Fiatone, occhiali per leggere il suo discorso, capelli un po’ arruffati e un accetto francese marcatissimo. Justine Triet (qui la nostra intervista) è salita sul palco del Beverly Hilton Hotel di Los Angeles visibilmente emozionata per aver vinto il Golden Globe come miglior film straniero (e la miglior sceneggiatura con il compagno e co-autore Arthur Harari) per Anatomia di una caduta, già Palma d’oro a Cannes 76. E la regista francese, davanti a mezza Hollywood presente in sala, ha ringraziato proprio la kermesse francese e il delegato generale del festival Thierry Fremaux. Non prima del suo cast, compreso Snoop, il border collie protagonista e vincitore della Palm Dog.
“Lì dove tutto è iniziato” ha sottolineato Justine Triet. E, in qualche modo, è finito. Perché se è vero che quella vittoria ha aperto al film e alla sua regista un’infinità di porte (e schermi), arrivando a conquistare il pubblico e la critica oltreoceano e sbancando agli European Film Awards, è anche vero che la sera della vittoria a Cannes è stata anche la sera di una chiusura. Quella da parte della stessa Francia che il film e chi l’ha diretto avrebbero dovuto aiutare ad arrivare a far parte di un’altra cinquina, quella degli Oscar come miglior film internazionale.
Justine Triet e il discorso della discordia
Ma qualcosa è andato storto. E c’è di mezzo un altro discorso. Quello pronunciato da Triet dopo aver ricevuto la Palma d’oro. Un discorso considerato troppo politico perché indirizzato, in parte, alle politiche dell’inquilino dell’Eliseo Emmanuel Macron reo di aver promulgato la legge sulla riforma delle pensioni (e che nelle scorse ore si è congratulato su X per la vittoria: “Fiero di vedere il cinema francese ricompensato ai Golden Globe. Congratulazioni a Justine Triet, agli attori e a tutta la squadra del film Anatomia di una caduta”).
Inoltre la regista ha anche parlato di come il sostegno statale alle arti fosse in pericolo. Il risultato? Lo scorso 21 settembre la Francia ha candidato alla shortlist degli Academy Awards La Passion de Dodin Bouffant (The Taste of Things in inglese, ndr), l’opera in costume del regista franco-vietnamita Trần Anh Hùng ispirata ad un romanzo di Marcel Rouff del 1924. Un film con protagonisti Juliette Binoche e Benoit Magimel vincitore del premio per la miglior regia proprio a Cannes.
“Spero non si tratti di una decisione politica e che non arrivi come una punizione dopo il mio discorso a Cannes. Oso sperare non sia così. Non riesco a immaginarlo”, aveva dichiarato a The Hollywood Reporter Roma Triet quando l’avevamo incontrata alla Festa del Cinema di Roma dove aveva presentato Anatomia di una caduta nella sezione Best of.
Ma la scelta della Francia di non candidare il suo cavallo vincente ha il retrogusto della ripicca. Una di quelle particolarmente mal riuscite, oltretutto. Perché decidere di punire Justine Triet che, proprio come la sua protagonista non ha paura di esprimere le sue opinioni e non chiede scusa per avere un pensiero critico, non è altro che una punizione auto inflitta.
Una chance per Io Capitano?
Perché per quanto La Passion de Dodin Bouffant sia un film dalla grande ricchezza visiva, con due interpreti raffinati e un cuore romantico, è innegabile che sia stato Anatomia di una caduta il film francese del 2023, forte anche di un successo nazionale al botteghino. Entrato nella shortlist degli Oscar, il film dovrà vedersela con altri 14 titoli – compresi La zona di interesse di Jonathan Glazer, Foglie al vento di Aki Kaurismäki, The Promised Land di Nikolaj Arcel, Perfect Days di Wim Wenders e Io Capitano di Matteo Garrone – per poter accedere alle nomination definitive agli Academy Awards che verranno svelate il prossimo 23 gennaio.
La mancata presenza di Anatomia di una caduta – e di una sua quasi certa vittoria – apre a nuove prospettive per gli altri titoli candidati. Compreso il film di Garrone, anch’esso candidato ai Golden Globes, che arriverà nelle sale statunitensi il prossimo febbraio. Giusto in tempo per la cerimonia degli Oscar, che si terrà il 10 marzo al Dolby Theatre di Los Angeles.
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