Lucchese, 47 anni, Gaia Furrer è la direttrice artistica delle Giornate degli Autori, la sezione “indipendente” della Mostra di Venezia che quest’anno festeggia la sua ventesima edizione. Dieci i film del concorso internazionale, sette gli eventi speciali in selezione ufficiale, otto i titoli alle “Notti veneziane”, quattro le proiezioni speciali in Sala Laguna alla Casa degli Autori. Un’edizione definita da Furrer come un “rito di passaggio”, ben rappresentato dall’immagine del manifesto, tratta dalla performance Doposole dell’artista lombarda Anna Franceschini.
Furrer, quali sono i temi di questa edizione?
Sicuramente l’Italia internazionale. Abbiamo tre film italiani in selezione ufficiale (Gli oceani sono i veri continenti di Tommaso Santambrogio, L’expérience Zola di Gianluca Matarrese e L’avamposto di Edoardo Morabito, ndr), nessuno dei quali è girato in italiano né ambientato in Italia. Sono coproduzioni: con Cuba, con il Brasile e con la Francia. I temi che ricorrono? Tutti i titoli delle Giornate sono film in cui i personaggi si chiedono che cosa vogliano diventare, film in cui ci si interroga sull’esistenza. A volte in modo sfacciato, affrontando di petto dei temi etici – la violenza sulle donne, per esempio – a volte con un taglio più delicato. In un mondo impazzito e attraversato da tante correnti come il nostro, ci sembrava importante riflettere sui valori della bontà e dell’empatia. Donare all’altro: che sia il latte materno, il collo offerto a un vampiro o il tempo dell’ascolto. Naturalmente non è stata una scelta programmatica, a priori. Ce ne siamo accorti a selezione conclusa.
Cosa pensa dell’impatto dello sciopero hollywoodiano sulla Mostra?
Dello sciopero penso tutto il bene possibile, come lo penso di tutte le manifestazioni nate per chiedere più diritti. Come fu per l’anno del Covid, credo che la Mostra possa trarne vantaggio. Il festival è una vetrina per i film: è importante avere le star, ma lo è di più avere i registi. Magari servirà a ricordarci, come fu durante la pandemia, che i film sono fatti anche dalle star.
Le vostre star quali saranno?
Non avendo a che fare con grandi divi americani, non abbiamo subìto le conseguenze dello sciopero. L’unico attore americano è Peter Sargsaard, che sarà a Venezia come coproduttore del film (Coup! di Austin Stark e Joseph Schuman, ndr). Non so se farà interviste, ma ci sarà. Avremo anche Isabelle Huppert (Sidonie in Japan) e Hiam Abbass, straordinaria attrice palestinese protagonista del film di sua figlia (Bye Bye Tiberiade) e le registe Céline Sciamma e Teona Strugar Mitevska. Tanti gli italiani: Maya Sansa, Tommaso Ragno, Sergio Rubini Sandra Ceccarelli…
In programma alle Giornate c’è anche un incontro sulle intelligenze artificiali: perché?
Le Giornate sono un “mondo cinema” che ci invita a riflettere su quel che accade nel mondo attraverso i temi politici dei film – quest’anno parliamo di Ucraina, di Iran, della diaspora palestinese – e attraverso incontri come quello sulle IA. Non scordiamoci che essere cinefili significa sapersi interrogare sul mondo. Abbiamo la fortuna di avere a disposizione uno spazio, la Sala Laguna, dedicato proprio a questo. E lo abbiamo riempito di incontri, lezioni, eventi di formazione. Fare un festival significa questo: impegnarsi nella promozione culturale.
La collaborazione con il Centro Sperimentale risentirà delle turbolenze innescate dal dl Giubileo?
Il Centro Sperimentale è un partner per noi fondamentale. È una collaborazione che ho voluto fortemente e che abbiamo iniziato l’anno scorso, per internazionalizzare la scuola offrendo agli studenti la possibilità di incontrare grandi professionisti del cinema. Ad oggi tutto sembra regolare. Se il progetto saltasse sarebbe una cosa di una gravità inaudita: se accadesse, dovremmo quasi far crollare il festival. Mi auguro che il programma non subisca modifiche, così come mi auguro che Marta Donzelli (l’attuale presidente del Centro Sperimentale, ndr) possa concludere il suo mandato, così come dovrebbe essere in un paese democratico.
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