A Venezia c’è chi va al cinema, in sala. E chi va in gita. Nel vecchio West, tra gli gnomi, nello spazio: in un multiverso di mondi possibili in cui il turista digitale scatta foto, si fa selfie e segue – religiosamente in fila indiana – la guida con la bandierina colorata. Succede anche quest’anno a Venice Immersive, la sezione più misteriosa – e spericolatamente sperimentale – della Mostra del Cinema di Venezia, curata da Michel Reilhac e Liz Rosenthal.
44 progetti in programma tra realtà virtuale, aumentata ed estesa, film a 360 gradi, proiezioni su larga scala, intelligenza artificiale sempre più presente e anche quest’anno, come per le ultime tre edizioni, interi “mondi” da esplorare. Letteralmente. Creati su VRChat, la piattaforma virtuale online che consente agli utenti di interagire – sotto forma di avatar – in ambienti 3D autoprodotti, i mondi di Venice Immersive sono “stanze” grandi quanto un universo, potenzialmente illimitate, da visitare indossando un visore tuti i giorni dalle 10 alle 19 sull’Isola del Lazzaretto.
In programma 24 “mondi” da esplorare. Di che si tratta?
Reilhac: Nelle ultime tre edizioni abbiamo lavorato nel cosiddetto “metaverso”, offrendo ai visitatori una galleria di mondi da visitare. Siamo convinti che in quest’area si sfoghi la più sfrenata creatività degli artisti di realtà virtuale. Sulla piattaforma VRChat persone normali, semplici curiosi e creativi si muovono in un contesto completamente diverso da quello degli artisti e dei registi che si iscrivono ai concorsi internazionali. In poche parole VRChat sta alla VR come YouTube ai videomaker: è una piattaforma in cui le persone si creano da sole i contenuti, si costruiscono un pubblico e lavorano gratuitamente, senza considerarsi necessariamente “artisti”.
Quali mondi visiteremo?
Rosenthal: Club, ambienti fantasy, arene per concerti ed escape room. Mondi fatti per mettere in scena spettacoli dal vivo, ambienti in cui incontrarsi e parlare. C’è anche un mondo in cui le persone insegnano ai visitatori il linguaggio dei segni.
Organizzerete visite guidate. Ma come funzioneranno?
Reilhac: I “world hops” funzionano come i tour reali. C’è una guida che conduce i visitatori negli ambienti, spiegandone storia e curiosità, invitandoli all’esplorazione. Ci saranno due guide ogni dieci persone, che organizzeranno tour in quattro mondi cui si potrà accedere attraverso altrettanti portali. Quest’anno offriremo due opzioni per la visita: una per i neofiti, che saranno aiutati dalle nostre guide a muoversi nel mondo e a scegliere il proprio avatar, e quelle per gli esperti. Ci siamo resi conto che ancora oggi in pochi conoscono la cultura di VRChat, il codice etico di comportamento, il “galateo” degli avatar.
È un’esperienza aperta a tutti?
Rosenthal: No. L’isola è vietata ai minori di 12 anni. È una limitazione accettata nella comunità. Nessuno sotto quell’età dovrebbe indossare cuffie e visori VR. La tecnologia, per quanto sofisticata, è nuova. E non conosciamo il suo effettivo impatto sulla salute, soprattutto se utilizzata per lunghi periodi di tempo. È una misura preventiva.
Quanto dureranno le visite?
Reilhac: Circa un’ora. Ci saranno 15 minuti di “onboarding”, durante i quali riuniremo il gruppo, presenteremo le guide e separeremo i neofiti dagli esperti.
Ci sono anche due mondi in competizione ufficiale. Di cosa si tratta?
Rosenthal: C’è un’opera di Fins, una superstar assoluta nella comunità, un costruttore di mondi straordinario, che porta in concorso un sequel del suo mondo precedente, Complex 7. E Horse Canyon del canadese NPROWLER, che è come entrare nel selvaggio West americano: si va in giro a cavallo, in mezzo a praterie di animali selvatici ricreati in VRChat.
La tecnologia si evolve rapidamente. Quali novità rispetto all’anno scorso?
Reilhac: Quest’anno abbiamo bellissimi esempi di opere in realtà mista, quelle in cui gli elementi digitali si sovrappongono al mondo reale. Gli artisti hanno iniziato a fondere sempre più spesso le due dimensioni: un bellissimo progetto, in questo senso, è Jim Henson’s the Storyteller: The Seven Ravens di Félix Lajeunesse e Paul Raphaël. Si indossano gli occhiali per la realtà aumentata, alla Magic Leap (lo storico visore per realtà aumentata nato nel 2010, ndr), e si sfoglia fisicamente un libro. A quel punto, sulla pagina appena aperta inizia a prendere vita una scena, come se la pagina diventasse il palcoscenico di un teatro. Quando si gira la successiva, ecco animarsi una sequenza diversa, con la voce fuori campo che racconta la storia. Potrebbe diventare un modo del tutto nuovo di pubblicare i romanzi. Felix e Paul sono molto famosi nel mondo della VR : la loro serie, Space Explorers, è un altro capolavoro in programma.
Quali le nuove tendenze?
Rosenthal: Le proiezioni su larga scala. Si tratta di esperienze che si svolgono senza il visore, ma che consideriamo immersive. Quelle grandi esperienze come le mostre Van Gogh Immersive o Gustav Klimt: The Immersive Experience, in cui le immagini vengono proiettate sulle quattro pareti di una stanza, sul pavimento e sul soffitto. In programma abbiamo due esperienze simili a tema ambiente, sull’impatto dell’uomo sul pianeta.Uno è un progetto francese chiamato Peupler, l’altro è di un artista indiano, Home. Usano la proiezione su larga scala in modo estremamente creativo.
Venice Immersive e il Lido: tra le due isole c’è un ponte o rimarranno divise per sempre?
Reilhac: Io credo che in questo preciso momento stiamo cominciando a capire quanto possa essere veramente intelligente un’intelligenza artificiale: la più grande novità in questo senso è rappresentata da un’installazione in concorso, Tulpamancer, che combina la VR in tempo reale con le IA. L’estetica della macchina oggi è ancora molto riconoscibile, ma con il passare del tempo le IA sapranno produrre immagini di volti e ambienti sempre più reali. Eppure sono convinto che il modo tradizionale, diciamo “umano”, di creare storie e contenuti, non perderà di importanza. Anzi. Impareremo ad apprezzare ancora di più la purezza e l’autenticità delle immagini “vere”. E l’esperienza reale, sensoriale, di andare al cinema, nel mondo fisico, con le persone in carne e ossa, non potrà mai essere esattamente riproducibile da una macchina. Le intelligenze artificiali produrranno probabilmente storie visive e testuali molto raffinate, ma con un sapore diverso. Credo perciò che saranno sempre due forme d’arte diverse.
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