Ti spiazza il primo film di Paola Cortellesi. C’è ancora domani, da quel bianco e nero molto The Artist, brillante, pulito, fino ai momenti musical che coreografano la violenza domestica con una poesia che ti lacera dentro mentre sorridi triste. Dentro.
Selezionato nel Concorso Progressive Cinema e film d’inaugurazione, con questo lungometraggio d’esordio alla regia l’attrice abbandona l’ultima commedia moderna all’italiana che ha percorso da attrice con Riccardo Milani, così come il dramma sociale della loro prima collaborazione (Il posto dell’anima) e nel più bel film di Massimiliano Bruno (Gli ultimi saranno ultimi) fino all’opera intima e retrospettiva di Felice Farina La fisica dell’acqua e tanti altri illustri autori, per piombare in un’opera storica, in costume, che in parte racchiude molte delle sue esperienze sul set, che rispecchia una romanità raccontata da lei sempre con sorridente profondità, che si diverte a giocare con il linguaggio cinematografico che guarda gioiosamente altrove, con entusiasmo e dolcezza.
C’è ancora domani è una di quelle opere che non ha paura: si impunta nel raccontare una storia semplice, eterna come la città che la ospita, infame come sa essere la quotidianità squallida di chi si è arreso alla propria indolenza, di un sistema maschilista così grottesco da essere tristemente vero. Qui tutti si sono tanto amati, ma hanno anche smesso da un pezzo.
C’è ancora domani, la trama
La storia è quella di Delia, madre, moglie e nuora, sottomessa oltre il limite della rassegnazione, incapace di vedere una via d’uscita, al massimo pronta a sognarla dietro lo sguardo liquido di un vecchio spasimante. Ma Delia è in un momento cruciale della sua vita e di quella del paese, è il 1946: sua figlia probabilmente si sposerà, gli americani ancora sono nelle strade e pensano di risolvere tutto con cioccolata e bombe (no, non quelle alla crema), le donne voteranno di lì a poco per la prima volta. Delia ha l’ultima occasione per non arrendersi. Ma non è facile e ha paura.
C'è ancora domani
Cast: Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni
Regista: Paola Cortellesi
Sceneggiatori: Paola Cortellesi, Giulia Calenda, Furio Andreotti
Durata: 118 minuti
Non ha paura Paola Cortellesi che caratterizza ogni personaggio con garbo e decisione, dal Valerio Mastandrea mai così, consentitecelo, stronzo e mediocre (il personaggio, non lui che dà una prova d’attore difficile e generosa), alla figlia (Romana Maggiora Vergana, che bella scoperta) che la detesta perché la ama, da un Giorgio Colangeli che è una maschera alla Ettore Scola fino a Vinicio Marchioni, di cui vi innamorerete al primo sguardo e al primo sorriso sporco di cioccolata.
Una nota speciale per Emanuela Fanelli che se con Paolo Virzì ci aveva sorpreso qui si conferma alla grande, contorcanto in sorellanza di Paola Cortellesi. E in qualche modo erede, in sorriso e tragicità, della protagonista e cineasta.
Un film femminile e femminista
Sarebbe riduttivo definire quest’opera come femminista, pur valutando il suo finale programmatico e la forza e la lucidità con cui ritrae una condizione femminile così risaputa, in quegli anni, da essere sottovalutata, storicamente e socialmente. Ma C’è ancora domani – che uscirà in sala il 26 ottobre 2023 – è anche e soprattutto un film d’amore. Per se stessa, perché a volte la routine ci fa dimenticare che dobbiamo riconquistarci. Per una città nel suo momento più doloroso e di rinascita, filiale e materno, sia pur conflittuale. E per il cinema, perché Cortellesi regista mette dentro la sua cultura e sensibilità cinematografica, usa le inquadrature, soprattutto quelle più enfatiche e parossistiche, in modo controintuitivo, per sottolineare la normalità, di una camminata o di una lite, così come l’uso della colonna sonora, da Lucio Dalla a Daniele Silvestri, gioiosamente anacronistica, crea un effetto straniante che invece di farci uscire dal film riesce a invece a tenerci avvinti, a creare tra autrice e spettatori un’empatia immediata, una spinta narrativa ed emotiva che prima parla al cuore e poi alla testa.
Entusiasta, dolce, originale, curato, il film dopo un iniziale disorientamento – fotografia e montaggio (bravi Leone e Mariani) sono bruschi il giusto, ripercorrendo un linguaggio anche visivo del tempo, pur con facce e alcune soluzioni registiche moderne – scorre agile e robusto nella sua schiettezza, incapace di mentirti, come quei sorrisi, quello sguardo sconfitto ma con una sua fierezza nascosta, quei movimenti misurati che Cortellesi attrice semina con chirurgica precisione.
Delia è uno di quei personaggi che sapranno – o dovrebbero farlo – entrare nel pantheon di quelle mamme Roma che hanno puntellato il cinema italiano, capaci di essere more than life, film e pure history.
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