Nel 2019 il film collettivo L’ultimo piano veniva presentato al Torino Film Festival. Sforzo creativo di nove studenti della classe di regia della scuola Gian Maria Volonté, insieme ad altrettanti colleghi attori dell’accademia romana, il lungometraggio metteva in scena la storia di tre giovani coinquilini e del loro padrone di casa, costretti da un evento improvviso a uscire dal loro stato di immobilità esistenziale. La pellicola, supervisionata dal direttore della scuola Daniele Vicari, era il frutto di una collettività cinematografica e di un lavoro di formazione durato anni, finalmente pronto a sbocciare.
Una simile operazione si ripete alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, dove è stato presentato in anteprima Catene, titolo della sezione Panorama della manifestazione parallela e autonoma di Alice nella città.
“Quanto ancora dobbiamo capire dei rapporti? E quanto ancora dobbiamo crescere?”. A domandarselo è la romana Anna Coccoli, 24 anni, una dei cinque registi coinvolti nel nuovo progetto comune della Gian Maria Volonté: la storia di una bambina scomparsa in un parco della capitale, che unisce cinque racconti differenti, ognuno inquadrato con l’occhio del proprio regista.
“L’episodio che dirigo parla di una ragazza che si è allontanata dalla madre, fin quando non scopre di averne ereditato la stessa malattia. Credo che questa storia si inserisca perfettamente nel progetto collettivo di Catene – argomenta Coccoli – Aiutarsi, ascoltarsi, superare le difficoltà insieme: stiamo ancora tutti cercando di capire cosa voglia dire amare ed essere amati, quanto possa essere complicato e quanto, a volte, non lo sia affatto”.
Un affresco plurale sullo stesso tema – il senso di sconcerto scaturito dalla sparizione di una bambina – declinato da ogni studente a suo modo, con un episodio finale che riconcilia le diverse visioni. “Ma non nella forma del melodramma”, chiarisce il molisano Matteo Giampetruzzi, 24 anni, che nel suo episodio mette proprio la scomparsa al centro del film.
“Non è una fotografia plastica delle relazioni. Abbiamo cercato di raccontare storie aperte, con uno sguardo contemporaneo nonostante l’ineluttabilità tragica. Non è un caso che il titolo del progetto sia lo stesso del film di Raffaello Matarazzo (del 1949, ndr)”.
Catene e il bisogno di essere guardati (dentro e fuori la sala)
Anche perché, rispetto all’anno d’uscita di quell’opera del neorealismo rosa, le relazioni – e la maniera di viverle – sono cambiate. “Da quel che vedo al cinema, la nostra generazione prova a non giudicare il modo con cui si instaurano i legami”, osserva Lorenzo Nuccio, 24 anni, nato in provincia di Latina e regista dell’episodio su due ragazzi emarginati che si incontrano di notte su un autobus. “Gli egoismi fanno parte della natura umana, è inevitabile avere a che fare con questo tipo di sentimenti quando si ragiona sui rapporti fra individui e società”.
A rimanere invariate, però, sono le emozioni innescate dalla “catene”: “La necessità di riconoscersi negli occhi dell’altro”, prova a spiegare Flavio Santandrea, 25 anni, che dirige una crisi di coppia, quella fra Jacopo e Luna. “In quel riflesso ci si sente materia, ci si sente veri. Perché nella solitudine siamo solo l’idea di noi stessi. Anche io mi sento evanescente, come se mi sfuggissi. Invece quando mi vedo nello sguardo di qualcun altro ne divento dipendente, perché riesce a raccontarmi chi sono con i suoi occhi”.
E se i ragazzi della Volonté aspettano di essere guardati dagli “altri”, gli altri si chiedono dove sia rivolto il loro sguardo: “La domanda da un milione di euro”, riflette il romano Lorenzo Vitrone, 25 anni, che nella sua “parte” di film ha raccontato le difficoltà di un padre, allenatore di calcio in pensione, che dedica la sua vita al figlio autistico.
“Intanto spero di continuare a crescere con la squadra di Catene. Anche se seguiremo percorsi diversi, ci porteremo sempre dentro questa esperienza. È stato un lavoro terapeutico, che ci ha fatto tornare ai fondamentali. Quando si racconta una storia è importante capire quanto metterci di personale”. Conclude Vitrone: “Spero di mantenere viva la curiosità e la sensibilità. Tenere le orecchie sintonizzate sulla delicatezza, e rimanere sempre sorpreso. E, perché no, continuare a fare film con la scuola Volonté. Qualsiasi sarà il nostro futuro, so che sarà insieme”.
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