Nella camera d’albergo a due passi da Piazza del Popolo, a Roma, in cui incontriamo Serena Rossi e Francesco Scianna, le voci italiane di Prendi il volo, film d’animazione della Illumination in sala dal 7 dicembre (e in anteprima dal 2 e 3) con Universal Pictures, ci sono ancora i faretti e i microfoni posizionati per le video interviste realizzate poco prima. A terra il nastro adesivo che delimita le posizioni delle sedute per non impallare le camere. “Più vicino” esorta Rossi per accorciare le distanze e parlare del film in cui lei e il collega doppiano Pam e Mack, due anatre – o per essere più specifici due germani reali – intrappolati in una routine sempre uguale.
Dopo che una famiglia di anatre migratorie approda nel loro stagno raccontando storie entusiasmanti di luoghi lontani, ecco che il timoroso capofamiglia si convince a intraprendere un viaggio con i figli Dax e Gwen. Ma man mano che si dirigono verso sud per l’inverno, i loro piani ben architettati vanno rapidamente a monte.
Prendi il volo e la libertà del doppiaggio
“È tutto all’estremo, non c’è un registro medio. Nei film d’animazione se sei felice sei felicissimo, se sei triste sei tristissimo, se sei entusiasta sei super entusiasta. La cosa divertente è quella che, attraverso quest’esperienza, abbiamo potuto spingere molto, senza paura. Ero un po’ che non lo facevo. Sono arrivata dalle mie esperienze televisive e cinematografiche un po’ trattenuta. E invece funzionava di più quando non avevo paura e osavo” confida Rossi parlando del doppiaggio, una realtà che non coinvolge solo la voce ma anche il corpo. “È vero che tu stai lì a leggio e quello che viene inciso è solamente la tua voce. Ma a quel leggio si fanno i numeri da circo. Si salta, ci si muove. Finivo le scene e mi rendevo conto di avere i solchi delle unghie sulle mani perché magari dovevo essere tutta energica e stavo con i pugni strizzati. Usavo tutto per mettere quell’emozione che anche il mio corpo viveva solamente nella voce.
“Per me è stato molto difficile trovare uno strumento che funzionasse per questa tecnica così diversa” afferma Scianna. “Siccome mi sto avvicinando al mondo della danza, praticandola, mi rendo conto che accade anche nei danzatori o negli attori. In realtà è un po’ un’illusione quella del macro estremamente grande o del micro estremamente asciutto. Ci sono attori o anche danzatori che nel micro sono infiniti, perché è una questione di come tu rendi accessibile il tuo strumento a qualcosa che ti possa abitare. E il piccolo può essere enorme. Vedevo che funzionava anche per il doppiaggio. Sì esageravo e a volte funzionava anche l’esagerazione. Però era come se fosse senza sforzo. Era più una libertà di lasciare che quella cosa diventasse tutta corpo, magari anche nell’immobilità. Ma doveva essere libero. Era lasciare accadere un fenomeno. Un’esperienza interessante da ripetere quanto prima”.
Un messaggio attuale e la voglia di non accontentarsi
Nella versione originale Prendi il volo – diretto da Benjamin Renner e co-diretto da Guylo Homsy – si intitola Migration. Nel corso del film, i protagonisti aiutano altri personaggi a ritrovare la strada di casa o raggiungere altre destinazioni. Un film leggero ma che al suo interno contiene un riferimento molto attuale ai muri che i migranti si trovano davanti. “È bello far vedere ai bimbi che bisogna essere accoglienti. Non bisogna avere paura di andare verso chi è diverso, verso quello che non conosciamo” afferma l’attrice. “Questa cosa dei muri – da mamma e cittadina del mondo – fa molta paura. Quindi se attraverso anche un film d’animazione mettiamo un semino in chi lo vede, facciamo una cosa importante. E quando il nostro mestiere ci permette di essere portatori di questo tipo di messaggi, secondo me è un’occasione che non possiamo perdere”.
Se fosse per Mack lui e la sua famiglia vivrebbero sempre nello stesso stagno. Un orizzonte uguale, senza picchi, sorprese o pericoli. Ma quando si rende conto che quella vita è un’accontentarsi, l’anatra decide di partire con la sua famiglia e raggiungere la Giamaica. “Ho lottato contro chi mi voleva far accontentare e mi voleva fermare. Ho sempre difeso la mia libertà di espressione. All’inizio andando pure contro tutti” ricorda Rossi. “Ho mosso i primi passi con la musica, poi ho fatto televisione. Però se fai tv non puoi cantare. E se fai il cinema non puoi più fare la televisione. Ho sempre pensato di non poter rimanere chiusa in un’etichetta. Guardavo chi lo faceva e pensavo: “Non voglio essere così”. Mi sono sempre battuta per il mio ideale di entusiasmo, di passione. Mi piace quello che faccio e non mi voglio mai accontentare”.
“Non credo di essermi mai accontentato” gli fa eco Scianna. “Però sicuramente ci sono state delle fasi in cui la strada ideale non si è realizzata così come io l’avevo disegnata dentro la mia testa. Ci sono state tante esperienze che rispetto a quella che era la mia proiezione mi hanno molto sorpreso. Mi hanno veramente insegnato tanto e credo che questo sia stato non perché mi sia adattato alla circostanza, ma semplicemente perché ho sempre vissuto ogni scelta, ogni percorso con tutta la mia totalità. E quindi per me ogni esperienza è investita nel mio grande impegno, nel mio crederci, nel mio voler rendere bello quello che affronto. Non mi sono accontentato. Però diciamo che adesso dialogo in maniera diversa col mio io ideale. Abbiamo fatto un po’ pace”.
Prendi il volo e la paura come spinta per migliorare
Quello che per molto tempo ha frenato Mack è la paura. Non sapere cosa ci fosse oltre lo stagno e le possibili insidie che il mondo poteva avere in serbo per lui ma, sopratutto, per la sua famiglia. “È spesso una spinta. La paura di non essere ad altezza di fare una cosa mi dà energia e grinta” sottolinea l’attrice. “Nel mio mestiere non mi faccio paralizzare dalla paura, ma anzi la uso come stimolo. Perché quando poi la vinci e riesci ti senti molto bene”.
“È l’unica cosa che ti fa superare i tuoi limiti, che ti fa ampliare. Accade sia nella vita che nell’affrontare anche un personaggio” ammette l’attore che presta la voce a Mack. “La paura significa che ti vuoi rendere scomodo per poter andare su un altro livello. È figo”.
Ma quella paura simboleggia anche che un genitore può sbagliare. Un messaggio importante per un film d’animazione pensato per tutta la famiglia. “È un riferimento, nel bene e nel male. Però è importante ammettere da genitore di non essere infallibile. Vuol dire essere una guida, essere un esempio di verità. Con mio marito, nel nostro mondo familiare, siamo autentici con nostro figlio” sottolinea Rossi. “Se sbagliamo lo ammettiamo, se ci arrabbiamo lo facciamo davanti a lui. Non lo facciamo crescere in un ambiente in cui siamo perfetti, ma umani. Basta non avere un ideale così alto. O meglio averlo in un altro senso, cioè nella sua imperfezione”.
Il momento di svolta
Ma i due attori quando si sono resi conto che la loro carriera aveva preso il volo? “C’è stato un momento in cui ho capito che il vento stava cambiando, soffiava dalla parte giusta” ricorda Rossi. “Dopo il film sulla vita di Mia Martini è successo qualcosa. Me l’hanno proprio detto. “Ricordati questa data perché avrai un prima e un dopo”. E c’è stato. Un momento che ha anche coinciso con la mia maternità”.
Per Francesco Scianna, invece, la consapevolezza è arrivata in due momenti distinti. “La prima all’inizio, quando fece Il più bel giorno della mia vita di Francesca Comincini. Era la prima volta che realizzavo il mio sogno. Tra l’altro stavo mollando la recitazione. E invece arrivò quel film che per me fu un messaggio che la vita mi stava dando. E poi con Baarìa sicuramente ho realizzato un altro grande sogno”.
Le anatre protagoniste di Prendi il volo nel loro viaggio si ritrovano a New York. Più precisamente a Central Park. Ne Il giovane Holden J.D. Salinger faceva domandare al suo protagonista dove finissero le anatre quando arriva l’inverno e il lago gelava. Serena Rossi e Francesco Scianna non hanno dubbi: “Le nostre vanno in Giamaica”.
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