C’è il sole, il mare, il tramonto sull’”Isola bella”. Il vulcano Etna e i suoi zampilli di fuoco, le palme e i fichi d’india, il profumo del basilico, i colori del Mediterraneo, un teatro greco tra i più grandi della Sicilia. E poi c’è tutto il resto: una storia travagliata di debiti, ricorsi e guerre di successione, comuni in default e regioni in bancarotta, burocrazia infernale, soldi che non bastano mai. È la storia gloriosa e travagliata del Taormina Film festival, nato nel 1955 e quinto festival più antico del mondo, amato dalle star internazionali – sfogliando l’album: Elizabeth Taylor e Marlene Dietrich, Sophia Loren e Cary Grant, Marlon Brando, Charlton Heston – e in partenza da oggi, 23 giugno, fino al primo luglio nella città della Sicilia Orientale.
Quest’anno accoglierà Harrison Ford e il cast di Indiana Jones e il quadrante del destino, Bella Thorne e Zoe Saldana, oltre ad Amber Heard alla sua prima uscita ufficiale dopo il burrascoso divorzio con Johnny Depp. Alla guida della rassegna due nuovi direttori, Beatrice Venezi e Barrett Wissman: “Con noi rinasce il Festival di Taormina, è l’anno zero”. Ma rinasce da cosa?
Il “nuovo” Taormina Film Festival
In 16 anni, il tempo in cui alla Mostra di Venezia si avvicendavano due direttori, Marco Müller e Alberto Barbera, Taormina ne ha cambiati 13. Fino all’anno scorso erano i critici cinematografici Alessandra De Luca, Federico Pontiggia e Francesco Alò.
Quest’anno sono Venezi, direttore d’orchestra, e Wissman, imprenditore e concertista texano. Che nel 2009 è stato indagato negli Stati Uniti per un caso di frode legato alle attività del fondo pensione statale di New York (chiuso nel 2009 con il pagamento di una cospicua somma e per non aver commesso altri crimini): “Non sono qui per giudicare Barrett come persona, ma solo sul suo profilo artistico – ha detto Venezi – Ha messo in piedi un programma di tutto rispetto, e ne sono soddisfatta. Non sono io a dovermi pronunciare”.
Concorso addio
A Wissman il compito di comporre il programma del festival. In poco tempo, anzi pochissimo, perché le nomine del direttivo sono state decise molto tardi: così tardi che quest’anno, per la prima volta da anni, il Taormina Film Festival non avrà un concorso.
I lavori per la rassegna in partenza a fine giugno sono iniziati a marzo, per una serie kafkiana di ragioni: “L’assessore è subentrato a un altro assessore, e ha avuto la delega solo a febbraio – spiega Ester Bonafede, sovrintendente della Fondazione Taormina Arte, che detiene il marchio del festival – sa, a ottobre ci sono state le elezioni regionali in Sicilia e i processi si sono rallentati. Ma questo è normale, non ci si può stupire. Ci stupiamo piuttosto di aver montato un festival in appena due mesi e mezzo”.
La normale anormalità di Taormina
La normale anormalità di Taormina, appunto. In parte inevitabile, quando una città di 10 mila abitanti accoglie star internazionali come Tom Cruise, che festeggiò qui il suo compleanno nel 2000: “A ogni persona nel Teatro Antico venne data una candelina. Cruise percorse le scalinate fino al palco con 4500 persone che gli cantavano ‘tanti auguri’ – ricorda Silvia Bizio, veterana del festival e direttrice dal 2018 al 2019 con Gianvito Casadonte – nei miei anni riuscii a portare in Sicilia tantissime star: Sam Shepard, Micheal Douglas, Colin Firth, Terry Gilliam, Oliver Stone”.
Robert De Niro, ospite del festival, si mise in testa di ritrovare il posto dove andava a mangiare durante la lavorazione de Il Padrino: “Si ricordava solo che era un grottino in un porticciolo con delle barche davanti: l’abbiamo trovato e abbiamo assistito all’incontro col vecchio proprietario. Si sono abbracciati e sono rimasti a parlare per ore. Nei giorni successivi l’abbiamo portato in cima all’Etna: siamo saliti in vetta con la jeep, soli, al tramonto. Taormina è imbattibile. Non far funzionare un festival così è criminale”.
La gestione Bizio durò solo due anni, preceduta da una dura battaglia legale con la direzione precedente, quella guidata dalla pr Tiziana Rocca, e segnata dalla grave situazione debitoria dell’allora Comitato Taormina Arte, ente organizzatore della manifestazione, che nel 2016 aveva debiti per circa 5 milioni di euro.
Da Richard Gere alla morte di Gandolfini
A sua volta Rocca, entrata come direttrice artistica insieme al regista e critico Mario Sesti nel 2012, si era ritrovata fra le mani un festival su cui pesava il mezzo miliardo di debiti accumulato tra il 2012 e il 2013 dal Comune di Messina – in quel momento tra i finanziatori della manifestazione – e con lo spiacevole record di città commissariata quattro volte in 10 anni.
È l’epoca dei grandi eventi: Valentino e Monica Bellucci, Russell Crowe e Richard Gere, Melanie Griffith, Meg Ryan, Ben Stiller, l’anteprima di Man of Steel. “Ho fatto un festival completamente privato, finanziato dagli sponsor, con il 10% di contributo pubblico – racconta Rocca, oggi alla guida del Filming Italy in Sardegna – Non ho mai avuto soldi dalla Regione Sicilia, perché a quell’epoca era in bancarotta. Ho avuto molti problemi e ho lottato tanto”.
Leggenda vuole che la pr abbia chiamato personalmente, uno a uno, tutti i grandi alberghi della città per assicurare che sarebbero stati pagati, e ripagati, dall’arrivo delle star. “Tutto vero. Mi presentavo e andavo da chiunque, dicendo che era arrivata una nuova organizzazione. Ero una donna, direttrice artistica, in un posto complicato”.
Abbastanza complicato da rendere problematica anche la gestione di rapporti e contratti con i fornitori, gestiti in prima persona dalla pr: “Fu dichiarata all’improvviso l’inagibilità del Palaconvegni, che era la nostra location principale e versava da sempre in quelle condizioni. Mi sono dovuta inventare un megaschermo altrove. Russell Crowe mi chiese perché ci fossero solo cento persone ad ascoltarlo, non sapevo cosa rispondergli”.
La magia del Teatro Antico di Taormina
Le star, però, sono sempre arrivate. “La cosa che rende meraviglioso e unico il festival di Taormina è il Teatro Antico. Non c’è un regista che non si sia commosso nel vedere il suo film proiettato in quella cornice – ricorda Chiara Nicoletti, nel direttivo del festival con Jacopo Mosca e Gabriele Niola tra il 2015 e il 2017 – è una magia irripetibile”.
Pochi anni prima, nel 2013, uno degli ospiti d’onore sarebbe dovuto essere James Gandolfini: ma l’attore, morto a Roma mentre stava per mettersi in viaggio verso Taormina, in Sicilia non ci arrivò mai. “Arrivò il messaggio della sua morte alle undici di sera. Proiettammo al volo un segmento di Romance & Cigarettes, fu terribile. Anni dopo ci venne a trovare Turturro, e si chiuse il cerchio”.
Una terra maledetta
Dal 2018 al 2022 l’organizzazione del Taormina Film Fest è affidata, tramite bando, a Videobank, un’azienda siciliana di telecomunicazioni guidata da Lino Chiechio: sono loro a traghettare il festival nel difficile periodo pandemico e a nominare i direttori degli ultimi anni. Con De Luca, Pontiggia e Alò il festival si apre alle piattaforme, assume un deciso respiro critico, celebra (lo scorso anno) il ritorno di Francis Ford Coppola nei luoghi de Il Padrino: “Abbiamo preso il festival in pieno Covid. Salire su quel palco è stata un’emozione indescrivibile, in un momento storico in cui ci si riapriva al mondo – racconta De Luca – Ricordo Coppola al Teatro Antico, che alla fine dell’incontro col pubblico decise di trattenersi oltre il tempo previsto: prese una sedia e si mise a cantare, insieme alla gente, la musica de Il Padrino. Sappiamo di aver rilanciato il festival e di avergli dato una nuova vita post pandemica. Cosa non funziona a Taormina? Credo sia un problema generale: la difficoltà in Italia di restare fedeli a un progetto culturale che dovrebbe esistere indipendentemente da ciò che cambia, politicamente e strutturalmente”.
Cambia tutto (di nuovo)
Quest’anno, in effetti, è cambiato (di nuovo) tutto. Il festival è stato organizzato senza bando pubblico, “in house”: fuori Videobank (che pagava 250.000 euro l’anno a Taormina Arte per il marchio), dentro le nuove nomine. Con un indirizzo preciso: “Sarà il festival del buonumore”, dice Bonafede.
Ma il Festival di Taormina, si sa, non mette mai d’accordo nessuno: “Mi sono dovuto arrendere, mi ritengo perdente – racconta Chiechio, di Videobank – È un mondo difficile. Tutti, qua, sanno quello che c’è e che succede in quel festival. Ma nessuno interviene. Quello di Taormina è uno dei festival più belli al mondo, in una location pazzesca, con il red carpet sul corso, in mezzo alla gente. Ma è una terra maledetta. A volte lo penso. So che c’è ancora tanto da cambiare, ma ho quattro figli e voglio essere fiducioso: spero che vedranno, prima o poi, qualche miglioramento”.
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