“Un programma cinefilo e al contempo popolare, ma mai populista”. Giona A. Nazzaro, direttore del Locarno Film Festival 76 per la terza edizione, trova una sintesi brillante per veicolare il lavoro di un anno della rassegna cinematografica indipendente più bella e suggestiva – per l’incredibile Piazza Grande, location e schermo indimenticabili per qualunque autore e attore che si è rivisto a Locarno – ma forse anche l’essenza più vera del Festival e della sua storia.
“Viviamo in un mondo che vive fasi drammatiche e non possiamo ignorarlo, dobbiamo credere che il cinema possa cambiare qualcosa” ne è poi la traduzione di uno spirito sempre altamente politico. E non può essere altrimenti, essendone, ben prima della nomina a direttore artistico, da molti anni una delle voci e delle colonne. E anche per questo non dimentica l’equipe con cui lavora a stretto contatto. “Ringrazio il comitato di selezione che ha guardato migliaia di film (5.520 per la precisione, ndr) e i nostri scambi e discussioni avute, molto approfondite, per mettere a fuoco il festival. Abbiamo voluto capire quale fosse il grado di innovazione formale ed estetico del cinema”.
Locarno 76, il concorso internazionale
E a partire dal concorso internazionale, ci riesce, con un Lav Diaz che porta con the Essential Truths of the Lake, il presule del film When the Waves are Gone, presentato lo scorso anno a Venezia. Regista che rappresenta una sua grande passione e che impreziosisce una competizione che vede altri ottimi autori. Due dei quali italiani: Patagonia di Simone Bozzelli prodotto da Wildside (e che andrà nelle sale grazie a Vision), esordio del regista già autore del videoclip dei Mäneskin I wanna be your slave e del corto Giochi, ai Pardi di Domani (la competizione di cortometraggi di Locarno, vero e proprio vivaio mondiale di autori) nel 2021; e Rossosperanza di Annarita Zambrano e prodotto da Minerva Pictures e Mad Entertainment, che nell’alienante Villa Bianca mette ancora in gioco l’Italia di generazioni prede e predatori, di una violenza che è passaporto e moneta comune di un paese decadente, ma non lo fa più guardando agli anni di piombo ma spostandosi al 1990.
C’è anche il geniale Quentin Dupieux, habitué del festival ticinese e che farà coincidere la partecipazione al concorso con l’uscita in sala in Francia. Ma come sempre gli spunti sono tanti. Come dice il direttore artistico: “Da Quentin Dupieux e il suo surrealismo tagliente a Lav Diaz. Dall’umorismo sarcastico di Radu Jude alla poesia notturna di Sylvain George. Dalle folli invenzioni di Rainer Sarnert alla psichedelia astratta di Eduardo Williams. Dalla commedia agrodolce di Bob Byington alla rivelazione italiana di Simone Bozzelli. Dall’esordio di Leonor Teles ai sogni di Ena Sendijarević. Dalla Teheran minacciosa e cupa di Ali Ahmadzadeh ai resort turistici di Sofia Exarchou. Senza dimenticare l’elogio della diserzione di Dani Rosenberg e l’anarchia fiammante di Annarita Zambrano. E ancora: sguardi di donne nuovissime come Laura Ferrés e l’ucraina Maryna Vroda, finalmente approdata al lungometraggio. La Svizzera è rappresentata da Basil Da Cunha, una delle voci più originali, protagoniste del rinnovamento del cinema elvetico. Il mondo in tutte le sue espressioni e manifestazioni si ritrova nella selezione di Locarno. E di conseguenza il cinema e tutte le sue possibilità. Tutte ancora da scoprire”.
Una tavolozza di colori
E infine per trovare un filo rosso, scopriamo che in realtà in campo c’è una tavolozza di colori. “La tonalità speciale di questo festival – prosegue Nazzaro – spero sia il mostrare uno spettro ampio del cinema attuale, tutti i colori della cinefilia sono rappresentati. Ci siamo chiesti più volte perché fare una competizione e come. Ci sono commedie, drammi, l’ambizione è quella di dare un’istantanea di tutte le possibilità che quest’arte offre al pubblico e agli appassionati”. E vale anche per i cineasti del presente, da sempre uno sguardo sul futuro – gioco di parole voluto – del cinema, su ciò che è avanguardia artistica, creativa, cinematografica. A partire da una piccola grande rivoluzione di genere.
“Ben otto le registe sui 15 film della selezione. E ancora una volta tutti i colori del cinema sono rappresentati: scatenate commedie erotiche (On the Go), riflessioni surreali e metafisiche sulla vita e la morte (Dreaming and Dying), disturbanti riflessioni sulle potenzialità del desiderio e del potere (Touched), thriller lunari (West Border), romanzi di formazione adolescenziale in forme di danza macabra (La Morsure), sognanti poemi ironici sulla fine del mondo (Camping du Lac), riflessioni sulle possibilità del cinema (Und dass man ohne Täuschung zu leben vermag) e incursioni nel presente del subcontinente indiano (Rapture e Whispers of Fire & Water). Senza dimenticare Family Portrait, l’esordio della talentuosissima Lucy Kerr. Fra i talenti di Cineasti del presente è possibile individuare già oggi il cinema di domani”.
La line-up di Piazza Grande
Piazza Grande, invece, è il contesto in cui autori e pop trovano una sintesi unica nel panorama cinematografico mondiale. E lo si intuisce anche dalla line-up di quest’anno. Diciassette film (dei 214 selezionati in tutte le sezioni, la metà dei quali in anteprima mondiale) da 12 paesi diversi.
“Sulla Piazza Grande – prosegue il direttore – il grande cinema popolare e non solo sarà il protagonista assoluto. Fra riscoperte del cinema classico, come La Paloma (1974) di Daniel Schmid restaurato e riportato a nuova vita, La città delle donne (1980) di Federico Fellini e un thriller astratto e metafisico come Falling Stars di Richard Karpala e Gabriel Bienczycki già destinato a essere un film di culto, la Piazza accoglierà Sandra Hüller (la Palma d’Oro Anatomie d’une chute), Ken Loach (The Old Oak), Deva Cassel e Yile Vianello (La bella estate di Laura Luchetti), Edoardo Leo (Non sono quello che sono – The Tragedy of Othello di W. Shakespeare), Frederic Mermoud (La voie royale), il cult movie Theater Camp proveniente dal Sundance e infine Cate Blanchett in qualità di produttrice esecutiva del film Shayda di Noora Niasari, interpretato da Zar Amir Ebrahimi”.
Un festival che come ha ricordato Marco Solari, anima e presidente del Festival dal 2000 (e che ha confermato che lascerà alla fine di questa edizione, finisce un’epoca), prosegue in un percorso di crescita costante, anche in una fase economica e politica difficile come quella attuale. “Lo abbiamo preso a inizio millennio che era un’iniziativa piccola a cui lavorava una mezza dozzina di persone, ora è una realtà internazionale di primissimo piano”. E che avrà anche la forza propulsiva di sezioni come i Pardi di domani (40 opere), Open Doors (i progetti di domani, il focus sarà su America Latina e Caraibi per il secondo anno consecutivo), le retrospettive (il cinema messicano tra gli anni ’40 e ’60 ma anche lo splendido Histoire(s) du cinema), Panorama Suisse e anche la sezione collaterale, la Settimana della Critica, tutta dedicata ai documentari.
Un anno condensato in dieci giorni
Perché, come ha ricordato Giona Nazzaro chiudendo il suo intervento, “il festival di Locarno si svolge in 10 giorni, ma dura un anno intero: i film mostrati l’anno scorso hanno avuto un grande successo anche in altri festival (riproposti in oltre 20 rassegne), le nostre scelte vengono accolte da un grande amore dal pubblico e dai professionisti dell’industria cinematografica”.
I premi alla carriera vedranno in prima fila Riz Ahmed, l’Excellence Award Davide Campari, l’attore anglopachistano nominato all’Academy Award per Sound of Metal, realizzatore di videoclip, produttore, cantante e rapper e protagonista di un cortometraggio che sarà presentato a Piazza Grande. E ancora per i diversi riconoscimenti dal Locarno Kids Award-La mobiliare al mitico Rezzonico verranno insigniti degli storici riconoscimenti Luc Jacquet e Marianne Slot. Il Pardo d’Onore andrà a Harmony Korine, il Vision Award a Pietro Scalia, il Pardo alla carriera a Tsai Ming Liane e il Lifetime Achievement Award a Renzo Rossellini.
Un programma ricchissimo che guarda costantemente al futuro e a cercare di diventare più centrali e importanti, come ricorda Raphael Brunschwig, managing director dal 2017. “Siamo grati ma mai soddisfatti, sempre alla ricerca di qualcosa di meglio. Guardare avanti è la struttura fondante del festival degli ultimi 20 anni”, come dice Raphael.
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