Era il 2016 e nei cinema arrivava Your Name, il film di Makoto Shinkai. Nel giro di poco tempo, divenne un caso mediatico: fu in grado di battere record al box office giapponese e nel resto del mondo. Nel 2020, in piena pandemia, è stato il turno di Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba, diretto da Haruo Sotozaki e tratto dall’omonimo manga di Koyoharu Gotouge (in Italia pubblicato da Star Comics). Incasso finale: 507.1 milioni di dollari.
One Piece Film: Red di Gorō Taniguchi, basato sul manga di Eiichirō Oda (Star Comics), si è “fermato” – virgolette obbligatorie – a 246.5 milioni di dollari, mentre The First Slam Dunk, ispirato al manga di Takehiko Inoue (Planet Manga), ha raggiunto i 211 milioni di dollari, dopo un weekend in Cina da circa 50 milioni. Suzume, il nuovo film di Makoto Shinkai, arrivato il 27 aprile nei nostri cinema, ha già superato i 300 milioni di dollari totali, e non accenna a rallentare. C’è un andamento preciso, insomma: un andamento che non è solo di un paese o di un’area geografica, ma che interessa il mondo intero. L’animazione sta vivendo una seconda primavera, e soprattutto quella giapponese, sostenuta e spinta da serie televisive e da manga, è in piena crescita.
Makoto Shinkai e Akira, il box office italiano
Il film di Makoto Shinkai, in Italia, ha incassato in un solo giorno circa 70mila euro; dopo tre giorni, è oramai prossimo ai 250mila. Se facciamo un passo indietro e torniamo a qualche settimana fa, intorno alla metà di marzo, ritroviamo Akira di Katsuhiro Otomo che in appena due giorni era stato in grado di guadagnare circa 250mila euro. Certo: in questo caso parliamo di un classico, di uno dei grandi film dell’animazione giapponese che hanno fatto la storia del cinema e che, direttamente o indirettamente, hanno influenzato artisti e registi occidentali. Ma è chiaro, ed è abbastanza innegabile, la tendenza che negli ultimi – circa – dieci anni ha investito il cinema.
L’animazione, come ha ripetuto più volte Guillermo Del Toro, è un linguaggio e ha una sua dignità; e grazie alla specificità delle sue caratteristiche, riesce dove un film live action, vincolato a certi dettami e regole, non può arrivare. Un film animato – e, nel nostro caso, un anime – possono parlare al pubblico di tutto il mondo. Superando confini e barriere. Possono farsi portatori di storie universali, fatte di sentimenti, messaggi e temi specifici. Possono parlare di lutto, depressione e amore. Possono affrontare, da un altro punto di vista, l’adolescenza e la responsabilità dell’età adulta.
Il pubblico degli anime
L’animazione giapponese, in particolare, è stata in grado di approfittare di un certo vuoto che si era creato all’interno dell’industria cinematografica – e, aggiungiamo, televisiva – rispondendo a determinate necessità degli spettatori. Si è innescato un circolo virtuoso, non vizioso. Proprio come, anni fa, era già successo con alcuni classici dello Studio Ghibli.
Un pubblico cresciuto leggendo fumetti e manga e guardando serie animate in televisione è un pubblico pronto a rispondere, e a farsi coinvolgere, da questi autori e da questi film. Da una parte, il rivedere sul grande schermo storie che, fino a qualche tempo fa, erano solo disponibili su carta ha permesso di convertire un ampio numero di lettori in spettatori attivi, paganti, decisi a spendere soldi. Dall’altro lato, però, è stato fondamentale l’effetto passaparola: le community, dopotutto, vivono di questo, di consigli, pareri e discussioni.
Un film d’animazione – di nuovo: un anime – rappresenta un momento preciso all’interno della vita di un gruppo di persone. È una possibilità per incontrarsi. Per concretizzare un particolare tipo di esperienza. Anche il mercato dell’home video, con edizioni nuove e costose, da collezione, sta avendo una crescita. C’è una vicinanza, quasi sovrapponibile, tra passioni e intenzioni. E così gli anime – come Suzume di Makoto Shinkai, distribuito da Warner Bros. – possono vantare un seguito consolidato, importante e sinceramente interessato.
Dal manga al film
Le sale, se vogliamo parlare del loro stato di salute, non possono e non devono scegliere solo tra film commerciali, grossi blockbuster americani e film d’autore; devono cominciare a pretendere una distribuzione più regolare, meno sincopata, di anime e film animati. The First Slam Dunk, per esempio, sarà al cinema il 10 maggio in lingua originale (quindi in giapponese), e poi, per una settimana, dall’11 al 17 maggio, doppiato in italiano.
Un altro passo che andrebbe fatto, e questo riguarda tutta l’industria dell’intrattenimento, è riuscire a trovare un punto di incontro tra distributori cinematografici ed editori. Spesso, ed è assurdo, i lettori di manga non sanno – o sanno in ritardo – dell’arrivo di un film ispirato a una delle opere che leggono. E, allo stesso tempo, spettatori di film scoprono quasi per caso l’esistenza di materiale originale. In mercati come quello francese e, più recentemente, come quello americano, questo scambio sta diventando sempre più costante e proattivo. In Italia? In Italia, tendiamo a limitarci alla stessa cosa: incrociare per le dita e sperare per il meglio.
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