Gli osservatori più attenti avranno notato una leggera modifica alla consueta missione sostenuta dal Busan International Film Festival (BIFF) quando ha annunciato il programma della sua 28esima edizione. Sebbene ci siano molte opportunità per i visitatori internazionali di scoprire le tendenze attuali della scena cinematografica asiatica – le fondamenta su cui si basa il festival – quest’anno, a chi si reca nella città balneare sudcoreana sarà offerto anche un approfondimento su ciò che sta accadendo negli Stati Uniti in termini di creativi coreani e della loro crescente influenza globale.
Il programma Korean Diasporic Cinema, composto da sei film, è un punto di forza del BIFF di quest’anno e vedrà la presenza in città di registi coreano-americani, tra cui i candidati all’Oscar Lee Isaac Chung (Minari) e Justin Chon (Jamojaya), con i loro film. Verranno anche Teo Yoo, protagonista del film Past Lives, favorito agli Oscar, Steven Yeun (Beef, Burning) e il noto attore statunitense John Cho. In base alle condizioni dello sciopero SAG, Yeun potrà parlare solo della sua performance nel dramma Burning di Lee Chang-dong del 2018, dato che si trattava di una produzione interamente coreana, mentre Yoo potrà parlare liberamente di Past Lives, che ha ricevuto una deroga dal sindacato degli attori.
Anche la leggendaria protagonista di Minari, Yuh-Jung Youn – la prima coreana a vincere l’Oscar come miglior attrice non protagonista – è stata invitata a partecipare alla tavola rotonda Actor’s House del festival, aperta al pubblico, per discutere delle sue esperienze in patria e all’estero.
Un cambio di passo a Busan
Si ha la netta sensazione che la corrente coreana stia chiudendo il cerchio, dal successo globale dei progetti prodotti nel Paese a quelli realizzati principalmente negli Stati Uniti e che ora, si spera – secondo gli organizzatori del festival – stiano lasciando il segno sul pubblico locale e sull’industria di Seul.
“Quando il Sundance ha selezionato Gook di Justin Chon nel 2017 e Spa Night di Andrew Ahn nel 2016, eravamo molto incuriositi dai registi coreano-americani”, spiega il programmatore della kermesse Pak Dosin. “Anche se i loro film sono stati ben accolti dalla critica di tutto il mondo, i registi coreano-americani non erano molto conosciuti. Vorremmo offrire al pubblico coreano l’opportunità di incontrarli qui a Busan, in modo che possano ottenere il riconoscimento che meritano dal popolo della loro madrepatria”.
È un’iniziativa opportuna, vista la determinazione del festival a guardare al futuro dopo che i recenti scandali politici e di backstage hanno spostato l’attenzione sulla direzione del festival piuttosto che sull’evento stesso. Quest’anno sono in corso indagini su molestie sessuali che coinvolgono l’ex direttore Huh Moonyoung e i ranghi dirigenziali. Inoltre, nelle ultime settimane, il BIFF si è aggiunto a 50 festival coreani locali in una richiesta unitaria di maggiore aiuto da parte del governo dopo i forti tagli ai finanziamenti.
Un ricco programma
Il BIFF aprirà il sipario il 4 ottobre, la speranza è che tutti gli occhi tornino al cinema – 209 film compongono i programmi principali – e alle star, con artisti del calibro dell’eroe di Hong Kong Chow Yun-fat (in città per ritirare il premio Asian Filmmaker of the Year), insieme al francese Luc Besson, alla cinese Fan Bingbing e al duo giapponese di Ryusuke Hamaguchi e Hirokazu Kore-eda, beniamini dell’art house mondiale.
L’icona del cinema coreano Song Kang-ho (Parasite) ha accettato di fare da cicerone per le attività che si svolgeranno durante i 10 giorni dell’evento, nel tentativo di aiutare il BIFF a recuperare lo slancio. “Abbiamo attraversato un periodo difficile”, afferma Nam Dong-chul, responsabile ad interim del festival. “E non siamo ancora pronti a vederne la fine, ma il duro lavoro dei nostri membri ha reso eccezionale il festival di quest’anno”.
Traduzione di Pietro Cecioni
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