza del sopravvissuto. E quella del tennista più famoso di Germania ai tempi del nazismo, Gottfrid von Cramm, e della sua storia d’amore segreta con un uomo ebreo, che salva dal rastrellamento.

Amore che include anche una donna e che costa a Gottfried, che mai volle piegarsi al nazismo di cui sarebbe stato perfetto testimonial, prima l’arresto della Gestapo e poi l’esclusione dal circuito tennistico internazionale.

Quasi un secolo dopo l’Eldorado

Cent’anni dopo, questa storia sembra ieri. Con un presente in tasca che ci ha portato avanti, ma non così lontano. In cui la visione di Eldorado diventa il minimo sindacale della cultura necessaria a mantenere alta la guardia nella stagione della nuova possibile ondata della recessione delle libertà.