Un uomo, Darly, e una donna, Aly, seduti in macchina. La telecamera li riprende da dietro. Fuori dai finestrini è buio. È notte fonda e la donna seduta al posto del passeggero non sa dove siano diretti. Si percepisce la sua paura e la rabbia dell’uomo. Aly chiede di poter fare una telefonata. “Posso chiamare mia sorella? È a casa con mia figlia”. Darly acconsente. Dall’altra parte della cornetta risponde però un’operatrice della polizia, Anna, che aiuta la donna a mettersi in salvo. È l’incredibile incipit di Through the Night, debutto alla regia di Delphine Girard, presentato in concorso alle Giornate degli Autori, dove ha vinto il premio del pubblico.
Quei primi quindici minuti appartengono a un breve film diretto dalla stessa Girard nel 2020, chiamato A Sister e candidato agli Oscar per il miglior cortometraggio di finzione. È stato quel lavoro a spingere la regista a sviluppare la stessa storia in un lungometraggio. Troppe cose erano rimaste inesplorate: il risultato è un film coraggioso e doloroso. Ma anche profondamente emozionante.
Through the Night, così (tristemente) attuale
Quella di Aly è la storia di tante altre donne. Basta aprire un giornale o leggere le notizie online per rendersi conto del problema sociale e culturale del nostro paese. Ma la violenza sulle donne, fisica o psicologica, è una ferita aperta in ogni luogo. Una guerra fatta di lividi, stupri e umiliazioni, come le domande inquisitorie rivolte dalle autorità a chi ha appena subito una violenza sessuale. Le stesse che vengono poste ad Aly la notte che cambierà il corso della sua vita, e che la spingono addirittura a ritirare la denuncia nei confronti dello stupratore. In lei si insinua il seme di un sospetto: forse la colpa di quello che è le accaduto è solo sua.
Un triplice punto di vista
Through the night è un’analisi lucidissima. Un film capace di mettere in campo tre diversi punti di vista – la vittima della violenza, lo stupratore e l’operatrice della polizia – intrecciandoli per realizzare il quadro nitido di una tematica complessa. Prodotto anche dal regista belga Lukas Dhont, il film offre mai risposte banali al problema. Ma il suo più grande pregio è quello di aver inserito, nella narrazione, anche l’uomo che commette lo stupro.
Troppo spesso si è indotti a pensare che chi commette questo genere di atti sia un essere immondo, qualcuno che non può avere uno spazio rispettabile all’interno della società. Eppure chi commette uno stupro può, allo stesso tempo, essere un buon figlio, un buon vicino, un buon amico. Le cose non si annullano a vicenda, suggerisce Delphine Girard.
Bravissima a gestire il ritmo del racconto e le emozioni, e sostenuta da un cast di attori impeccabili come Selma Alaoui, Veerle Baetens e Guillaume Duhesme, la regista belga si è già ampiamente guadagnata un posto tra i nomi più interessanti del nuovo cinema europeo. Through the Night è tante cose. Un film sulla dominazione intesa come strumento per rivendicare la propria superiorità, la fotografia desolante del mondo in cui le donne devono vivere, la presa di coscienza che se vogliamo che qualcosa cambi dovremmo imparare a demolire tutto. E ricominciare a ricostruire dalle fondamenta.
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