Dopo una settimana di proteste, petizioni e persino un invito a boicottare il Festival Internazionale del Cinema di Berlino, gli organizzatori probabilmente temevano il peggio quando la 74a Berlinale ha preso il via giovedì 15 gennaio. Ma l’unica manifestazione sul red carpet è stata pacifica. Diversi registi si sono riuniti accanto ai direttori della Berlinale Mariette Rissenbeek e Carlo Chatrian e, tenendo in mano i loro cellulari con i LED accesi, hanno fatto appello alla “democrazia, alla diversità e alla pacifica unione”.
Siamo ben lungi dal disastro di pubbliche relazioni che ci si poteva aspettare solo una settimana fa, quando è uscita la notizia che la Berlinale aveva invitato alla cerimonia di apertura membri eletti del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD). Gli inviti erano un protocollo standard e da anni membri dell’AfD venivano invitati al festival. Ma quest’anno è stato diverso. Per settimane, centinaia di migliaia di tedeschi hanno marciato in manifestazioni anti-AfD in tutto il Paese, proteste scatenate dalle rivelazioni di un piano dell’AfD che prevedeva, se fosse salito al potere, deportazioni di massa di tedeschi di altre etnie.
Così, rompendo il protocollo e la tradizione, la Berlinale ha dis-invitato l’AfD. È stata una decisione popolare, almeno tra il pubblico della serata di apertura. Un partecipante ha portato un cartello al gala: “No all’AfD. No al razzismo”. Un altro è stato avvistato con una collana con la scritta “FCK AFD”. “Non c’è spazio per l’odio nella nostra lista degli ospiti”, ha affermato Rissenbeek durante il suo discorso di apertura, tra grandi applausi.
Sia la ministra della cultura tedesca Claudia Roth che il sindaco di Berlino Kai Wegner hanno nominato il partito dal palco del festival. “Vogliono distruggere la nostra democrazia”, ha dichiarato Roth in un discorso appassionato. Il sindaco Wegner ha descritto Berlino come una città di tolleranza e apertura, valori che “l’AfD non rappresenta”.
Gaza, Ucraina e Iran
L’altro tema politico di grande attualità, la risposta del festival alla guerra in corso a Gaza, non ha avuto un ruolo così centrale nei discorsi di apertura. Questo nonostante diversi operatori del festival abbiano scritto una lettera aperta alla Berlinale pochi giorni fa, chiedendo che l’organizzazione prendesse posizione e chiedesse pubblicamente un cessate il fuoco immediato nella regione.
Roth ha parlato di Gaza, descrivendo nei dettagli gli attacchi di Hamas contro Israele del 7 ottobre e l’aumento dell’antisemitismo in tutto il mondo a seguito del conflitto. “Riportateli a casa ora!”, ha gridato, riferendosi agli ostaggi israeliani ancora prigionieri di Hamas a Gaza. Roth, tuttavia, ha anche richiamato l’attenzione sulle sofferenze dei civili a Gaza, affermando che la popolazione locale ha bisogno di “protezione e sicurezza”.
Sia Roth che Wegner hanno richiamato l’attenzione sulla guerra in Ucraina – la prossima settimana ricorre il secondo anniversario dell’invasione russa – e sulla continua oppressione delle donne e degli artisti in Iran. Ai registi Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, il cui film My Favourite Cake sarà presentato in anteprima a Berlino venerdì 16 gennaio, è stato impedito di partecipare dal governo iraniano, che ha sequestrato i loro passaporti.
Small Things Like These apre le danze
Ma non c’è stata solo la politica. Il favorito agli Oscar Cillian Murphy ha calcato il red carpet per la prima mondiale del film d’apertura Small Things Like These, un dramma irlandese del regista Tim Mielants ambientato negli anni Ottanta, e primo film di Murphy dopo l’uscita di Oppenheimer. A lui si è unito Matt Damon, che ha co-prodotto la pellicola con la sua Artists Equity.
La serata si è aperta con un set techno di un DJ locale, molto in linea con la città che ospita il famoso club Berghain. “Voi ragazzi siete davvero forti”, ha dichiarato Damon a proposito di Hadnet Tesfai, uno dei conduttori dello show. “Guardate l’apertura. Chi fa cose del genere? Voi lo fate”.
L’attrice di Black Panther e 12 anni schiavo Lupita Nyong’o, presidente della giuria internazionale di quest’anno, che sceglie i vincitori degli Orsi d’oro e d’argento, ha sottolineato il suo status di pioniera della Berlinale. “Non sono solo la presidente della giuria, ma ho saputo di essere la prima presidente nera”, ha affermato, tra gli applausi. “Sono orgogliosa di essere un simbolo del progresso”.
Ma è stato Murphy a strappare la risata più grande della serata quando Tesfai ha chiesto all’attore irlandese cosa avrebbe preferito vincere: l’Orso d’oro della Berlinale per Small Things Like These o l’Oscar per Oppenheimer. Lui ha risposto: “Non posso averli entrambi?”.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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