Lo sciopero degli attori ha fatto sentire la sua presenza alla serata di apertura del Bfi London Film Festival, mercoledì 4 ottobre nella capitale britannica, e non solo per la mancanza di star presenti.
Alla première europea di Saltburn di Emerald Fennell alla Royal Albert Hall, il tappeto rosso era solo per la regista e sceneggiatrice. Assenti, naturalmente per le direttive del sindacato SAG-AFTRA, Barry Keoghan, Jacob Elordi e Rosamund Pike.
Niente di inatteso. La vera sorpresa è stata la piccola manifestazione delle troupe cinematografiche, organizzata per sottolineare l’effetto paralizzante che lo sciopero ha avuto sul settore produttivo britannico. Sugli striscioni esposti vicino al tappeto rosso da circa 30 persone si leggeva: “Il cast e la troupe del Regno Unito sono la spina dorsale di questa industria”, mentre altri manifestanti distribuivano volantini all’arrivo degli ospiti.
Parlando con The Hollywood Reporter prima della protesta – intitolata Crew call for change e organizzata da un gruppo anonimo dietro il popolare account Instagram britcrewstories – un membro del gruppo ha affermato che l’ intenzione principale non era quella di “disturbare” la prima di Saltburn o di protestare contro il festival stesso.
“Vogliamo però cogliere l’occasione per prendere posizione e farlo in modo chiaro: nonostante i festeggiamenti, tutta quella forza lavoro invisibile, che raramente riesce ad arrivare a un tappeto rosso, sta soffrendo e noi non ce ne andremo”, ha dichiarato il membro del gruppo.
I manifestanti hanno anche aggiunto che, essendo Saltburn distribuito sia dalla Warner Bros. che da Amazon, volevano che qualsiasi rappresentante delle compagnie non avesse altra scelta se non quella di vederli e ascoltarli.
London Film Festival, teatro di proteste
L’apertura del London Film Festival fa spesso da sfondo a varie proteste, la maggior parte delle quali non ha a che fare con il cinema, ma quella del 4 ottobre è stata probabilmente una delle più importanti. Riguarda infatti la grave crisi in atto di una parte dell’industria britannica fortemente dipendente dagli investimenti provenienti dall’estero, dagli Studios e dalle piattaforme di Hollywood. Secondo un recente sondaggio citato dagli organizzatori della contestazione, il 75% della forza lavoro del settore cinematografico e televisivo britannico è attualmente senza lavoro, il 35% è in difficoltà economica e quasi un quarto dichiara di non vedersi nel settore fra cinque anni a causa dell’attuale instabilità.
Sebbene gli organizzatori abbiano dichiarato di essere “pienamente a favore di una risoluzione” dello sciopero degli attori SAG-AFTRA negli Stati Uniti e abbiano appoggiato le loro richieste di risolvere la controversia in modo “equo e soddisfacente”, hanno osservato che la forza lavoro nazionale del Regno Unito “non è in sciopero, ma è soggetta a queste controversie”.
Usa-Uk: il rapporto squilibrato di investimenti cinematografici
Quella del London Film Festival, tuttavia, è una protesta senza soluzioni, al momento. Il gruppo britcrewstories ne è consapevole ma ha suggerito che il sindacato britannico delle troupe (Bectu), insieme al British Film Institute, alla British Film Commission e all’ente di categoria del settore cinematografico Pact, potrebbero fare di più per assicurare e proteggere la forza lavoro e l’industria del Regno Unito e dare inizio a una campagna per maggiori investimenti nazionali.
“Questo episodio ha dimostrato in modo lampante che, quasi a tutti i livelli, siamo diventati rapidamente completamente dipendenti da Studios e streamer”, hanno dichiarato i manifestanti a THR. “Questo è semplicemente insostenibile”.
Il Bectu, nel frattempo, sta organizzando una propria manifestazione il 5 ottobre a Leicester Square a Londra, chiedendo all’AMPTP (l’associazione dei maggiori Studios) di “negoziare rapidamente per raggiungere un accordo con la SAG-AFTRA”.
Traduzione di Pietro Cecioni
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