“Posso Pupi? Con la tua benedizione?”. Parte con l’imitazione della voce di Pupi Avati il talk show dedicato al regista emiliano andato in scena (e in onda su Hollywood Party) alla Venaria Reale per l’inaugurazione del 41° Torino Film Festival. A prendersi bonariamente gioco di lui Neri Marcorè sul palco insieme a Micaela Ramazzotti, Antonio Avati, Claudio De Pasqualis, Alberto Anile e il direttore artistico del TFF Steve della Casa. Un ricordo legato a Il cuore rilevatore, film del 2003, che segnò l’inizio della loro collaborazione. “Quando mio fratello mi disse di mettere su Rai 3 mi sono ritrovato davanti questo essere umano che rappresentava l’inadeguatezza. Di film ne ho fatti tanti ma nessuno era inadeguato come lui” ricorda il regista, in questi giorni a lavoro sul suo nuovo film, il numero 55, un thriller gotico girato tra Italia e America. “Siate voi stessi” ribatte Marcorè. “Anche se siete imbranati, potrebbe chiamarvi Pupi Avati per un suo film!”.
Pupi Avati & Micaela Ramazzotti
Un’ora di ricordi, risate, confessioni e gratitudine. Come quella reciproca tra il cineasta e Micaela Ramazzotti. “Sono stata scoperta dai fratelli Avati. Ero piccina” ricorda l’attrice e regista. “Mi hanno presa e messa davanti l’obiettivo. Il mio debutto con La prima volta di Massimo Martella era prodotto da loro. Mi fecero fare una comparsata in La via degli angeli. Feci una figuraccia. Eravamo al Teatro 7 di Cinecittà e dovete sapere che fare un film con loro è un atto avventuroso. Pedalavo una bici su un palchetto che animava un’elica dietro di me mentre contemporaneamente dovevo fare altre tre cose. Non ci riuscivo. A un certo punto sento: ‘Stoooop! Ma chi è quell’imbecille?’. Ero io!”
“Da lì Pupi mi chiamata per Il cuore grande delle ragazze e fu meraviglioso” continua Ramazzotti. “Mi disse di andare a casa sua. Mi aprì sua moglie che mi accolse in salotto. Arrivò il maestro mi diede il copione. ‘Leggilo’ disse e chiuse la porta. Dopo un paio d’ore tornò e mi chiese: ‘Ti piace?’. Le sue sceneggiature sono dei piccoli romanzi che la notte adatta addosso a te perché mentre gira impara a conoscere la tua anima. La magia di Pupi è che ti ascolta, ti guarda e già sai che non sbaglierai. Se ne va in silenzio e tu fai la tua scena”.
“Non c’è nulla di più noioso che girare una serie” confessa il regista. “Alla terza settimana vorresti morire. Morire! Il miracolo ne Il matrimonio è stata Micaela. Ha un sorriso, un entusiasmo, un senso di riconoscenza nei confronti della vita che è fantastico, commovente. Non mi è mai accaduto di avere così tanto in cambio da un’attrice”.
Le scelte (azzeccate) dei cast
“Alcune delle idee più spiazzanti dei nostri cast li dovete anche alla mia poca lucidità di certi momenti. Carlo delle Piane, Diego Abatantuono, Katia Ricciarelli, Neri Marcorè. Attori ai quali abbiamo cambiato un po’ la vita” confida con un certo orgoglio Antonio Avati.
Proprio il ricordo della scelta di Ricciarelli per il ruolo di Lilliana Vespero ne La seconda notte di nozze (2005) ha regalato uno dei momenti più altri della serata. “Siamo a San Giovanni, Roma. Estate, trattoria senza tenda. Eravamo io, mio fratello e Maurizio Nichetti. Avevamo tutti i personaggi. Ci manca la vedova” ricorda Avati. “Per sceglierla elenchiamo una serie di candidate possibili. Lisa Gastoni, Virna Lisi, Stefania Sandrelli. Tutte attrici con capolavori alle spalle. Bevevamo tanto e il vino dei castelli fa subito venire mal di testa. A un certo punto mi va di traverso e mi viene da bofonchiare qualcosa”. Antonio equivoca e dice: ‘Che idea! Katia’. ‘Ma chi?’ replico io. ‘Katia Ricciarelli’. Nel ristorante tutti si girano, i cuochi escono dalla cucina. Sapevamo che aveva sposata con Pippo Baudo, ma non sapevamo altro di lei. La mattina dopo l’abbiamo cercata. Entra nel nostro ufficio tutta sculettante e dice: ‘Cosa devo cantare?’. ‘Nulla, deve recitare’ gli diciamo noi. ‘Ah, ma lo deve chiedere a Pippo’. E così fece. Il giorno dopo ci chiamò e ci disse che Pippo aveva detto sì. Un esperimento fortunatamente straordinario che le permise di vincere il Nastro d’argento”.
Il talento di Lucio Dalla
Non tutti sanno che prima del cinema Pupi Avati aveva tentato la via del jazz. Dal 1952 al 1962 ha fatto parte della Rheno Dixieland Band (oggi la Doctor Dixie Jazz Band, “tutti ginecologi” sottolinea il regista). “Nel primo dopoguerra la nostra generazione, per varie ragioni, era orrenda. Ho una foto della classe della mia terza liceo dove sembriamo la famiglia Addams. Volevo piacere, come tutti gli esseri umani non avvenenti, alle belle ragazze di Bologna. Fu sufficiente mettermi al collo un sassofono” ricorda Avati.
“Decidemmo di far entrare del gruppo Lucio Dalla per pena. Era basso e grasso. Apparentemente innocuo. Una sera a Francoforte, una delle peggiori della mia vita, fece un assolo e tutti gli altri della band gli dissero ‘Che bravo, fanne altri!’. Io speravo fosse cagionevole di salute e morisse! Lucio era dotato di una cosa di cui non ero dotato io: il talento. È l’essere umano più straordinario che abbia mai incontrato. In qualunque ambito aveva la grazia di Mozart. Vedeva un mio film, mi chiamava e mi parlava di cose che nemmeno io sapevo di aver inserito”.
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